Prigionieri, come in una guerra

Diario di bordo dalla "Stefano Chiarini", Freedom Flotilla II

Vauro Senesi

Fonte: Il Manifesto
5 luglio 2011


Corfù, 4 luglio 2011. John Klusmire,il capitano della nave statunitense «Audacity of hope», è ancora in carcere. Nessun rappresentante dell'ambasciata americana lo ha incontrato, né chiesto di incontrarlo fino al momento in cui sto scrivendo. Pare inoltre che il trattamento a lui riservato da parte delle autorità carcerarie greche sia particolarmente duro; segno che questa nave dedicata ad Obama - dove su 52 persone in attesa di imbarco ben 30 sono cittadini Usa di religione ebraica, molti gli anziani tra di loro - viene realmente considerata alla stregua di un pericoloso covo di terroristi di Hamas. Alle 18 di ieri la nave canadese ancorata a Creta - cui il giorno prima era stata negata l'autorizzazione a prendere il largo alla volta di Rodi - è salpata, ma dopo 20 minuti è stata abbordata dalla guardia costiera greca e costretta a rientrare. Di fatto le navi della «Freedom flotilla» sono sequestrate a norma di un articolo del codice di navigazione greco applicabile solo in caso di guerra o di emergenza interna. Ed è proprio di fronte a una guerra che i pacifisti pervenuti qui da mezzo mondo si sono ritrovati. Non quella a largo delle coste di Gaza preannunciata dall'ammiraglio israeliano Eliezer Maron che si erano preparati ad affrontare in modo assolutamente pacifico, ma ad una guerra di logoramento fatta prima di ostacoli burocratici frapposti alla partenza, poi dichiarata ufficialmente con l'applicazione da parte greca di leggi emergenziali che sospendono il diritto internazionale ed europeo.

Che l'assedio israeliano alla Striscia di Gaza si sia esteso dal Mediterraneo mediorientale fino alle coste europee non è più solo una metafora, è un dato oggettivo. Gli attivisti della Flotilla si stanno mobilitando qui e nei loro paesi di provenienza, perché questo attentato alla libertà di circolazione di uomini e merci, del quale in Europa non si ricordano precedenti recenti, venga denunciato per la sua gravità. Finora al governo greco sono giunte solo le note di protesta di quello irlandese e di quello francese. Quest'ultimo ribadisce il suo disaccordo con la missione della «Freedom flotilla» ma chiede conto delle misure sproporzionate adottate per bloccarla.

Nel frattempo da Tel Aviv il ministro degli esteri Lieberman ringrazia ufficialmente i governi europei per la collaborazione gentilmente concessa a Israele. Un ringraziamento che dovrebbe suonare come una beffa alla dignità istituzionale di governi che si sono piegati alle pressioni e ai ricatti israeliani fino a sacrificare agli interessi di questi ultimi il diritto dei propri cittadini ed al Consiglio europeo tutto che ancora non è stato capace di far sentire la propria voce a fronte di tali violazioni.

Qui a Corfù c'è amarezza negli sguardi dei pacifisti. Alcuni si apprestano a partire, altri resteranno ancora perché, seppur al momento appare quasi impossibile che le navi riescano a salpare per raggiungere la meta che si erano prefissa, già si stanno preparando da parte del Coordinamento internazionale della Flotilla nuove iniziative per tenere alta l'attenzione sul dramma di Gaza sempre più isolata. E c'è davvero da auspicare che questa vicenda abbia perlomeno l'effetto di rendere chiaro agli occhi dell'opinione pubblica mondiale il livello di connivenze, complicità, sudditanze che rafforzano la convinzione di impunità sulla quale il governo israeliano conta per proseguire la sua politica di repressione cieca e violenta delle istanze di libertà della popolazione palestinese.

Chiudo con queste poche righe il mio «diario di bordo» che di bordo non è potuto essere ma certo non si chiudono le pagine di solidarietà attiva, di sostegno umano e di mobilitazione alla gente di Palestina, ché il vento del mare che la Freedom Flotilla 2 non ha finora potuto fendere le apra e le spalanchi ostinandosi a raccontare della pace possibile.

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