Da "Haramlik", il blog di Lia
5 Gennaio 2006
Immagino sia superfluo specificare che, da queste parti, non ci si
unirà all'orwelliano coro di santificazione di Sharon come uomo di
pace.
Immagino sia inutile anche spiegare perchè: i motivi sono
evidenti a chiunque segua la tragedia del popolo palestinese con un minimo
di cognizione di causa ed onestà. Gli altri, si arrangino, chè qui si è
stanche.
Credo nella responsabilità individuale: se un cittadino
maggiorenne e con diritto al voto decide di abbeverarsi alla fonte della
propaganda e di consegnarsi a mezzi di informazione manipolatori e
distorcenti come i nostri, faccia pure. Essere bovi è una scelta come
un'altra.
Ho già letto in giro perle come: "Sharon ha comunque ordinato il ritiro
delle truppe dai Territori Occupati". Degno risultato di tanta
informazione, direi, e certo opinione diffusa in tutta Italia: se
andassimo a intervistare la gente sui tram e nei supermercati, sai quanti
si direbbero convinti che questo è ciò che veramente è successo? Che
davvero Sharon ha ordinato il ritiro dai Territori?
Un mondo folle.
Lo si è detto, lo si è ripetuto, c'è mezzo mondo che si sgola: "No.
Sharon ha tolto 7000 coloni dalla Striscia di Gaza, trasformata in regione
liberamente bombardabile, e li ha per lo più spediti ad aggiungersi ai
440.000 coloni dei ben più ampi Territori Occupati di Gerusalemme est e
Cisgiordania. Attraverso uno spaventoso muro più volte dichiarato illegale
da qualsiasi organismo internazionale, ha poi annesso ad Israele l'80%
delle sue altrettanto illegali colonie e il 40% di pura e semplice terra
palestinese, compresa di sorgenti d'acqua che vanno a destinarsi,
ovviamente, all'agricoltura israeliana. Ha intrappolato 237.000
palestinesi dentro il muro e ne ha messi fuori altri 160.000. Tutti loro
destinati, dentro o fuori dal muro, a vivere tra torri di guardia e filo
spinato. Questo è ciò che è successo."
Fiato sprecato.
Sotto la
direzione d'orchestra di prodigiosi mezzi d'informazione tra cui brillano
per zelo gli italiani, il cittadino medio occidentale è convinto che
Sharon abbia "ordinato il ritiro delle truppe dai Territori
Occupati."
Prodigioso.
Prodigioso, poi, per modo di dire: l'assoluto capovolgimento della
realtà che va in onda in Palestina è reso possibile dal più banale dei
motivi: che i palesinesi sono arabi, e gli arabi non ci piacciono. Non ci
sono simpatici. Sono più simpatici gli israeliani, li immaginiamo più
"come noi".
Questo è tutto.
Banale razzismo, a sostegno della
migliore macchina propagandistica dell'universo mondo. Altro che
Hollywood.
Sinergia perfetta.
Mentre Sharon, inshallah, si prepara ad essere finalmente giudicato da un tribunale meno condizionabile di quelli terreni, qui si ha voglia di ricordare piccoli episodi. Dettagli.
Una festa al Cairo, dove c'era la corrispondente RAI di un paese che
non mi va di citare. E sospira, lei, e mi racconta di avere lavorato in
Palestina per molti anni. Fino a quando Mimun, guarda caso, non l'ha
rimossa perchè "troppo filopalestinese" e sostituita con un collega più
compiacente.
Si perde il posto, a raccontare l'altra faccia delle
cose.
O il mio ingenuo stupore a Gerusalemme vecchia, la prima volta che ci
andai, quando ancora non sapevo nulla e me le bevevo serenamente anch'io,
le balle che ci raccontavano.
Sei nella zona araba della città vecchia
e ti muovi a fatica, tra stradine strettissime piene di botteghe e di
gente. E, nel mezzo di un budello, i soldati israeliani 24 ore su 24, a
rallentare e ostacolare il passaggio, a mostrare manganelli e mitra tra
una bottega e una pasticceria: c'è la casa di Sharon, lì.
O meglio:
una casa di Sharon.
In cui Sharon non vive, non ha mai
vissuto e non vivrebbe mai: la tiene lì per il gusto di esporre i simboli
di Israele nel cuore del quartiere musulmano, presidiati da un'inutile
postazione militare piantata in mezzo a un vicolo di passaggio, e tu devi
passare piano, a fatica e sotto la bandiera.
Così, per
sfregio.
Senza altro fine che quello di piazzare l'ennesima tracotante
provocazione, l'ennesima inutile complicazione nella vita dei palestinesi
che hanno sempre vissuto lì.
E cercare, con il tempo, di mandarli
via.
La vita degli sfortunati "vicini di casa" di Sharon è descritta
nell'ultimo paragrafo di questo link.
O qui.
Ed
è che l'arte di dispensare al prossimo uno stillicidio di malvagità
gratuita vita natural durante, in Israele, raggiunge livelli realmente
sopraffini.
"Ci vuole fantasia", pensavo. Un livello di cattiveria
medio non basta.
Credo che Ariel Sharon sia stato, come persona, un essere realmente
spiacevole.
Scrissi, tempo fa, di un suo ritratto in Volti
di Israele, di Avishai Margalit.
Leggendo il capitolo dedicato a Sharon, si apprende che:
* Dopo la guerra del '56, il vice di Sharon, Yitzhak Hoffi (futuro
generale e capo del Mossad, attualmente amministratore della Compagnia
israeliana dell'elettricità ) dichiarò ai servizi segreti che Sharon
soffriva di paranoia e aveva bisogno di cure psichiatriche.
