Sulla scena non c'è solo la presenza assordante della propaganda americana e NATO a favore di una guerra in Ucraina i cui veri responsabili si trovano a Kiev, a Washington e a Bruxelles. C'è anche un silenzio assoluto su un fattore atroce di questa guerra che è la repressione sistematica del governo Zelensky e delle squadre fasciste contro i comunisti e gli antifascisti ucraini.
Di questo ovviamente si è parlato poco o nulla ma in realtà la repressione contro una parte della popolazione che si opponeva alla deriva fascista e avventurista del nuovo regime è stata vasta e durissima. Tutto è cominciato con il colpo di stato di Maidan quando sono entrate in azione le squadracce fasciste e banderiste che hanno terrorizzato e ucciso militanti comunisti e antifascisti. L'episodio più mostruoso è stato il rogo di Odessa dove le bande banderiste hanno dato fuoco ad un edificio del sindacato bruciando vive 50 persone!
Questo non è stato che l'inizio. Man mano che Kiev portava avanti la guerra, aumentava la repressione contro chi vi si opponeva. Soprattutto quando è iniziata l'operazione militare speciale ad opera della Russia si è fatta terra bruciata a ogni tipo di esistenza legale delle organizzazioni di opposizione e sono cominciati gli arresti di massa, le aggressioni, gli omicidi, le sparizioni. Ovviamente le 'democrazie' occidentali che alimentano la guerra non parlano di tutto questo.
Il Comitato
27 febbraio 2023
Per contatti cscapu@riseup.net
Il compito dei comunisti è quello di impegnarsi in un ampio movimento contro la guerra per impedire che l'Italia invii armi e risorse per alimentare la guerra per procura in Ucraina alla ricerca di una vittoria americana e NATO, tuttavia in questo momento è necessario anche puntualizzare il ruolo specifico che i comunisti dovrebbero esercitare nell'interpretare correttamente gli avvenimenti e svolgere una funzione di orientamento.
Aginform
24 febbraio 2023
Dire che i risultati elettorali delle regionali di Lombardia e Lazio fossero prevedibili perchè la sinistra non era unita è una grande baggianata e una considerazione superficiale di come stanno effettivamente le cose.
Prima di fare i conti della serva sui risultati bisogna mettere in evidenza i dati dell'astensionismo che ci indicano come ormai due elettori su tre - è il caso di Roma la capitale d'Italia e non di una situazione periferica - non votano e questo sta diventando un dato strutturale e non occasionale della realtà socio-politica del nostro paese.
Ciò vuol dire che la maggioranza degli italiani ha deciso che il suo rapporto con il voto è estraneo ai suoi interessi concreti e immediati. In altri termini, che è irrilevante.
Aginform
15 febbraio 2023
Parlare di pace e di fine del conflitto in Ucraina è sicuramente importante, ma allo stesso tempo comprendere ciò che sta accadendo sul terreno ci rende consapevoli della sostanza degli avvenimenti in corso.
Una cosa sembra ormai certa. La Russia sta vincendo la partita e la sconfitta americana-NATO è dovuta a fondamentali errori di calcolo, che qui sinteticamente elenchiamo: pensavano che le sanzioni avrebbero messo la Russia in ginocchio, ritenevano che Putin avesse sottovalutato le reazioni del fronte interno e infine si illudevano che sul piano militare l'esercito ucraino col sostegno della NATO avrebbe messo in difficoltà le truppe russe. Nessuna di queste previsioni si è avverata e ora il blocco imperialista occidentale non sa come tirarsi fuori dalla trappola ucraina. Decideranno di alzare il livello dello scontro? Questa scelta a un certo punto sarà inevitabile se americani e NATO decideranno di andare avanti e le conseguenze sarebbero imprevedibili. Quel che è certo però è che la Russia si è preparata anche a questo, ed è bene che sia chiaro a tutti, in modo che si sappia anche a che cosa si sta andando incontro.
Aginform
8 febbraio 2023
Riprendiamo le parole che seguono dal sito italiano del Saker [qui], perchè ci portano a una riflessione drammatica.
«Come sappiamo avere mille facce - scrive 'Sascha Picciotto' - possiamo altrettanto stupidamente svuotare i nostri arsenali facendo spazio a nuove armi e nuove consegne, nuove produzioni e nuove avventure per quelle munizioni prodotte altrove ma non da noi e sicuramente non ai nostri prezzi e non “grazie” alla nostra manodopera. L’intero ciclo industriale in caso di guerra andrà trasferito guarda caso oltre-oceano, assicurando un’eventuale impossibilità di interruzione nella produttività. Le industrie tedesche sono demilitarizzabili anche dal territorio russo. Lo stesso si può dire di quelle francesi o inglesi, o italiane. Qualcuno sta giocando con le nostre vite, e le sta impegnando in questa avventura, chiunque sia complice di tutto ciò non si discosta facilmente dall’aggettivo “traditore”. E cosa c’è di peggio di una persona o un gruppo di persone che “per il tuo bene” distrugge la tua economia, la tua autonomia e ti manda a morire all’estero per interessi di altri? Ieri era l’Iraq, poi l’Afghanistan, oggi sono gli ucraini accompagnati per mano dai nostri mercenari, domani chissà.
«Non mi faccio illusioni, l’aggettivo “traditore” viene usato dagli stessi per additare chiunque evidenzi le loro malefatte. In qualsiasi caso cercheranno di zittire ogni dissenso ed esercitare vendetta, in alcuni casi (o molti) ci riusciranno. Sì, il clima che mi aspetto nei prossimi mesi è tutt’altro che positivo. Siamo all’alba di qualcosa di grande, esattamente come un anno fa. Forse il 2023 sarà l’anno in cui dovremo cominciare a pagare seriamente il prezzo delle nostre sanzioni e l’ulteriore partecipazione al conflitto».
Perchè mettere in evidenza queste parole? L'impressione è che l'Italia sia distratta da un dibattito su questioni interne, dalle accise alle intercettazioni, e che si sia sostanzialmente abbandonato il discorso sulla guerra e le sue prospettive. Ovvero, sulla guerra parlano solo i suoi fautori con l'invio di nuove armi e con un coordinamento militare a direzione americana. Il grosso rischio che stiamo correndo è che lo sviluppo del conflitto travolga l'Italia direttamente e anche coloro che sono contrari siano colti di sorpresa.
Ci deve essere chiaro invece quello che ci aspetta. Ormai la guerra in Ucraina è arrivata a un punto di non ritorno. La NATO e gli americani conducono le danze e non si limitano al supporto degli armamenti. Guidano direttamente il conflitto e sono pronti alle fasi successive, la prima delle quali consiste in un in intervento diretto delle truppe NATO sul terreno dei combattimenti.
Aginform
28 gennaio 2023
L'attenzione si è concentrata in questi mesi, com'è ovvio che fosse, sulle mosse del governo Meloni per capire cosa sarebbe successo dopo la sua vittoria elettorale e come si sarebbe dislocato lo scontro politico. La discussione però ha riguardato anche la prospettiva delle elezioni regionali di febbraio, trattandosi di due regioni come la Lombardia e il Lazio che sono le maggiori per popolazione e per l'importanza economica e istituzionale che rivestono. Sembrava che le cose fossero scontate e cioè che la destra, anche sulla scia del risultato nazionale, avrebbe vinto tranquillamente, non solo perchè in Lombardia è forte, ma anche e soprattutto perchè a contrastarla c'era una condizione di frantumazione dello schieramento alternativo.
La partenza è stata questa, ma poi il dibattito politico si è animato e, cosa interessante, a Milano la Moratti ha diviso la destra, mentre PD e 5 Stelle hanno raggiunto un accordo. In Lombardia la partita si è dunque riaperta e il candidato piddino Maiorino è riuscito a sfuggire alla trappola Moratti-Calenda, anche se la destra sembra favorita. Da aggiungere inoltre che l'accordo del PD con i 5 Stelle è andato di fatto controcorrente rispetto alla tendenza nazionale e il risultato peserà anche negli equilibri interni del partito di Letta e sulle sue prospettive future.
