Chiedete scusa a Mara Carfagna

Piero Sansonetti

Liberazione,
10 luglio 2008


Il titolo che avete appena letto, e la prima parte di questo articolo, faranno inorridire alcuni dei nostri lettori. I quali, naturalmente, protesteranno. Ma non c'è niente di male nel dissenso tra un giornale e una parte dei lettori, direi anzi che è esattamente la caratteristica originale di «Liberazione», l'originalità che fa essere questo giornale diverso dagli altri, proprio perché è scritto e letto da persone che pensano con la propria testa, che sono libere, che non hanno pregiudizi e che amano confrontarsi e discutere anche animatamente, e avere pareri diversi. Domani pubblicheremo nella pagina delle Lettere i giudizi dei lettori che dissentono.

Tutta questa premessa per dirvi che sento di dovere esprimere solidarietà all'onorevole Mara Carfagna. Ho giudicato volgari, gratuiti e del tutto inaccettabili gli insulti che le sono stati rivolti dal palco di piazza Navona l'altra sera, e ho giudicato molto grave il fatto che gli organizzatori della manifestazione girotondina - molti dei quali: molti, certo non tutti - stimo e considero amici, i quali si sono scusati con Giorgio Napolitano per gli insulti di Beppe Grillo, non si siano sentiti in dovere di scusarsi in modo formale e pubblico con l'onorevole Carfagna.

Sabina Guzzanti - una attrice che altre volte a me è sembrata molto brava - ha pronunciato mercoledì sera a piazza Navona, testualmente, questa frase riferita a Mara Carfagna: «Ma tu non puoi mettere alle Pari Opportunità una che ti ha succhiato l'uccello». Non la trovo affatto divertente. Trovo che sia un modo un po' fascistoide di fare polemica. Un po' barbaro. Si prende per buona una intercettazione - che se c'è stata è illegale - anzi, non una intercettazione ma le voci su una intercettazione, quasi certamente false, e si usa questa roba per gettare fango e disprezzo su una persona della quale si sa pochissimo, e lo si fa usando i più triviali argomenti sessuali. Non riesco a trovare qualcosa di bello o almeno di accettabile in questo. Credo che Mara Carfagna possa essere criticata in modo severissimo per come sta facendo il ministro (e io la critico). E che si possa fare questo senza rotolarsi nelle pozzanghere e perdere la propria dignità.

Mercoledì sera sono andato a Piazza Navona. Mi ha colpito il contrasto che c'era tra la piazza e il palco. La piazza era composta quasi esclusivamente da persone di sinistra, più o meno tra i cinquanta e i sessant'anni, moltissimi ex Pci, o ex «manifesto», o ex Ds. Moltissimi sessantottini. Sul palco sentivo discorsi, alcuni anche belli - o comunque accettabili - altri fortemente reazionari (penso a quello di Di Pietro) ma comunque dignitosi. Altri ancora, fuori dalla civiltà (come quello citato di Sabina Guzzanti, ma anche, in gran parte, quello di Beppe Grillo, attore milionario anche simpatico, ma non capisco come possa fare la morale a nessuno, se si guadagna in un anno più dell'intero reparto presse della Fiat... Sarò pure un vecchio comunista a tre narici, ma resto convinto che guadagnare 5 milioni di euro all'anno sia un furto, come diceva Proudhon...).

Ci tengo a porre questa questione: la civiltà. Ho la netta sensazione che tutta la politica italiana sia sull'orlo di una vera e propria crisi di civiltà. Vengono messi in discussione i valori essenziali della libertà e della tolleranza che sono stati alla base della nostra civiltà politica, vengono calpestati, vilipesi, irrisi a tal punto da mettere davvero a rischio la sopravvivenza della politica. Le leggi anti-rom, le persecuzioni contro i rumeni e gli immigrati, l'omofobia - tutte cose delle quali la destra è principalmente responsabile, ma alle quali grandi fette del centrosinistra non sono estranee - rappresentano un aspetto di questa crisi; i fenomeni di intolleranza, giustizialismo, linciaggio morale, che si registrano in settori del centrosinistra e dei girotondi, non sono molti diversi: fanno parte della stessa crisi. Con questo voglio dire che a me sembra che la natura vera dell'emergenza nella quale stiamo vivendo non sia il «rischio-democrazia» ma il «rischio-civiltà». E il rischio civiltà comporta l'estinzione della politica, perché la politica può realizzarsi compiutamente solo in presenza di una condizione di civiltà e di affermazione dei valori essenziali della convivenza, della comunità, della collettività.

Come si affronta una situazione così grave? E quanto pesa in questa crisi la scomparsa della sinistra dal Parlamento (e in gran parte anche dalle piazze e dagli altri luoghi della politica?).

Rispondo prima alla seconda domanda. Credo che la scomparsa della sinistra pesi moltissimo, che abbia provocato degli effetti a catena di spostamento del senso comune e della società politica verso posizioni reazionarie di vario genere. Penso che per affrontare questa emergenza occorra un grande sforzo comune e una grande alleanza, che metta insieme le forze di sinistra, quelle cristiane e quelle liberali interessate alla sconfitta del populismo, del peronismo e di tutti i loro effetti (forcaioli, maschilisti, classisti, razzisti, antifemministi, autoritari eccetera...). Non credo che noi si possa lavorare concretamente alla ricostruzione e rifondazione della sinistra, e al suo ritorno in scena, se non lavoriamo contemporaneamente, e anche d'intesa con altre forze, alla ricostruzione della comunità politica e dei suoi principi fondamentali. Non possiamo credere che il tema della riforma della politica sia semplicemente quello che riguarda le leggi elettorali. Se crediamo questo, siamo perduti, siamo in mano a quelli - da Confindustria, a settori vastissimi sia del centrodestra che del centrosinistra - che vogliono abolire la politica, le sue ricchezze, la sua cultura, le sue capacità di promuovere e usare i conflitti. La riforma della politica vuol dire riaffermare una idea di Stato, di bene comune, di legalità, di tolleranza, di solidarietà, di libertà, di diritto e di diritti, di lotta e di conflitto, che oggi è travolta dall'invasione del campo politico da parte del potere industriale e finanziario, di quello ecclesiastico e della famosa «casta».

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