Basi militari

La battaglia contro le basi USA e NATO troverà una sponda nella regione Sardegna? Segnaliamo le prese di posizione del presidente della Regione Sardegna, Renato Soru, su cui riferisce un articolo- intervista del Manifesto

Soru: «No a oltranza alle servitù militari»

Intervista al presidente della regione Sardegna che, aprendo un nuovo capitolo nello scontro in atto contro le basi Usa nell'isola, annuncia «resistenza pacifica» ma dura. Il principale strumento sarà il comitato paritetico dove i rappresentanti dell'amministrazione, d'ora in poi, respingeranno qualunque richiesta, dalla data dell'esercitazione militare alla costruzione del reticolato

Costantino Cossu, Il Manifesto, 3 maggio 2005

«Nei prossimi mesi faremo resistenza pacifica per far sì che il governo riconosca l'iniquità del peso delle servitù militari in Sardegna». L'annuncio che contro le basi sarà linea dura Renato Soru, il presidente della giunta regionale, lo ha dato giovedì scorso, parlando ad un convegno in onore di Emilio Lussu, uno dei padri del movimento autonomista sardo. Si apre un nuovo capitolo nella vicenda che, dal momento dell'elezione di Soru, nel giugno scorso, contrappone il governo regionale alle autorità militari. E questa volta con un vero e proprio salto di qualità. Dalla spiegazione che Soru ora dà al Manifesto di quel primo accenno alla «resistenza pacifica» si capisce che la faccenda comincia a diventare molto seria. Sono due, infatti, gli sbocchi della decisione del presidente dell'esecutivo regionale: un vero e proprio scontro istituzionale tra presidenza del consiglio dei ministri e Regione e la messa in crisi del dispositivo militare Nato nel Mediterraneo.

Il principale strumento di «resistenza» sarà il comitato paritetico per le servitù militari, dove, insieme ai militari, siedono anche rappresentanti dell'amministrazione regionale e dei Comuni che cedono territori alle basi. Ogni decisione che riguarda le servitù, dal calendario delle esercitazioni sino alla costruzione di qualche metro di reticolato, viene discussa in quella sede. «D'ora in poi - dice Soru - i nostri rappresentanti nel comitato paritetico respingeranno qualsiasi richiesta arrivi dai militari». Casi di opposizione della Regione alle richieste dei generali ci sono stati anche in passato. Le novità ora sono due. La prima è che si passa dai «no» episodici ai «no» sistematici: si dirà sempre e comunque «no». La seconda è che anche nei livelli successivi a quello del comitato paritetico la Regione terrà lo stesso atteggiamento di rifiuto netto.

Esiste, infatti, una procedura, che va spiegata per capire le intenzioni di Soru. Se il comitato paritetico si oppone ad una richiesta dei militari (ad esempio tenere esercitazioni a Capo Teulada in un certo periodo dell'anno), il ministero della Difesa può, attraverso un decreto, rendere ugualmente operativa la richiesta, sulla base di «superiori esigenze di interesse nazionale». In questo caso, però, la Regione può opporsi al decreto del ministero, sollevando la questione in consiglio dei ministri. L'ultima parola spetta al consiglio dei ministri, in una riunione che viene convocata per discutere del contenzioso e alla quale partecipa anche il presidente della giunta regionale. Soru ora spiega che i suoi rappresentanti nel comitato paritetico diranno «no» a tutto, anche all'apertura di una finestra in una caserma, e che la giunta non accetterà i diktat della Difesa contro le decisioni del comitato. Si andrà al confronto istituzionale al livello più alto, quello del governo nazionale. «Faremo così - dice Soru - sino a quando non sarà riconosciuto alla Sardegna il diritto di discutere sulla presenza militare nel nostro territorio. Vogliamo che il peso delle servitù sia ridotto. Non è pensabile che la Sardegna abbia zone occupate da basi e da poligoni per un'estensione superiore a quella di tutte le altre regioni italiane messe insieme».

Insomma, l'obiettivo della giunta sarda è quello di aprire un negoziato con il governo per una drastica riduzione delle servitù militari. Soru quest'obiettivo lo ha messo nel programma elettorale della sua maggioranza (un centrosinistra aperto a Rifondazione e sostenuto anche dall'area dei movimenti) e da presidente ha sollecitato più volte un confronto con Roma. Da palazzo Chigi e dal ministero della Difesa non è mai arrivata una risposta. Per constringere Berlusconi al confronto, Soru usa ora lo strumento della «resistenza pacifica», l'arma dell'ostruzionismo, del «no» alle richieste delle autorità militari cui fanno capo le basi.

Che la «resistenza pacifica» sia tutt'altro che uno scherzo è dimostrato dalla reazione alle dichiarazioni di Soru del generale Angelo Lo Monaco, comandante militare della Sardegna. «L'esternazione di Soru - ha detto Lo Monaco - rischia di mettere in crisi l'organizzazione militare della Sardegna». Che non è una cosa da poco, perché «l'organizzazione militare della Sardegna» è un nodo cruciale dell'organizzazione militare della Nato nel Mediterraneo. Si capisce allora quanto sia alta la posta della partita aperta da Soru. Il confronto con il governo non toccherà, infatti, solo questioni di dimensione regionale. Se vengono ridimensionate o chiuse le basi di Capo Teulada e del Salto di Quirra, per il dispositivo Nato in tutta l'area del Mediterraneo si aprono problemi serissimi. Per non parlare della Maddalena, dove la Us Navy, sinora, ha potuto fare di tutto.

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