Aginform
16 gennaio 2023
Non abbiamo soltanto il governo neofascista della Meloni. La situazione italiana è caratterizzata anche dal fatto che, pur in presenza della guerra e dei suoi effetti economici devastanti, si registra l'inerzia dei lavoratori nel difendere le proprie condizioni di lavoro e di vita e questo fattore indebolisce ancora di più chi si contrappone politicamente al governo. Tra sette mesi poi ci sarà il blocco del reddito di cittadinanza, un'ulteriore sconfitta che peserà non poco sulle prospettive.
Tutto ciò induce a ragionare sui dati oggettivi e sulle responsabilità che ci si deve assumere in un contesto come l'attuale. Parlando di responsabilità ci riferiamo naturalmente in primo luogo al governo Meloni. Frastornati dalla sua vittoria elettorale e dalla demagogia neoliberista della destra non si è avuto il tempo di riflettere seriamente su ciò che sta accadendo, sia in termini di indirizzo delle scelte fatte con la legge di bilancio, sia con la truffa di mascherare i dati economici essenziali, in particolare l'inflazione e l'aumento continuo dei prezzi, con irrisori tagli al cuneo fiscale e ridicoli adeguamenti pensionistici.
Aginform
9 gennaio 2023
Se è vero che bisogna definire il comunismo come il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente è necessario fare qualche riflessione in materia che permetta all'area dei comunisti italiani di uscire dalle ridotte in cui si sono cacciati e riportarli a riaprire la discussione su questioni strategiche e ad acquisire coscienza che il movimento reale è il dato che caratterizza la trasformazione sociale.
Questa operazione di recupero di una capacità materialistica e dialettica di affrontare le questioni legate all'attuale fase storica trova un'occasione utile nell'esame dei risultati dell'incontro dei partiti comunisti e operai tenutosi all'Avana il 28 e 29 ottobre scorso, che deve permettere anche all'area dei comunisti italiani di scoprire l'importanza strategica della questione ai fini stessi della sua crescita.
Aginform
3 gennaio 2023
Non è detto che questo congresso del PD sia l'ultimo. Può darsi che i conati e i contorcimenti di questo partito non siano finiti, ma bisogna comunque ammettere che la sua funzione politica è arrivata alla frutta. Nel progetto di rifondazione ideato da Letta dopo la sconfitta elettorale non si intravedono né i soggetti nè le idee che possano far uscire il partito dalla palude e evitarne la dissoluzione.
La sua fine è anche la fine dell'equivoco che si tratti di un partito di sinistra, anche se la vernice voleva accreditarlo come tale. Poi sono arrivati i Renzi, i Calenda, i Guerini, il draghismo e i Letta, che hanno finalmente messo in chiaro quale partito ci siamo trovati di fronte in questi anni e l'idea che la gente se ne è fatta si è manifestata nella sconfitta elettorale del 25 settembre. Per sopramercato anche la funzione di 'opposizione' al governo della destra si è palesata con mobilitazioni nazionali tipo quella del 17 dicembre a Roma con la partecipazione di circa trecento persone, tutte dell'area dei funzionari di partito e degli eletti.
Aginform
23 dicembre 2022
Quando Togliatti nel 1944 impostò il progetto del partito nuovo, ovviamente le condizioni storiche erano molto differenti da quelle attuali. Nondimeno ci sono elementi di analogia che vanno evidenziati, su cui fare un ragionamento rispetto alle caratteristiche che la riorganizzazione dei comunisti in Italia deve avere. Per questo ci sembra necessario fare un parallelo e trarne indicazioni per il presente.
Aginform
19 dicembre 2022
Sarà perchè di notte tutte le vacche son nere, ma in questa fase, in cui è necessario organizzare seriamente la lotta contro il governo neofascista della Meloni (ideologicamente neofascista, ma draghista nella sostanza), bisogna far chiarezza sulle prospettive ed evitare che questioni serie vengano mischiate con le solite sceneggiate antagoniste che si ripetono da decenni e danno un'immagine deformata delle contraddizioni reali che animano il paese e su cui bisogna costruire una prospettiva.
Aginform
12 dicembre 2022
Questo è il titolo dell'ultimo volume uscito a cura di Aginform nella serie “Percorsi comunisti” [1]. Si tratta di 5 volumi che raccolgono la traiettoria con cui gli autori (Roberto Gabriele e Paolo Pioppi) hanno attraversato le esperienze fatte in un arco di tempo abbastanza lungo che va dalla fine degli anni '70 a oggi partendo dall'OPR (Organizzazione Proletaria Romana), un'esperienza comunista e di classe che ha retto fino alla grande crisi degli anni '90 [2], passando poi alla necessità di esprimere un orientamento comunista nel deserto creato dal crollo dell'URSS [3], all'apertura di una discussione sull'esperienza comunista in Italia prima della capitolazione [4] e alla questione di chiarire, in vista di una possibile ripresa, il giudizio su Stalin [5].
Il 5° volume [6], uscito da pochi giorni, cerca di trarre le conclusioni di queste esperienze e considerazioni e intende rappresentare una base di discussione sulle prospettive dei comunisti in Italia, almeno per quelli che una riflessione la ritengono necessaria. Entrando nel merito, si tratta come avverte il sottotitolo di “questioni storiche e di prospettiva”.
Aginform
8 dicembre 2022
Note
[1] Dopo il PCI. Questioni storiche e di prospettiva, 304 pagine, Aginform, novembre 2022.
[2] La storia d i questa esperienza è descritta nel primo volume, La Zattera e la Corrente, 208 pagine, Aginform, settembre 2019.
[3] Il volume che ne parla si intitola Lettere ai Compagni, 544 pagine, Aginform, giugno 2020.
[4] Il ruolo di Togliatti. Da Salerno a Yalta, 336 pagine, Aginform, novembre 2020.
[5] STALIN materiali per la discussione, 656 pagine, Aginform, aprile 2021.
[6] Per ordinare il quinto volume e/o i precedenti, singoli o gruppi possono scrivere a pasti@mclink.it per ricevere tutte le informazioni su prezzi e modalità di pagamento.
Pochi ne sono informati, perchè i media ignorano la notizia che tra i recenti attacchi dell'aviazione turca nel nord della Siria contro le posizioni curde il più importante ha riguardato un grosso centro di addestramento USA per le milizie del PKK e YPG. Questo fatto viene a confermare che nella situazione mediorientale la strategia americana prevede l'utilizzazione delle pedine curde per modificare i rapporti di forza in un'area strategica che comprende l'Iraq, la Siria e ora più che mai l'Iran.
Aginform
29 novembre 2022
Il governo a guida neofascista non solo mette in discussione la continuità Resistenza-Repubblica-Costituzione su cui si fonda l'Italia del dopoguerra ma, con la collaborazione della falange liberista, lancia la sua sfida ai contenuti sociali espressi dalla Carta del 1948.
Aginform
23 novembre 2022
Mentre a livello mondiale si scruta l'orizzonte per capire se esista uno spiraglio per uscire dalla guerra in Ucraina e milioni di persone, soprattutto in Europa, auspicano una tregua e una trattativa per arrivare alla pace, continua la discussione sulle responsabilità del conflitto. Da una parte c'è la feroce e martellante campagna di guerra che viene dalla NATO, dalla UE e da tutti gli stati e partiti che partecipano alla campagna atlantista, dall'altra c'è lo schieramento pacifista che, pur condannando l'operazione militare speciale russa, insiste per una soluzione del conflitto. A completare il quadro, il dibattito sulla posizione da prendere in merito all'operazione militare speciale russa si è aperto anche all'incontro dei partiti comunisti e operai tenutosi a l'Avana il 28 e 29 ottobre.
Aginform
21 novembre 2022
Le prime mosse del governo che porta in primo piano gli eredi non mascherati del fascismo sono di due tipi. Da un lato c'è l'appiattimento totale sulla NATO e sui suoi padroni americani. Del resto il placet americano alla Meloni era arrivato già prima del voto e su questo solo qualche mente malata avrebbe potuto farsi qualche illusione visto il pedigree che i neofascisti italiani possono vantare come manovali della strategia americana del terrore in Italia, su cui non a caso il neo presidente del Senato quando ha parlato della contrapposizione tra fascisti e antifascisti ha sorvolato nel suo discorso di insediamento al Senato.
