Marco Sacchi

23 luglio 2012


Siria: un film che si ripete

Quello che sta accadendo in Siria è un film che già in precedenza si è ripetuto. Pensiamo alla guerra di aggressione contro la Repubblica Federale Jugoslava. Quell'aggressione fu preceduta da una campagna mediatica di propaganda mirata a ottenere il consenso dell'opinione pubblica internazionale prefabbricando "il mostro". Non possiamo scordarci della demonizzazione (a destra come a sinistra) di Milosevic. Fu in sostanza un autentico bombardamento "etico" per dirla con Preve.

Bisogna ricordarsi che fino al 1998 l'UCK era nella lista nera del Dipartimento di Stato americano, definita organizzazione terrorista. Era uscita allo scoperto attaccando alcuni campi di profughi fuggiti dalle guerre di Bosnia e Krajina nel febbraio 1996. Da quel momento fu un crescendo di attacchi contro militari, poliziotti e civili serbi, oltre che contro gli albanesi non allineati. Questi attacchi avevano il chiaro scopo di provocare una massiccia rappresaglia serba.

Il direttore della task-force del Congresso americano su terrorismo e guerra non convenzionale, nel suo saggio Some Call it Peace rivelava, infatti, che il conflitto in Kossovo era una diretta estensione di quello in Bosnia, un piano concepito nel 1993 da Sarajevo e dai suoi alleati per lanciare una rivolta armata contro Belgrado dalle basi albanesi.

In giugno i sauditi donarono un milione di dollari per costruire un campo per profughi mussulmani bosniaci, un campo che il governo di Sarajevo usò per infiltrare in Kossovo la guerriglia. Nel 1993 inoltre il governo di Sarajevo aveva ricostituito la divisione Handzar, che era pervasa da una cultura fascista degna della vecchia SS Handzar Division. La maggioranza dei combattenti di quest'unità non era composta da bosniaci, ma c'erano veterani afgani e pachistani e registrava una forte componente albanese.

L'UCK, il cosi detto Esercito per la liberazione del Kossovo, si autofinanziava fin dalla sua genesi con le riserve della diaspora e con i proventi dei traffici di eroina, con un circuito che ha quasi eguagliato per importanza quello della mafia turca che ha utilizzato la rotta dei Balcani per inondare di droga l'Occidente.

Carla Del Ponte, l'ex procuratore capo del Tribunale Penale Internazionale sull'ex Jugoslavia, nel suo libro La Caccia per la cui stesura si era avvalsa di un team di giornalisti investigativi, aveva rivelato che centinaia di giovani serbi erano stati rapiti e trasportati nel nord dell'Albania per l'espianto di organi e successivamente erano stati uccisi. Inoltre, l'UCK era sospettata di essere collegata direttamente con al Qaeda. Lo aveva rivelato in un intervista rilasciata al britannico Sunday Times Fatos, il capo dei servizi segreti albanesi secondo il quale Osama bin Laden aveva creato una rete di sostegno ai guerriglieri separatisti proprio in Albania. Secondo il Washington Times la sinergia fra i due gruppi si era materializzata nel campo base di Tropoje, un villaggio sulle montagne del nord dell'Albania.

In Kossovo era in atto una guerra civile (perché, come si diceva prima, molte vittime degli attacchi dell'UCK erano albanesi considerati "collaborazionisti") e non uno sterminio di massa definito inizialmente genocidio in una strumentale enfatizzazione propagandistico mediatica mirante a legittimare l'aggressione imperialista. I serbi reagivano agli attacchi contro i propri militari e poliziotti.

Va ricordato che le masse di profughi che scappavano dal Kossovo ci furono solo dopo l'inizio dei bombardamenti NATO. La stampa internazionale lo ha riconosciuto, ma a posteriori.

Teniamo conto che guerriglieri dell'UCK erano addestrati dalla CIA. Campagna mediatica di disinformazione e intossicazione dell'opinione pubblica, armamento degli oppositori, e poi l'aggressione militare, le stesse dinamiche che si ripeterono con l'Afganistan, l'Iraq e con la Libia.

La guerra con la Libia sarà probabilmente ricordata come la più perfetta opera di allineamento interno, da parte della borghesia italiana, dal fascismo in poi; nulla o poco più di nulla si è mosso per opporvisi, soprattutto se confrontato con le mobilitazioni in passato rispetto alle aggressioni imperialiste contro la Jugoslavia e contro l'Iraq: giornalisti, opinionisti e intellettuali borghesi si sono scatenati per propagandare la giustezza della guerra, unendosi al coro internazionale, guidato dai monopolisti dell'informazione mondiale, che decantava le lodi dei ribelli e diffondeva menzogne sui governativi.

Il PD si è dimostrato il partito guerrafondaio, spronato da un bellicoso Napolitano, l'ex PCI diventato un punto di riferimento dei circoli imperialisti in Italia per quanto riguarda la guerra esterna, contro i popoli, e anche per quella interna, in altre parole il macello sociale antiproletario per conto del padronato e dell'alta finanza.

Per quanto riguarda i pacifisti c'è da piangere. Un tempo seminatori di illusioni sulla pace nell'epoca dell'imperialismo, oggi accettano la pace dell'imperialismo, cioè quella dei bombardieri e dei cimiteri. Propongo di chiamarli d'ora in poi pacifinti.

La guerra di Libia ha segnato il de profundis anche per quanto riguarda l'estrema sinistra. Trotzkisti, anarchici, intellettuali della sinistra "antagonista", presunti antimperialisti non si sono sottratti alla mascherata dell'appoggio alla "rivoluzione libica", magari, con una ridicola ipocrisia a secondo dei casi, prendendo le distanze dall'intervento NATO.

Per concludere e saper trarre delle conclusioni e cercare di arrivare a una sintesi, su tutti questi avvenimenti ritengo necessario riappropriarsi della concezione del mondo del proletariato, quella del materialismo dialettico. Dotarsi di una chiave di lettura che permette di comprendere ciò che succede.

Il contesto in cui si sono sviluppate sia le rivolte del mondo arabo, l'aggressione contro la Libia (e quelle minacciate e in corso contro la Siria e l'Iran) è quello della crisi generale del modo di produzione capitalista. Una crisi che nei decenni ha avuto dei picchi sempre più elevati. Scoppiato alla fine del 2006 il picco della crisi dei subprime, la borghesia sa molto bene che il sistema è sull'orlo di un picco più grave di quello precedente.

Nella crisi si acuiscono tutte le contraddizioni e gli aspetti delle singole contraddizioni che caratterizzano la nostra epoca e ne determinano il divenire:

la contraddizione tra potenze imperialiste e nazioni oppresse;
la contraddizione interimperialista;
la contraddizione tra capitale e lavoro.

Con l'aggressione alla Libia, alla Siria, all'Iran, la contraddizione tra potenze imperialiste e nazioni oppresse si conferma ancora come quella principale. L'acutizzarsi della crisi ha portato l'imperialismo, soprattutto quello europeo, in una fase di ridefinizione dei rapporti tra le potenze a livello economico e alla necessità di cercare nuove fonti di guadagno.

I comunisti devono sviluppare perciò un'opposizione radicale alla guerra imperialista e a ogni forma di interventismo imperialista in Medio Oriente e nel Nord Africa. Sostenere i popoli in rivolta contro i governi filoimperialisti ed essere a fianco delle resistenze antimperialiste dal Medio Oriente all'Afghanistan. Ma soprattutto qui in Italia lottare contro i governi della miseria e della guerra.

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