Sharon uomo di pace? No, uomo di guerra

Ali Rashid

Liberazione, 26 novembre 2005


Per un uomo di sinistra, non occidentale, che vive da molti anni in occidente, risulta molto difficile comprendere la metamorfosi di una parte della sinistra e dei mezzi d’informazione italiani. A me sembra di trovarmi di fronte a mondi chiusi, che parlano a se stessi, rispondono a logiche e comandi che nulla hanno a che fare con il buon senso, con la verità, con quella realtà nuda e sofferente costituita dai veri mali che affliggono il mondo. Nessuno aiuta l’opinione pubblica a distinguere il mondo reale dal mondo immaginario e della pura propaganda.

Le ultime rivelazioni - britanniche - sull’intenzione di Bush di bombardare la sede di Al Jazira, in Qatar, forse mi aiutano a spiegarmi meglio. C’è in giro un vero e proprio odio per la verità, per l’informazione. Di verità a questo punto esiste solo quella ufficiale, e negli ultimi dieci anni abbiamo ascoltato tante verità ufficiali spaventosamente menzognere. Faccio un breve elenco: le armi di distruzione di massa in Iraq; la necessità della guerra; la possibilità di esportare con le armi la libertà e la democrazia, o di affermare con i carri armati i valori di una “civiltà superiore”; il muro dell’apartheid che diventa barriera di pace; Arafat morto di aids e ostacolo per la pace in Medioriente. Poi l’ultima, abbastanza clanmorosa: Sharon uomo di pace.

In questo modo diventa sempre più difficile distinguere tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, tra pace e guerra, tra destra e sinistra. Tanto diventa difficile, che qui da noi in Italia assistiamo all’ultima trovata, e cioè alla nascita del gruppo “Sinistra italiana per Israele”, e allo slogan “Sionismo è bello”.

Davvero c’è bisogno di spiegare perché Sharon non è un uomo di pace? Badate che per dimostrare che Sharon non è un uomo di pace, non c’è bisogno di tornare al suo passato, e ricordare che è stato indagato per crimini di guerra: basta esaminare senza ipocrisie la sua politica di oggi. Questa politica di oggi è altrettanto criminale. Ed è semplicemente la continuazione dell’occupazione pluridecennale e spietata, da parte di uno stato straniero, della terra di un altro popolo, e cioè della Palestina. Non è un crimine? Non è un crimine il disfacimento e l’annichilimento del popolo palestinese? Di cirimini politici può essere accusato solo Saddam o quelli che sono nel mirino dell’Occidente e degli Usa, ma non possono essere accusati Sharon o Bush. Perché non possono? Non lo so, forse perché loro appartengono ad una razza o a una religione “superiore”... E’ questa la spiegazione, è solo questa: ed è una spiegazione - si vede bene - razzista.

Dobbiamo anche chiederci, in questi tempi confusi, come distinguere un uomo di pace da un uomo di guerra, visto che quando si fanno la guerre ci dicono che la guerra è indispensabile per fare la pace. Come possiamo distinguere, allora? Solo tornando ad un concetto di legalità internazionale e di diritto internazionale.

Secondo il diritto internazionale, Israele ha commesso infinite violazioni contro il popolo palestinese, a partire dalla sua espulsione forzata e dalla “pulizia etnica” che i palestinesi hanno subito, e le detenzioni illegali, e le punizioni collettive, e l’occupazione del territorio palestinese nel 1967, e la colonizzazione israeliana, e le alterazioni demografiche operate con la forza, e i massacri, e le uccisioni quotidiane mirate e non mirate, e l’annessione con la forza allo Stato di Israele di territori palestinesi ed arabi occupati, e le distruzioni delle case, e lo sradicamento degli alberi e la devastazione dei campi, e la costruzione del muro con la confisca di quasi il 50 percento del territorio della Cisgiordania sul quale dovrebbe sorgere lo Stato palestinese. Sospendo qui l’elenco. In tutte queste violazioni - in tutte - Sharon ha avuto un ruolo di protagonista: da soldato, generale, ministro della difesa, primo ministro.

Oggi, per il semplice fatto che nella società israeliana esiste una destra - composta da suoi ex compagni di partito e di avventura - ancora più ottusa e razzista di lui, Sharon diventa un uomo di pace.

Tutti si dichiarano uomini di pace: ma basta questo per credergli? Non rischiamo in questo modo di scambiare angeli per diavoli, di svalutare e ridicolizzare il concetto di pace?

Lo smantellamento delle colonie israeliane dalla striscia di Gaza, non basta a sdoganare Sharon ed il suo nuovo partito come promotori di pace. Perché? Per vari motivi che la propaganda nasconde.

Primo motivo: perché la striscia di Gaza rappresenta meno del 15 per cento dei territori palestinesi (occupati nella guerra del 1967) dai quali, secondo il diritto internazionale e gli accordi stipulati, Israele deve ritirarsi.

Secondo: lo smantellamento delle colonie non è un favore che la destra o la sinistra di Israele fanno ai palestinesi, ma un obbligo di fronte al diritto internazionale che definisce quelle colonie come illegali ed ostacolo per la pace. Anche le varie amministrazioni americane le hanno considerate tali.

Terzo: perché la stessa colonizzazione israeliana a Gaza fu un progetto fallimentare. I coloni erano appena settemila, malgrado tutti gli incentivi, pochissimi rispetto alla cifra di quasi mezzo milione di coloni in Cisgiordania e a Gerusalemme.

Quarto: le colonie a Gaza avevano un costo economico, militare e in vite umane, molto alto: come ha dichiarato lo stesso Sharon. Israele non poteva sostenerlo più a lungo.

Quinto: perché quelle colonie erano semplicemente un peso, del quale Israele voleva liberarsi. Ed aveva tentato di farlo con Sadat, già nel 1978, e lui aveva rifiutato.

Ultimo, perché a Gaza la situazione era davvero paradossale e assurda: 7mila coloni occupavano il 30 per cento del terrirotiro (e in più il 10 per cento come misura protettiva), e cioè quasi la metà di un territorio di 350 chilometri quadrati abitato da un milione e 250mila persone. Come se non bastasse, questi 7mila coloni (cioè poco più del 6 o del 7 per cento della popolazione di Gaza) utilizzavano l’82 per cento dell’acqua potabile.

Fin qui la questione-Gaza, della quale molto si è parlato - in modo superficiale e fazioso - quest’estate. Quanto alle ultime dichiarazioni di Sharon, e alla sua volontà di stabilire confini ufficiali e definitivi, queste dichiarazioni rappresentano un’altra operazione demagogica: Sharon dichiara contemporaneamente che allargherà le colonie già esistenti in Cisgiordania, e non accetterà nessuna trattativa sul futuro di Gerusalemme e sulla questione dei rifugiati.

Di pace-truffa abbiamo sentito spesso parlare, i palestinesi non sono passeggeri per caso in quella regione, e nessuno di noi è disponibile ad accettare questi condizioni.

Ormai, Israele parla esclusivamente con se stessa: anche il piano di ritiro da Gaza fu fatto su iniziativa unilaterale, e non escludo che anche eventuali ritiri futuri saranno fatti allo stesso modo, e ci troveremo di nuovo di fronte a campagne mediateche che inneggeranno al coraggio di Sharon e alla grandezza della democrazia in Israele, e cioè di quel sistema politico che è incapace di vedere ed ascoltare coloro che schiavizza da 60 anni.

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