Aginform
11 novembre 2022
Invitiamo tutti i compagni, gli antimperialisti, gli antifascisti, gli autentici democratici a partecipare attivamente alla manifestazione nazionale per la pace del 5 Novembre.
Aginform
Siamo abituati a considerare le vicende della guerra in Ucraina con lenti offuscate dalla propaganda NATO che non consentono di verificare la vera dinamica militare in atto e costringono i popoli europei a rinchiudersi nel calcolo della serva sulle conseguenze economiche ed energetiche della guerra mettendo la testa nella sabbia come gli struzzi. Per questo è necessaria una puntualizzazione sullo stato dell'arte per capire come vanno le cose e che cosa ci aspetta. Ed è quello che proveremo a fare.
Aginform
31 ottobre 2022
E' bene ricordare l'episodio della elezione di Ignazio La Russa a presidente del Senato per capire che la nuova situazione che si è creata con la formazione del governo Meloni non ha carattere di provvisorietà, ma è stata attentamente valutata a livello interno e internazionale e accettata come un'ipotesi valida per gestire questa fase complicata della congiuntura europea e mondiale.
Aginform
27 ottobre 2022
Il video che presentiamo [qui] oppure [qui] è in lingua francese e non di facile comprensione, anche per chi mastichi un po' della lingua d'oltralpe, a causa della qualità non eccelsa. Lo sottoponiamo tuttavia all'attenzione dei lettori perchè documenta la recente iniziativa della NUPES (Nouvelle Union Populaire Écologique et Social) di Jean-Luc Mélenchon che, insieme ad altri deputati del gruppo La France Insoumise-NUPES ha ricevuto con tutti gli onori nella sede dell'Assemblea nazionale tre sedicenti 'socialisti russi contro la guerra in Ucraina', Alexey Sakhnine, Andre Roudoï ed Elizabeta Smirnova, arrivati in Francia il 25 ottobre. Per l'occasione, il blog di Mélenchon ci fa sapere che “il gruppo LFI-NUPES riafferma la sua opposizione alla guerra in Ucraina e il suo sostegno a coloro che lottano contro il suo solo e unico responsabile: Vladimir Putin. [Il gruppo] ribadisce che la Francia ora più che mai deve operare per la pace e sottolinea l'immenso onore di poter dare sostegno ai suoi coraggiosi difensori”. Per chiarire, se ce ne fosse ancora bisogno, la posizione di NUPES, in una precedente occasione Mélenchon, commentando l'appello ricevuto dai 'socialisti russi contro la guerra', aveva scritto che la Francia non era in guerra contro la Russia, ma contro Putin, facendo dunque intendere che era una guerra condivisibile e condivisa.
Aginform
28 ottobre 2022
Il 5 novembre si terrà finalmente la manifestazione annunciata da Conte e via via condivisa da vari soggetti il cui apporto rende però complesso il giudizio sull'evento.
Il fatto che sia stato Giuseppe Conte a lanciare una grande mobilitazione per la pace dopo che sindacati e partiti dell'ex centro sinistra sono rimasti immobili fino adesso o hanno condiviso fino in fondo le scelte di guerra del governo Draghi, è stato un segnale importante che ha avuto una grossa eco e creato aspettative per il peso che il risultato della mobilitazione può avere negli equilibri italiani, in un senso o nell'altro.
Aginform
23 ottobre 2022
Si usa dire, citando Andreotti, che a pensar male è peccato e la massima va applicata anche nel caso della elezione di Ignazio La Russa a presidente del Senato. Il gossip che si è creato di fronte all'elezione del nuovo presidente con il concorso di una ventina di senatori dell'opposizione (si fa per dire) in sostituzione degli esponenti di Forza Italia nasconde però, come una cortina fumogena, la vera sostanza del problema. La domanda è: come e perchè in una manciata di ore la votazione che in mancanza di una maggioranza si sarebbe conclusa con la sconfitta di La Russa ha portato invece alla sua elezione? Data la situazione politica, chi poteva operare il miracolo?
Aginform
16 ottobre 2022
La manifestazione indetta dalla CGIL per l'8 ottobre, come ormai tradizione di questo sindacato, è il risultato di una mobilitazione di facciata, ambigua nei contenuti e priva di quella partecipazione militante che oggi dovrebbe essere alla base della lotta contro la guerra e le sue conseguenze per i lavoratori. In una situazione drammatica come l'attuale vale dunque riaprire una polemica a tutto campo, che non si limiti agli anatemi, ma ci porti a ragionare in modo nuovo ed efficace su come sbloccare una condizione dei lavoratori che peggiora di giorno in giorno.
Aginform
9 ottobre 2022
I risultati elettorali del 25 settembre, nonostante l'enfasi della destra, non delineano un quadro di sconfitta delle forze di opposizione che hanno combattuto il governo Draghi. L'esito elettorale è dovuto essenzialmente a un partito marcio fino al midollo, il PD, che ha bloccato ogni possibilità di contrapposizione di un ampio fronte politico e sociale all'avanzata della marea meloniana eterodiretta dai poteri liberisti a atlantisti.
Aginform
Nel corso della campagna elettorale è avvenuto un fatto che ha poco di elettorale e induce invece una riflessione più generale che riguarda la sinistra europea sulla questione della guerra in Ucraina. A Roma, a sostegno della lista di Luigi De Magistris organizzata in fretta e furia e chiamata Unione popolare, sono arrivati esponenti di rilievo della sinistra europea, come Mélenchon e Iglesias.
Aginform
29 settembre 2022
L'abbiamo già detto alla vigilia di questo voto [qui] e ora a elezioni concluse lo ribadiamo. Non era possibile bloccare la leadership di Giorgia Meloni, semmai capire come si andava configurando la situazione dopo la sua eventuale vittoria e quali elementi in controtendenza potevano rappresentare un fattore positivo su cui innestare una prospettiva. I due elementi che avevamo indicato erano il livello dell'astensionismo e il risultato di Giuseppe Conte.
Aginform
27 settembre 2022
Sinistra in guerra
E' dall'epoca della guerra contro la Jugoslavia che una certa sinistra, con o senza falce e martello, si è trovata coinvolta nelle guerre dell'occidente imperialista. Tutti ricorderanno quando D'Alema divenne capo di un governo sponsorizzato da Cossiga e con l'appoggio di Mastella. Assieme a lui c'erano ministri 'comunisti' che diretti da Armando Cossutta avevano fondato un partito ad hoc per la guerra (nato appositamente dalla scissione del partito di Bertinotti) e denominato PdCI. Ministro alla giustizia del governo D'Alema era quello che poi diventò il segretario di questo partito, Diliberto, che incurante dei bombardamenti italiani su Belgrado si vantava di sedere alla stessa scrivania che nell'immediato dopoguerra era stata di Palmiro Togliatti. Capogruppo alla Camera dei deputati era invece quel Marco Rizzo che in tempi recenti ha tentato la fortuna con una nuova organizzazione di comunisti 'ortodossi' ma, visto che il mercato delle falci e martello non tira, nell'attuale campagna elettorale si è inventato la sigla di “Italia sovrana e popolare”. C'è da aggiungere anche, per completare il panorama della sinistra in guerra, che prima della formazione del governo D'Alema c'era quello di Prodi, a cui i bertinottiani avevano concesso a più riprese il rinnovo della 'missione umanitaria' in Afghanistan.
Aginform
19 settembre 2022
Finora abbiamo sempre ragionato sul fatto che in questa campagna elettorale il tema della guerra e delle sanzioni è di fatto rimasto assente. I partiti della guerra si stanno misurando su temi fasulli mentre l'occidente a guida americana insiste sulla guerra in Ucraina e approfondisce con le sue scelte la crisi economica.
Una sinistra ininfluente si barcamena nel frattempo nella caccia ai voti ed arriva anche a forzare i toni, come Sinistra Italiana e Verdi che, in piena sintonia con la propaganda ucraina e NATO.USA, protestano all'ambasciata russa a Roma accusando i russi con sprezzo per la logica di autobombardarsi. Ma, senza arrivare a questi limiti, la condanna della aggressione russa, nella consolidata tradizione del “nè... nè”, è merce a buon mercato che inquina e annebbia lo sguardo, nelle iniziative di Rifondazione sempre rigorosamente “contro Putin e contro la NATO” come nella lista di De Magistris.