In effetti,
il comando militare ne fermò l'ascesa nell'esercito e lo spedirono per un
anno in Inghilterra.
* Torna in patria e sua moglie si schianta in macchina.
Gli amici di
famiglia considerano l'incidente un suicidio: la moglie aveva appena
scoperto che Sharon aveva una relazione con sua sorella minore, Lily, con
la quale si sposa poco dopo.
Dopodichè muore suo figlio di 11 anni,
Gur.
Era a casa assieme a un amichetto, trovarono un fucile di Sharon e
partì un colpo.
Sharon accusò l'altro bambino di avere ucciso
volontariamente, e costrinse il ragazzino e la madre (che era la vedova di
un pilota) ad abbandonare casa e città e a fuggire.
* Nel 1970, quando faceva il comandante a Gaza, per fare stare buoni i
palestinesi faceva così: ordinava che i genitori o i parenti dei bambini
colti a lanciare pietre venissero espulsi dai Territori (illegalmente)
occupati e mandati nel deserto con una borraccia e un po' di pane
azzimo.
Si vede che l'idea gliel'aveva data la Bibbia.
* E' stato definito un 'pericolo per la democrazia' sia da Golda Meir
che da Begin.
E per dirlo loro...
* Un ufficiale dei paracadisti racconta che Sharon, faceva questo bel
discorso strategico: "Immaginate di voler prendere la collina X, ma il
governo vi autorizza a prendere solo la collina Y. Voi, naturalmente,
prendete la collina Y, poi mandate un reparto in ricognizione alla collina
X, per assicurarvi che "sia tutto a posto". Il reparto "cade sotto il
fuoco nemico" della collina X, voi notificate al governo che il reparto è
in pericolo e chiedete l'autorizzazione per soccorrerlo. E così,
finalmente, potete attaccare e prendere pure la collina X."
E questa è
la storia di tutta la carriera di Sharon.
* Dopo Sabra e Chatila, quando venne rimosso dal ministero della
Difesa, cominciò a sentirsi più perseguitato del solito.
L'autore del
libro lo definisce "pazzo, cattivo e pericoloso".
Chissà.
Cattivo e pericoloso, certamente sì.
"Pazzo", di questi
tempi, non significa nulla. Siamo in un momento storico in cui la
personalità paranoide è politicamente vincente e i libri della Fallaci
sono best-sellers. Discorsi ed azioni che sarebbero parsi deliranti solo
10 anni fa, oggi godono di consenso sociale.
Astuto, sicuramente.
La brutalità dei soldati israeliani che controllavano la "casa di
Sharon" nella Gerusalemme araba aprì il mio primo viaggio in quella città
e inaugurò il processo della mia presa di coscienza su quanto accadeva in
Medio Oriente.
Ne avrei vista altra, di brutalità, come tutti: credo
che sia impossibile passeggiare per Gerusalemme anche un solo giorno senza
vedere soldati che picchiano palestinesi.
Sono tornata altre volte, in
Israele, e ci ho portato mia figlia.
Mi raccontava, poco tempo fa, che
ciò che più le è rimasto impresso di quel viaggio è, manco a dirlo, la
scena del pestaggio di un palestinese in strada.
Più delle mura della
città, più del Santo Sepolcro, del Muro del Pianto, della Moschea della
Roccia, di Al-Aqsa.
Più dello Yad Vashem e della nostra ricerca di nomi
italiani e spagnoli tra gli ulivi che ricordano i Giusti.
La violenza
del presente.
Con Sharon si àè chiuso il mio ultimo viaggio in Israele.
Eravamo
appena tornati da Gerusalemme quando lui, circondato da uno schieramento
di soldati, fece la famosa "passeggiata" derisoria sulla Spianata delle
Moschee.
Scoppiò la II intifada, poi la carneficina, l'assedio ad
Arafat.
Tutto l'orrore degli ultimi anni.
La distruzione.
Per me, la perdita definitiva del mio senso dell'innocenza da
straniera, del desidero - sempre più disperato - di equidistanza. E della
speranza, certo.
Persi il passaporto con tutti i suoi timbri
israeliani.
Ne ebbi un altro, su cui oggi spiccano due anni di permesso
di residenza in Egitto. Volevo essere libera di viaggiare in Medio
Oriente. Dare le spalle a Israele, alla distruzione e all'orrore.
Non
tornarci più.
Non dargli più una lira, i centesimi di una
cartolina.
Finito.
Sono capitata in Medio Oriente 12 anni fa, al solo scopo di conoscere
Israele.
Per poi scoprire che mi ero sbagliata, che ciò che era
importante conoscere era proprio il Medio Oriente, invece. Quello che non
mi avevano mai raccontato. E ho cominciato a conoscerlo da lì.
Mi ha cambiato la vita, Israele. Se non avessi visto i Territori, non
sarebbe successo.
Ho capito che quel lutto era anche mio, che la
distruzione di un intero pezzo di mondo distruggeva anche un pezzo di
me.
Muore la Palestina e muore la storia, muoiono paesaggi, tradizioni,
ulivi e deserti, popoli.
La nostra umanità , muore. La mia. In cambio di
muri e filo spinato, protervia e razzismo, bugie.
Uno scempio
infinito, inarrestabile.
Irrimediabile.
E per cosa, poi.
Manco fossero immortali, loro.
Gli assassini,
dico.