G.P.
1 dicembre 2007
Fonte: www.ripensaremarx.it
Link: http://www.ripensaremarx.splinder.com/
Il solito servaggio giornalistico sta lanciando alti lai sui pericoli involutivi della democrazia in Russia, perché, a suo dire, nelle prossime elezioni legislative verrà sancita la vittoria plebiscitaria del partito "Russia Unita" ma sotto pesanti condizionamenti. E quali sarebbero questi condizionamenti? Posta così la questione è facile stimolare, nellopinione pubblica occidentale, lo spauracchio di minacce e di manganellate nei seggi elettorali o per le vie delle città. Ed invece, la colpa di Putin sarebbe quella di aver commissionato sondaggi su misura e di aver avviato una campagna battente in tutti gli angoli del paese. Insomma nulla di meno di quello che accade in ogni democrazia occidentale. E allora dovè il problema? Il fatto è che secondo gli osservatori indipendenti dellOsce la Russia è solo una simil-democrazia ed in una simil-democrazia questo modo di fare equivale ad un imperio. Tanto è bastato per farli desistere dai loro compiti, hanno cioè deciso che nessun esperto dellorganizzazione si recherà in Russia per monitorare le elezioni di domenica.
Dietro queste speciose affermazioni vi è, in realtà, la volontà americana di screditare la Russia e le sue istituzioni perché il potere appare saldamente nella mani di Putin e del suo partito "Russia Unita", entrambi forti di un vasto appoggio popolare. E tutto ciò non è affatto un bene per il governo Usa.
Il motivo di tanto accalorarsi non è certo il presunto tentativo di Putin di voler ripristinare una dittatura (anche queste vanno benissimo agli americani se si piegano al loro volere), ma quello di non riuscire più a tenere sotto controllo questo paese.
Eppure il nuovo zar di Russia si è permesso solo di ribadire al suo popolo un concetto semplice e lapalissiano: per continuare a crescere economicamente e per vivere in maniera dignitosa non bisogna far ritornare al potere coloro che hanno già tentato una volta di governare questo paese e che oggi vorrebbero cambiare i piani di sviluppo della Russia, invertendo il corso sostenuto dal nostro popolo e far tornare i tempi dellumiliazione, della dipendenza e della disintegrazione. Ovviamente queste dichiarazioni dindipendenza danno fastidio soprattutto a chi sperava di neutralizzare la Russia una volta per tutte.
Lex colosso sovietico, grazie alle politiche putiniane, è effettivamente fuoriuscito da unepoca di dissoluzione e di rapina capitalistica, imposta dalle potenze occidentali dalla fine della guerra fredda, nel 91-92, fino allaffacciarsi di Vladimir Putin nella vita politica russa, nel 1999.
La colpa imperdonabile del gigante dellest è stata quella di aver osato contrapporsi, per più di 70 anni, allunico ordine mondiale desiderabile, quello delle formazioni capitalistiche ad egemonia statunitense.
Durante il regno dellubriacone Elcin, la Russia era sprofondata nel caos più completo, ma allepoca il coro unanime degli analisti politici ed economici occidentali era concorde nellaffermare che si trattava del prezzo necessario da pagare per la virtuosa opera liberalizzatrice dei nuovi governanti, i quali stavano assolvendo al compito storico di traghettare il paese verso la modernità. Peccato che quegli uomini di rinnovamento venivano tutti, o quasi, dai vertici della nomenklatura sovietica e si trattava pure dello strato più corrotto del vecchio potere.
Ben presto divenne chiaro che la sana competizione capitalistica, da impiantare a dosi omeopatiche sulla società russa, era solo un paravento per scatenare gli animal spirits oligarchici e mafiosi autoctoni, subordinati a quelli più famelici del cosiddetto mondo libero. Ciò che si nascondeva dietro le ricette liberiste concordate tra nuovi poteri economico-finanziari russi ed organismi internazionali, come il FMI o la Banca Mondiale, era la svendita dei "gioielli nazionali" (imprese energetiche in primo luogo) ai poteri mafiosi cresciuti allombra della burocrazia socialista, i quali agivano in combutta con Washington. Ma il vero obiettivo degli americani era quello di portare il nuovo governo di Mosca a decretare lo smantellamento degli arsenali militari e nucleari, rinunciando, altresì, ad alcuni territori strategici che di lì a breve sarebbero entrati nellarea dinfluenza americana.
La penetrazione statunitense ed occidentale ad Est sancì la fine delleconomia statizzata senza che venissero attivati ammortizzatori economico-sociali adeguati a sostenere limpatto di questa adesione repentina ai meccanismi stritolativi del mercato globale. Ne seguì un grave sfilacciamento del tessuto connettivo (sociale, politico, economico) della Russia. In poco tempo tutto il paese si ritrovò in pieno medioevo. Questi piani hanno però subito una battuta darresto (speriamo lunga) grazie alle politiche putiniane di arginamento della corruzione interna che hanno costretto i poteri oligarchici e mafiosi ad abbandonare il paese. Oggi questi delinquenti trovano rifugio in molte nazioni europee dalle quali continuano a sferrare attacchi contro la Russia ricevendo lappoggio di tutta la stampa occidentale.
A causa del rinato slancio nazionalistico russo gli americani si sono visti costretti a cambiare strategia per ben due volte, dapprima tentando di integrare la Russia nei vari organismi internazionali attraverso i quali vengono irreggimentati i rapporti tra le nazioni nella direzione di un maggior predominio Usa, in seguito, quando hanno compreso che lex agente KGB non era così stolto da farsi irretire dai loro falsi discorsi imperiali, hanno puntato ad un accerchiamento militare e politico, inglobando nella propria sfera dinfluenza quei paesi che tradizionalmente avevano fatto parte della cintura protettiva sovietica. Le rivoluzioni colorate nelle ex-repubbliche del patto di Varsavia e il progetto di scudo spaziale hanno precisamente questo scopo, si tratta per gli Usa di affermare la propria influenza alle porte della Russia, al fine di impedirne i movimenti geostrategici. In ragione di ciò la creazione di un clima ideologico favorevole permette alla nazione predominante di agire con le mani più libere.
Oggi si è scelto un ex campione di scacchi per dimostrare quanto la democrazia in Russia sia malata. Peccato che nonostante il gran rumore sulle manifestazioni di Kasparov e del suo piccolo movimento Altra Russia, gli aderenti e i simpatizzanti non superino qualche centinaio di persone, troppo poco per parlare di persecuzione generalizzata. Kasparov fa costantemente la spola tra Washington e Mosca prima di "immolarsi" sullaltare della democrazia. Lultima volta, nonostante la sfilata del suo movimento fosse stata autorizzata per un percorso determinato, ha voluto mostrare i muscoli portando i suoi fin sotto i palazzi delle istituzioni. Di fronte a tale atto provocatorio gli Omon (la polizia russa) hanno reagito picchiando i manifestanti e arrestando Kasparov. La stampa europea e americana si è detta scandalizzata per tale modo di fare ma mi pare che anche da noi, se i cortei non seguono i tragitti concordati per motivi di ordine pubblico, si finisce con teste rotte ed arresti indiscriminati.
Quando Kasparov è uscito di prigione ha trovato una pletora di giornalisti, quasi tutti stranieri, ad aspettarlo. Volevano sentire dalle sue parole quanto fosse cattivo il potere russo. Lui ha obbedito rilasciando dichiarazioni di fuoco, arrivando persino a sostenere che la popolarità di Putin è solo apparente.
Il bravo Kasparov si è guadagnato la stima Washington e qualche altro biglietto aereo per gli Stati Uniti.