Aginform
3 settembre 2022
Anche se le grandi manovre del potere che conta sono ancora in pieno svolgimento, è ormai dato per scontato che la Meloni possa essere il capo del nuovo governo di destra. Che questa destra sia anche una destra sgangherata non vi è dubbio, sia per le divisioni interne che la attraversano, sia per la qualità dei personaggi che la animano. Tuttavia ci troviamo di fronte a uno schieramento che porterà all'accelerazione della linea liberista e repressiva. Per questo nel valutare la situazione bisogna uscire dai giochi diplomatici che tendono a presentare le elezioni del 25 settembre come un'occasione per le alternanze politiche previste dalla democrazia parlamentare e capire invece la vera posta in gioco.
Aginform
27 agosto 2022
Le elezioni dovrebbero essere un'occasione per regolare i conti con i partiti della guerra e invece si è finiti a parlare solo di schieramenti e di liste. Tutto nasce da un equivoco, quello cioè di pensare che una cosa sono le elezioni e un'altra la lotta contro la guerra.
Aginform
14 agosto 2022
Mentre l'attenzione principale è sulle liste elettorali noi dobbiamo concentrarci sugli effetti dell'esito probabile del voto del 25 settembre.
Due cose sono certe, la destra prevarrà e andrà al governo, il PD e il suo sistema di alleanze centriste finirà impantanato, mentre a sinistra ci sarà l'attacco concentrico sia verso i 5 Stelle che verso il movimento popolare di opposizione. A questo dobbiamo prepararci.
Già da ora ora però bisogna intervenire nella campagna elettorale con un orientamento preciso rispetto a due questioni: la guerra e le sue conseguenze economiche sui lavoratori. Se campagna elettorale ci deve essere, questa deve essere concentrata sullo sviluppo del movimento contro l'intervento italiano in Ucraina e contro il sistema delle sanzioni che sta minando l'economia italiana e abbassando il livello di vita dei lavoratori. Mentre una sinistra acchiappavoti spera di ottenere qualche strapuntino nell'olimpo parlamentare, a chi è veramente contro la guerra spetta il compito di sviluppare coscienza politica e opposizione verso un sistema che pensa di poter navigare pacificamente a destra.
Aginform
2 agosto 2022
Draghi è caduto, ma non dobbiamo sottovalutare la capacità di manipolazione del sistema nelle scadenze elettorali quando chi detiene le leve del potere si riposiziona rapidamente per non perdere. La questione non riguarda un solo settore politico, ma l'intero arco di quelle che, opportunamente epurate, sono considerate le forze concorrenti che possono aspirare a vincere.
Anche stavolta i riposizionamenti sono stati rapidi. La destra, compreso il 'moderato' Berlusconi, ha colto l'occasione della crisi per tentare unita la scalata di governo, mentre in zona PD dopo la rottura coi 5 Stelle si cerca di raffazzonare un fronte che impedisca allo schieramento a guida Meloni di andare al governo. Questo appare in superficie, ma dietro le quinte il disegno è molto più complesso. Da quando il partito di Draghi, cioè il vero partito di sistema, è entrato in crisi con la decisione di Conte di non votare la fiducia si è posto il problema del che fare? La destra si sente solida e accetta la sfida, mentre il PD del 'campo largo' chiama alle armi tutti i settori della borghesia che conta per avere la forza di fronteggiare la destra, evocando perfino l'antifascismo. Non si tratta però solo di proclami, ma anche di un lavorio della quinta colonna di sistema che cerca di controllare e decomporre gli schieramenti per arrivare al risultato di sempre, qualunque sia l'esito del voto, depotenziandolo e ritessendo la trama per il consolidamento di un regime che rischia, in caso contrario, di entrare in crisi.
Scarica il volantino: [qui]
Era inevitabile che con l'approssimarsi delle elezioni i soliti gruppi che tentano la scalata al parlamento provassero di nuovo a riorganizzare le fila. La questione non desta scandalo perchè ciascuno ha diritto di presentarsi come vuole al giudizio degli elettori anche se il livello delle astensioni, che tende a superare il 50%, dimostra che questi non sono poi così ingenui da abboccare all'amo di chi gli promette il paradiso.
La questione è diversa se parliamo di gruppi che si presentano con un programma che pone al centro la questione della pace. In questo caso i requisiti minimi che si richiedono a chi tenta l'avventura elettorale dovrebbero essere che si fossero effettivamente misurati con il problema per cui rivendicano la rappresentanza dei cittadini e soprattutto che dicessero la verità sulla guerra e le sue cause.
Prendiamolo in parola,
organizziamoci per uno sciopero generale
che chieda aumenti degli stipendi
e delle pensioni falcidiati dall'inflazione
Scarica il volantino
dei Lavoratori uniti contro la guerra: [qui]
Scarica l'invito
a formare nuovi comitati: [qui]
Scarica il volantino
distribuito per il ballottaggio
del 26 giugno
dal Comitato art.11
Etruria meridionale:
[qui]
Eravamo preparati a una disputa su come sono andate le elezioni amministrative del 12 giugno e invece, non casualmente, i commenti della stampa e dei media che fanno opinione hanno preso un'altra direzione. Certo, rimane il fatto che i risultati di Genova, di Palermo e dell'Aquila hanno dimostrato la tenuta della destra, mentre il PD si è consolato con altri risultati anche se di portata minore. Ma i commenti di chi fa opinione e indirizza le scelte politiche hanno evidenziato altre questioni.
L'argomento del giorno non è infatti quanti comuni sono stati conquistati dagli uni o dagli altri, bensì quanti voti hanno conquistato Meloni e Letta. Su questo, non a caso, hanno insistito le veline di regime. Su Letta, nonostante i risultati scadenti del PD si è detto che ormai è il primo partito in Italia, ignorando che quello che decide sulle elezioni è il voto della coalizione e non del partito. Sulla Meloni si è sottolineato che sta vincendo la competizione interna al centrodestra e ne diventa il punto di riferimento. Come mai è partita questa esaltazione di un risultato elettorale che premierebbe la Meloni e Letta e che invece si presenta assai più articolato?
Risulta evidente, innanzitutto, che Letta e Meloni sono i più coerenti rappresentanti dei partiti della guerra e della massima fedeltà ai padroni di oltreatlantico e la loro sponsorizzazione viene da lontano. Per tenere assieme il blocco imperialista occidentale, gli Stati Uniti e gli atlantisti europei ritengono oggi necessario che in Italia ci sia un asse solido sulla questione geopolitica, mentre leader come Salvini e Conte non danno sufficienti garanzie. C'è bisogno quindi di due partiti, al governo o all'opposizione, che dirigano l'orchestra della fedeltà atlantica.
Ci sono due cose che in questo momento drammatico mancano per combattere efficacemente il governo Draghi e la politica di guerra che lo caratterizza: un forte partito di opposizione e la strutturazione di un movimento che sappia efficacemente combattere contro il coinvolgimento dell'Italia nell'avventura Ucraina e nelle sanzioni.
IL 3 GIUGNO INIZIA
LA CAMPAGNA NAZIONALE
DEI COMITATI ART.11
C'è molta confusione sotto il cielo e in parecchi cercano di cambiare le carte in tavola. Draghi va da Biden cercando di contrabbandare la sua visita come apertura di spazi di pace, mentre il presidente degli Stati Uniti alza il livello delle forniture militari. Spacciandosi poi per pacifista e umanitario cerca di levare le castagne dal fuoco ai paesi che, come l'Italia, hanno imposto le sanzioni perorando lo sblocco dei cereali fermi nel porto di Odessa. Eppoi c'è il dilemma di Conte che non vuole inviare più armi, ma appoggia Draghi che continua a mandarle. E c'è Salvini che addirittura vuole andare a Mosca, ma poi ci ripensa.
Art.11 - per un fronte unito contro la guerra
1 giugno 2022
Su Marx 21 è apparso nei giorni scorsi [qui] uno scritto di Giacinto Botti, sindacalista della CGIL e dirigente della corrente interna Lavoro e Società.
In questo articolo, accanto alle cose giuste che scrive a proposito della guerra in Ucraina come guerra per procura, contro l'invio di armi da parte dell'Italia, per la mobilitazione per la pace, l'autore inserisce alcuni argomenti che è utile riprendere e mettere in discussione. Mi interessa farlo perchè, per quanto so delle posizioni di Botti, nelle battaglie quotidiane che egli conduce ci sono aspetti condivisibili anche da parte di chi milita al di fuori della CGIL.
Pur tra le ambiguità tipiche dei sondaggi che risentono dell'indirizzo dei committenti, emerge comunque sempre in modo irrefutabile il dato significativo di una maggioranza di italiani contrari all'invio di armi all'Ucraina e ovviamente preoccupati della crisi economica. Di questo dato potremmo essere soddisfatti, ma c'è un fatto che ne indebolisce la portata e soprattutto consente ai fautori dell'intervento in Ucraina di continuare tranquillamente per la loro strada. Si tratta del contrasto, che balza agli occhi, tra la percentuale di quelli che rifiutano il coinvolgimento nella guerra e la consistenza del movimento che si oppone attivamente e che finora non è riuscito a esprimere pubblicamente la volontà di quella che, sondaggi alla mano, è senz'altro una maggioranza del popolo italiano.
La sfida l'ha lanciata Draghi quando, su richiesta di Conte, si è rifiutato di presentarsi in parlamento a riferire sulla natura della collaborazione militare con Zelensky. Conte dovrebbe ora spiegare come, vantandosi di essere il rappresentante del primo partito in parlamento, possa accettare un trattamento così umiliante. Questo fa capire comunque che aria tira in Italia negli ambienti definiti 'istituzionali' e che cosa si sta preparando.
Le elezioni presidenziali in Francia, nel contesto della situazione europea caratterizzata dal coinvolgimento brutale degli americani nella guerra in Ucraina, rivestivano un ruolo importante nel determinare gli equilibri in seno all'UE e quindi pesare in maniera decisiva sulle prospettive del conflitto. La vittoria di Macron avrebbe rappresentato il consolidamento del blocco atlantico impegnato nella guerra, mentre la sua sconfitta avrebbe messo in crisi la strategia della NATO dal momento che l'antagonista, Marine Le Pen, non era affatto omogenea alla linea di Bruxelles che la definiva una candidata filoputiniana.
Il torrente in piena della propaganda di guerra senza ritegno che si riversa in queste settimane sulle popolazioni dei paesi occidentali rende evidente quello che almeno i meno giovani tra noi avevano appreso già nei decenni scorsi dalle guerre americane e NATO dopo il crollo dell'URSS, dalle vicende delle torri gemelle di New York e dalla 'guerra contro il terrorismo'. Nell'occidente imperialista domina “la fabbrica del falso” (vedi Giacchè, Imprimatur 2016 ma anche, per es., Webster G. Tarpley, La fabbrica del terrore, in italiano, Arianna, 2007).
Con la guerra in Ucraina il gioco si è fatto duro e continuare ad andare avanti con l'arco e le frecce non porta a risultati concreti e soprattutto non modifica i rapporti di forza. E' vero che c'è un'area politica, peraltro abbastanza ristretta, che si propone come opposizione e alternativa allo stato di cose presente e continua a prendere iniziative contro la guerra, ma nelle circostanze attuali quest'area si presenta più debole e confusa del solito, mentre la situazione impone una riflessione sulle prospettive che ci attendono e su come farvi fronte.
Il modo con cui americani e NATO stanno affrontando la guerra in Ucraina è frutto di una scelta calcolata o è invece conseguenza di una previsione sbagliata degli effetti che il coinvolgimento ucraino nel blocco militare atlantico avrebbe prodotto? E se è questo il caso, quali rischi comporta?
E' bene che i compagni affrontino fino in fondo le questioni legate alla guerra in Ucraina per avere, in una situazione difficile e complessa come l'attuale, le idee chiare su come attrezzarsi.
'Sinistrismo maschera della Gestapo', questo era il titolo di un articolo con cui Pietro Secchia denunciava nel dicembre 1943 sul n. 6 de La nostra lotta le organizzazioni trotskiste e bordighiste che in nome di una lotta 'rivoluzionaria' contro il capitalismo attaccavano la vera lotta, quella armata, contro il nazifascismo. “Non è dunque una novità per noi - scriveva Secchia - il constatare che con l'occupazione teutonica in Italia sono apparsi alcuni fogli dai pomposi titoli come Stella Rossa e Prometeo i quali con roboante fraseologia massimalista e pseudo rivoluzionaria dicono di essere sulla via... della sinistra. In realtà sono sulla via della Gestapo”.
La discussione sulla formazione
di un movimento politico
che abbia come base
la Costituzione è ormai aperta.
Il ruolo dei comunisti nella sua costruzione
Da quando un consistente numero di deputati e senatori è stato espulso dai 5 Stelle per aver rifiutato di votare il governo Draghi e ha formato un gruppo denominato 'L'alternativa c'è', la discussione sui progetti di creazione di un nuovo movimento politico che sia punto di coagulo dell'opposizione al sistema liberista ha subito un'accelerazione.
Il martellamento incessante della propaganda sui venti di guerra che soffiano dall'Ucraina e prefigurano scenari apocalittici non può nascondere i dati che ci provengono dalla situazione sul campo e dalla valutazione dei rapporti di forza, i quali ci impongono un'interpretazione attenta per non andare fuori strada nei giudizi e nelle previsioni. In sostanza la domanda è questa: che cosa sta succedendo e soprattutto che cosa può succedere veramente? Ci sarà la guerra?
Non è ancora detto che il pericolo maggiore che abbiamo corso, rappresentato da una eventuale elezione di Draghi a presidente della Repubblica, abbia scongiurato una rapida svolta presidenzialista delle istituzioni previste dalla Costituzione. La Meloni e Renzi sono stati espliciti in questo senso e fanno da mosche cocchiere a un processo sotterraneo più vasto che lavora nella stessa direzione.
L'elezione del prossimo presidente della Repubblica non è cosa di normale amministrazione che possa rientrare cioè nella routine parlamentare che ha caratterizzato le precedenti elezioni. Questa volta tra i candidati c'è un ospite d'eccezione che pone un problema enorme di credibilità e di civiltà che riguarda tutti gli italiani che non vogliono vivere in un sistema mafioso e che ritengono anche che la nostra Repubblica vada difesa come istituzione nata dalla lotta del popolo italiano contro una monarchia fascista e vigliacca e contro le classi reazionarie che la volevano mantenere in vita.
Questo testo fa parte di un lavoro che ha per tema “DOPO IL PCI”, dedicato alle questioni storiche e di prospettiva in Italia dopo lo scioglimento del partito. Anticipiamo, per motivi di attualità, una parte dedicata alle questioni sindacali.
Nel definire una prospettiva strategica che faccia perno sui principi costituzionali, fondamentale è la partecipazione e l'apporto del movimento dei lavoratori. La cosa può sembrare ovvia, ma in realtà si tratta di affrontare un passaggio concreto della situazione italiana che possa dare forza alla prospettiva politica.
Come abbiamo già sottolineato, due sono stati gli avvenimenti che hanno creato un grande vuoto nell'area popolare e progressista: non solo la liquidazione del partito comunista, ma anche l'ingresso del sindacato di classe, la CGIL, nell'area consociativa del sistema liberista.
Da quando Cgil e Uil hanno deciso di indire lo sciopero generale per il 16 dicembre, invece di considerare la nuova situazione politico-sindacale che si è venuta a creare si è sviluppato un coro di critiche, a destra come a sinistra, su cui bisogna fare chiarezza per poi dare un giudizio oggettivo.
Forse non ce ne siamo accorti, ma qualcosa di sostanziale sta cambiando nella cultura dei popoli europei, Italia compresa. Fino a qualche tempo fa sembrava che la crescita delle forze di destra fosse sì consistente, ma sempre dentro un equilibrio politico generale che relegava queste forze a un ruolo di opposizione rispetto ai partiti europeisti che dominavano la scena. E' ancora così o ci sono segnali nuovi?
La scelta di Conte (e di Grillo) di entrare nella macchina da guerra del governo Draghi ha impedito, contro ogni illusione, di avere una capacità di condizionamento del quadro politico e della realizzazione dei programmi governativi. Tutta la sua azione in questi mesi è consistita in schermaglie per dimostrare l'indipendenza del suo movimento, ma nella sostanza c'è stata l'accettazione dello schema liberista di Draghi.
Hanno voluto disarcionare Conte per ristabilire il controllo di una situazione che stava sfuggendo di mano e che inquietava soprattutto l'UE. Per questo è stato commissionato al mercenario Renzi il colpo di mano che ha portato Draghi al governo. L'operazione non è stata solo tecnica, ma contestualmente si è mossa una macchina di tipo 'istituzionale' che partendo dalla precarietà dell'equilibrio raggiunto puntasse a trovare le basi strategiche, anche elettorali, di un progetto di ampio respiro.
Pur dovendo sfidare l'opinione di settori di sinistra, è ormai necessario aprire un dibattito sugli scioperi indetti da quello che si definisce sindacalismo di base, per chiarire alcune questioni che normalmente sfuggono perchè la quasi totalità degli interessati non partecipa agli scioperi e quelli che scioperano e soprattutto scendono in piazza lo fanno a prescindere dai dati oggettivi.
Perchè vogliamo chiarire questi equivoci? Partiamo dalla questione centrale, che è quella del significato dello sciopero generale. Da tempo quello che si definisce sindacalismo di base è abituato a fare scioperetti di sigla senza curarsi del risultato e del discredito che il loro fallimento di fatto comporta.
Da tempo ormai le famiglie anagrafiche, ma anche quelle politiche, si dividono tra vaccino e non vaccino o, più recentemente, tra rassegnati e inviperiti sulla generalizzazione del green pass a tutti i luoghi di lavoro. Alla discussione, già di per sé complicata, si sovrappone poi ormai in primo piano quella sull'egemonia delle destre sul movimento che contesta le scelte del governo e sul ruolo dei fascisti.
La situazione, dopo gli eventi di sabato 9 ottobre a Roma, ci ha posto con più urgenza la necessità di un chiarimento su tutta la questione dei vaccini e delle questioni politiche che ci stanno dietro.
Partiamo dai fatti più eclatanti: la grossa partecipazione di gente, non solo a Roma, al raduno anti green pass e l'assalto alla sede della CGIL. Se qualcuno si è meravigliato che a piazza del Popolo sabato scorso ci fossero in realtà più di diecimila persone non tiene presente un fattore politico determinante e cioè che la protesta non arriva per caso, ma da una campagna della destra portata avanti fin dall'inizio della pandemia e non tanto e non solo da gruppi come Casa Pound e Forza Nuova, ma soprattutto dal settore istituzionale della destra e dai suoi media di riferimento, prima contro il governo Conte 2 e poi, col ruolo di Salvini e Meloni, dopo la costituzione del governo Draghi.
Ci sono tre angolature da cui partire nella valutazione dei dati elettorali del 3 e 4 ottobre scorso.
La prima riguarda l'alto grado di astensionismo che si è registrato. Stavolta le astensioni hanno raggiunto il 52% degli aventi diritto al voto, cioè la maggioranza. Come va valutato questo livello di astensionismo? Che cosa nasconde in realtà?
Con l'appello Libertà? Partecipazione! vogliamo contribuire, sulla base dei presupposti indicati, alla costruzione di un'opposizione all'attuale governo e a ciò che rappresenta.
Durante la pausa estiva sono giunti apprezzamenti all'appello da Luca Massimo Climati (in rappresentanza di un gruppo più ampio di cittadini) e, "per i compagni di Aginform", da Paolo Pioppi e Roberto Gabriele: tutti loro stanno convergendo su una proposta di "Fronte Politico Costituzionale", su cui stanno lavorando da tempo, e ci hanno inviato le loro elaborazioni. Li ringraziamo e segnaliamo quelle del secondo gruppo si trovano sul sito di Aginform.
Si è menato scandalo, giustamente, sul fatto che una consistente manifestazione svoltasi sabato 25 settembre a Roma, nella piazza S.Giovanni all'insegna della lotta al green pass, sia stata silenziata da giornali e mass media. Questo fatto, tra l'altro, ci ha privato di una cronaca dell'avvenimento che invece ci avrebbe dato elementi di valutazione di ciò che stava realmente avvenendo. Però sul piano dell'informazione abbiamo recuperato una corrispondenza che viene da sinistra e gira sui social che racconta chi stava in piazza e quali erano gli orientamenti di chi partecipava alla manifestazione. Ci racconta che in piazza c'era sì la destra, ma non era elemento determinante. A caratterizzare la manifestazione erano invece settori variegati, una parte dei quali di orientamento di sinistra, che si ritrovavano sotto gli slogans della lotta al green pass e per la costruzione di un 'Fronte del Dissenso'.
Chi segue con un po' di attenzione le vicende sindacali, le lotte, la loro gestione e le conclusioni avrà certamente notato che nello scontro che si è aperto dopo il licenziamento via e-mail di circa 500 lavoratori della GKN di Firenze è apparso qualcosa di diverso rispetto a quello a cui siamo abituati. Intanto oltre alla ovvia richiesta del ritiro dei licenziamenti, in evidenza, alla testa dei cortei, appare lo striscione 'solleviamoci', un'indicazione che può sembrare logica in una manifestazione politica sessantottina, ma singolare in una circostanza come quella dei licenziamenti alla GKN che non è paragonabile alle officine Putilov di Pietrogrado nel 1917.
Tra le città che vanno al voto in ottobre c'è anche Roma, ma la capitale non può essere considerata allo stesso modo di altre città che pure sembrano presentare situazioni analoghe, tranne forse Torino, dove il PD ha scatenato uno scontro frontale suicida contro l'amministrazione pentastellata della sindaca Appendino favorendo la possibile ascesa di un candidato di destra, Damilano. E' a Roma infatti che l'operazione PD è diventata più insistente e pesante con la scelta come candidato sindaco di un pezzo da novanta della nomenclatura dem, l'ex ministro del tesoro Gualtieri,
Le relazioni tra le vicende afghane e gli equilibri politici che riguardano anche l'Italia non sembra che siano state adeguatamente valutate. Invece, a parte l'inevitabile e spudorata campagna sui profughi portata avanti da chi ha sostenuto una guerra criminale, bisogna capire bene gli effetti che la fuga da Kabul ha determinato. Sia all'interno di ciascun paese che ha partecipato all'aggressione a guida americana sia nelle prospettive delle relazioni politico militari tra alleati NATO.
Non vi è dubbio che Conte ha avuto la capacità, tutt'altro che scontata, di superare fino ad oggi tutti gli scogli che gli si sono presentati davanti, da Salvini a Renzi, a Grillo, e di riproporre una leadership che condiziona lo sviluppo della situazione politica italiana.
La "sinistra sotto traccia" di cui abbiamo parlato, si è manifestata ultimamente anche nell'appello che qui riportiamo - e per il quale abbiamo manifestato ai promotori il nostro interesse - volto a stimolare la nascita di un largo movimento di opposizione al governo Draghi.
Se sono rose, fioriranno.
Analizzando l'evoluzione della situazione politica italiana non si può certo essere ottimisti ad oltranza o meglio a prescindere. Ci riferiamo qui alla ultima crisi in casa 5 Stelle a proposito della prescrizione, che ha rischiato di far saltare il banco (e il governo). Sembrava fatta e invece così non è stato: l'accordo raggiunto tra Conte e Grillo sulle modalità di gestione del Movimento ha funzionato da calmiere.
Lo sbandamento a sinistra con l'accettazione del diktat di Mattarella a sostenere Draghi a cui si sono piegati, il PD con entusiasmo e i 5 Stelle per mancanza di coraggio e di prospettive politiche, ha provocato uno smottamento che ha desertificato le forze di opposizione lasciando alla Meloni l'onore delle armi, in combutta con tutto lo schieramento di destra.
Quando il governo Conte è stato liquidato dopo un balletto renziano durato più di due mesi e in assenza di una sinistra, da quella movimentista a quella identitaria, che stava solamente aspettando sulla riva del fiume che il fatto si compisse, ci si è accorti, sempre a parole, che arrivava Draghi per guidare l'offensiva liberista.
La battaglia per una sanità pubblica inizia dai vaccini
Non si può prescindere da questo fondamentale punto di partenza in vista di un più ampio percorso che ci porti a un sistema sanitario efficiente e controllato
Bastonare il cane quando cade nell'acqua per evitare che morda ancora. Così diceva Mao indicando la necessità di attaccare il nemico in difficoltà. Quanto a Draghi, dopo la marcia trionfale che ha accompagnato la sua ascesa al governo, l'immagine comincia ad appannarsi e i suoi veri contorni si delineano più nettamente.
Un appello alla mobilitazione unitaria di chi vuole lottare contro la logica privatistica, per una sanità pubblica ed efficiente,
per denunciare le responsabilità dei liberisti sui vaccini,
contro la demagogia della destra.
Per raccogliere la sfida al governo della finanza e dei militari
Rifondazione comunista ha aperto la discussione, attraverso la teleconferenza del 28 marzo, su una proposta di ricostituzione di una forza di sinistra che raccolga la sfida di Draghi e crei le condizioni per una alternativa. L'intenzione è sicuramente interessante e va esaminata attentamente.
Intervenendo nella vostra discussione [*] sui punti di programma che vi siete dati e che in gran parte condividiamo segnaliamo che da più parti si esprime l'esigenza di fare un passo in avanti per affrontare la nuova fase politica. Il segnale è dunque buono, ma a nostro parere bisogna evitare di sconfinare nel libro dei sogni e ridurci come sempre a costruire altre nicchie che coinvolgono solo gli addetti ai lavori. Un passaggio politico vero presuppone che ci si misuri, non solo a parole, con un progetto che sappia delineare una prospettiva politica, che raccolga le esigenze di questa fase e sia convincente per settori popolari e progressisti significativi.
Una riflessione su come preparare una risposta
che non sia di pura testimonianza
Letta è arrivato per 'modernizzare' il PD e toglierlo da una condizione di rissa permanente e di subordinazione politica. Chi ha deciso di sostituire Zingaretti con Letta ha però in mente anche una ridefinizione complessiva degli equilibri politici in Italia all'interno del quadro europeista e atlantico. Bisogna vedere in questo passaggio non solo un'alternanza di leadership, ma qualcosa di molto più ampio, che è partito dalla defenestrazione di Conte. Siamo in piena pandemia, ma parallelamente siamo dentro una operazione di riorganizzazione del campo imperialista occidentale che coinvolge l'EU e i rapporti con gli USA.
Questa è la domanda che molti (?) di noi si pongono davanti agli sviluppi della situazione in Italia.
Partiamo dalla constatazione non ottimista che nel giro di qualche mese abbiamo avuto il golpe di Draghi e le dimissioni di Zingaretti, che non vanno assolutamente sottovalutate perchè dimostrano che il nemico non fa prigionieri ed ha killer come Renzi a disposizione. Il progetto è quello di radere al suolo ogni ipotesi di fronte di sinistra, seppure molto istituzionale, e proporre brutalmente un governo che per un lungo periodo abbia come base un'Italia euro-atlantista. Ovviamente dobbiamo aggiungere che la responsabilità di quello che è accaduto è anche di chi si è prestato al gioco mattarelliano della 'unità nazionale'. Beppe Grillo in primis.
Le sfilate identitarie contro il 'governo della finanza' si sono puntualmente ripetute e, come è naturale che fosse, hanno lasciato il tempo che hanno trovato.
Ora però più che alla polemica bisogna pensare seriamente alla situazione in cui ci troviamo e come affrontarla. Dovrebbe essere il compito prioritario di chi ha intenzione di misurarsi seriamente con ciò che sta accadendo e soprattutto dovrebbe essere il dovere di una sinistra popolare.
La rottura del pensiero unico attorno a Draghi operata dal Fatto quotidiano, dai deputati e senatori 5 stelle che hanno votato NO al nuovo governo e dalla posizione presa da Sinistra italiana rafforza il movimento unitario contro il liberismo e l'atlantismo.
La sinistra inesistente, quella identitaria e quella movimentista, ha di fatto ignorato il passaggio politico da Conte a Draghi, così come prima faceva finta di ignorare le ragioni che portavano la quasi totalità degli organi di stampa e le istituzioni di regime a combattere il governo. E' un po' come Totò di “e che mi chiamo Pasquale?
Noi abbiamo combattuto, invece, in tutti questi mesi per affermare un orientamento diverso e ci sembra che i fatti ci diano ragione. Sennò non si spiegherebbe il killeraggio di Renzi e l'arrivo di Draghi. Battuto nel tentativo di screditare, sul piano politico e mediatico, il governo Conte, il fronte liberista ha assoldato il suo sicario e organizzato un vero e proprio golpe. Con il consenso del capo dello stato è stato preparato un programma di 'unità nazionale' che rimette le cose a posto rispetto a una situazione che, a partire dal recovery fund, stava sfuggendo di mano ai gruppi di potere tradizionali, che poi sono i mandanti del golpe Draghi e da tempo svolgono, quasi in esclusiva una campagna agitatoria attraverso mass-media e stuoli di 'esperti'.
Il killer è stato un mercenario di nome Matteo Renzi, ma la mano che l'ha armato è fatta di tutta quella schiera di benpensanti, delle grandi e piccole consorterie economiche, delle logge massoniche, della finanza italiana ed europea, delle forze liberiste che rivogliono il controllo totale della gestione pubblica e degli strumenti del potere, di quella lurida accozzaglia di pennivendoli e opinionisti che hanno in tutti questi mesi remato per convincerci che il governo Conte era il peggiore e più sprovveduto dei governi.
Il dibattito sulla fiducia alla Camera e al Senato non poteva andare meglio. Conte ha tenuto testa al bullo di Rignano e anche i suoi compari all'interno del PD hanno visto vanificati i loro sforzi per ridimensionarlo.
Per la sinistra inerte, come possiamo constatare, l'attuale feroce scontro politico che vede Conte al centro dell'attacco appare un fatto senza significato ed è meglio dunque starsene alla finestra. Ma, come abbiamo più volte sottolineato, bisogna spiegarsi come mai il 95% della stampa e dei media, a trazione liberista e fascio leghista, si è assunto il compito preminente di incitare al rovesciamento di questo governo: su qualsiasi argomento e con ogni pretesto, 'a prescindere'.
Da quando si è costituito il governo Conte 2 incessante è stata l'azione della destra e delle forze del liberismo trasversale per recuperare terreno e imporre il controllo totale sulle scelte governative. L'equilibrio nelle forze di governo ha impedito finora che l'operazione andasse in porto, anche per la capacità' del presidente Conte di dare stabilità a un progetto di apertura su questioni importanti che hanno attinenza coi rapporti nell'UE e per le misure anticovid che nella prima fase della pandemia sono risultate efficaci.
Ora che la situazione sanitaria sta precipitando si sono messi in moto però meccanismi che prefigurano scenari politici e sociali più cupi. La destra cerca di guadagnare spazi dopo un periodo di sofferenza ma, soprattutto, il liberismo istituzionale si è di nuovo scatenato accusando Conte e i suoi ministri di essere incompetenti e in taluni casi addirittura criminali.
Il Covid esiste e picchia duro. Non è solo una questione sanitaria, ma sta incidendo anche sugli equilibri politici e sul futuro. Non rendersene conto e seguire la corrente che sta montando in questi giorni ci porterà ad esiti inaspettati e negativi.
Lettera aperta al presidente emerito della Corte Costituzionale Paolo Maddalena
Egregio presidente,
dal momento che Lei è per noi un punto di riferimento per tutto ciò che concerne la difesa e la lotta per l'attuazione della Costituzione, come abbiamo sempre riconosciuto nei contatti avuti finora, cogliamo l'occasione di una Sua intervista, recentemente pubblicata sul sito Marx XXI, per fare alcune considerazioni su ciò che sta accadendo.
Innanzitutto vogliamo chiarire che il movimento per la difesa e l'attuazione della Costituzione è bene che prenda nettamente le distanze - come Lei ha fatto - da gruppi che in nome di un malinteso sovranismo stanno contribuendo in realtà ad allargare l'area della destra, salviniana o di altra ispirazione, con una confusa agitazione sedicente libertaria, che viene strumentalmente giustificata anche con richiami assolutamente impropri alla Costituzione del 1948.
Tutti ricorderanno la definizione di diciannovismo attribuita al movimento di lotta che con molta drammaticità si sviluppò in Italia subito dopo la prima guerra mondiale. Si trattava, appunto, del 1919 quando operai e braccianti conducevano scontri durissimi con i padroni del vapore e con gli agrari perchè, dopo il massacro della guerra, le condizioni di lavoro - quando c'era - si dimostravano insopportabili. La questione all'epoca non era la mancanza di combattività dei lavoratori, ma la mancanza di direzione politica delle lotte e di chiarezza sugli obiettivi. Il massimalismo socialista era un misto di demagogia e opportunismo e ci volle la scissione di Livorno per tentare di raddrizzare la deriva. La parola giusta è appunto 'tentare' di raddrizzare, perchè ci vollero una dittatura di vent'anni e una nuova guerra mondiale per cambiare le cose.
Per esplicitare la nostra posizione sul richiamo alla Costituzione abbiamo messo in chiaro alcune questioni di carattere preliminare. Tre in particolare:
1. Il discorso sulla difesa della Costituzione ha finora espresso solo un livello strettamente connesso a questioni di funzionamento delle istituzioni, relative al bicameralismo, alla autonomia differenziata, ai criteri numerici della rappresentanza, ai sistemi di votazione. Alcune di queste questioni hanno sicuramente un valore importante per impedire che la Costituzione venga manipolata introducendo differenziazioni tra italiani in base alle regioni in cui vivono, approvando leggi elettorali che stravolgono i criteri di rappresentanza, dando ai partiti e non agli elettori il diritto di scegliere i candidati che saranno effettivamente eletti. Nessuno di quelli che si mobilitano per difendere la Costituzione su questi temi si è posto però il problema di come viene applicato il diritto di associazione sindacale nei posti di lavoro. Eppure le norme relative riguardano più di venti milioni di lavoratori.
Il 70% dei voti al SÍ, con una partecipazione di votanti che è andata oltre il 50% e il fatto che in Toscana, in Campania e in Puglia le liste della destra sono state sconfitte apre indubbiamente scenari diversi da quelli catastrofici descritti dai media di regime e da un nugolo di 'personalità' che si sono mobilitate per far prevalere il NO nonostante l'approvazione quasi unanime in parlamento della legge sulla riduzione del numero di deputati e senatori.
In questi ultimi tempi il discorso sulla Costituzione e sulla sua difesa ha visto un'accelerazione in rapporto al referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari. Nel confronto in corso si cerca di far apparire che chi vota NO difende la Costituzione mentre chi vota SÍ sarebbe propenso a manipolarla.
Nella sinistra, il SÍ e il NO non devono provocare una guerra di religione, ma essere un'occasione per riflettere e discutere non solo sulle opzioni relative al referendum, ma anche sulla fase politica che stiamo attraversando e su come una sinistra concretamente legata ai problemi politici e ai passaggi della fase dovrebbe collocarsi. Questo è il problema da cui partire, non se mantenere o ridurre il numero attuale dei seggi parlamentari.
Aumentare o diminuire il numero dei parlamentari ha ben poco a che fare con il principio della rappresentanza democratica. Chi vuol far credere che questa dipenda da quanti deputati e senatori siedono in parlamento usa l'argomento a fini strumentali per un obiettivo dichiaratamente politico, che è quello di condurre una battaglia contro il governo Conte, e per mantenere in piedi un sistema di corruttela che passa anche attraverso la manipolazione della rappresentanza con le leggi elettorali maggioritarie e la compravendita di deputati e senatori raccolti nella palude del parlamento.
Non è un caso che dopo che la legge sulla riduzione dei parlamentari è stata votata a larghissima maggioranza si è attivato un fronte trasversale per sostenerne l'abrogazione con il NO. I vecchi maneggioni della 'rappresentanza' non vogliono perdere la loro platea di riferimento.
29 agosto 2020
Il discorso politico che è già stato aperto, e in varie direzioni, con l'intenzione di suscitare un dibattito che ci porti fuori delle secche in cui una sinistra inesistente cerca di mantenere i suoi riti, senza intaccare minimamente i rapporti di forza, ha bisogno oggi di verifiche e di aggiornamenti continui.
Come era lecito aspettarsi, si continua a vedere l'albero e non la foresta. A destra, dopo qualche sbandamento iniziale, Salvini e Meloni hanno riproposto il loro show finto-sovranista qualificando l'accordo di Bruxelles sul ricovery fund come un bidone.
Hanno perso la testa, ma la battaglia è ancora in corso e non si sono certo arresi.
L'aver imboccato la strada di creare un movimento politico organizzato con lo slogan Cambiare l'Italia attuando la Costituzione comporta la capacità di individuare costantemente i nodi dello scontro politico e sociale che contraddistinguono da una parte la linea liberista e dall'altra le spinte politiche e sociali che al liberismo si oppongono.
Sulla questione della lotta al virus e alle sue conseguenze economico-sociali si sta conducendo nel nostro paese una grande battaglia tra le forze in campo. Da una parte la destra politica e l'ampio ventaglio dei liberisti diversamente collocati e dall'altro coloro che tendono a garantire la salute dei cittadini e ad esigere provvedimenti economici a favore dei lavoratori e dei cittadini colpiti dalla crisi.
Il governo Conte ha dimostrato finora di saper gestire la situazione sanitaria nel modo più responsabile possibile, con limiti dovuti spesso a condizioni oggettive e nonostante il sabotaggio dei 'governatori' regionali della destra..
Dal sito dell'associazione Attuare la Costituzione, fondata da Paolo Maddalena, presidente emerito della Corte Costituzionale, riprendiamo [qui] il documento "Uscire dalla crisi attuando la Costituzione". Si tratta infatti di un testo di estrema utilità per l'elaborazione del programma e la definizione del ruolo del Fronte Politico Costituzionale
A proposito del manifesto
"Per la rinascita dell'Italia attraverso l'economia reale e l'osservanza della Costituzione"
Far nascere una formazione politica che raccolga le spinte al cambiamento è un'esigenza che sta maturando in molti, anche se l'obiettivo non è così a portata di mano. Questa esigenza, seppure non facile da tradurre in progetto politico, sta incrociando una situazione oggettiva, dovuta alla crisi del coronavirus e allo smascheramento del ruolo dell'UE come portatrice di un meccanismo al servizio della finanza e dell'Europa liberista. Per coloro che da tempo conducono la battaglia per cambiare lo stato di cose presente è arrivato il momento di porsi al livello che la nuova situazione impone.
Roma, 11 gennaio - piazza ss.Apostoli
  Nell'ambito della campagna iniziata dal Fronte Politico Costituzionale per il rispetto dell'art.11 della Costituzione che vieta la partecipazione dell'Italia ad azioni di guerra per la soluzione di controversie internazionali, sabato 11 gennaio si è svolto un presidio a Roma, in prossimità del Quirinale, finalizzato alla consegna al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella della lettera che [qui] pubblichiamo, in cui si chiede
- il ritiro delle truppe italiane dai teatri di guerra
- il divieto di usare basi italiane per azioni militari all'estero
- l'abolizione degli embarghi verso altri paesi.
Chiamiamo in causa il Presidente Mattarella perchè, come garante della Costituzione non può e non deve consentire le violazioni dell'art.11.
Il Fronte Politico Costituzionale si augura che tutti coloro che condividono la battaglia per il rispetto dell'art.11 sapranno unirsi e collaborare al raggiungimento degli obiettivi.