Un numero crescente di giovani rifiuta le guerre del Pentagono

I reclutatori scacciati da molte scuole

John Catalinotto

Workers World, 30 marzo 2005

La resistenza passiva dei giovani contro l'occupazione dell'Iraq sta portando i reclutatori dell'esercito a impreviste dimissioni, depressione e pensieri suicidi. Non solo, ma la resistenza attiva sta crescendo a tutti i livelli, dai presidî ai centri di reclutamento al rifiuto dei soldati di partire per l'Iraq. I militari che hanno rifiutato per scelta individuale l'obbedienza stanno diventando i modelli da seguire e i portavoce di molti altri. Il Pentagono si trova di fronte a un serio dilemma: rinunciare all'offensiva globale di Washington o prendere in considerazione la reintroduzione dell'obbligo militare, l'odiatissima leva. Un passo di questo genere viene visto con apprensione, perchè la leva potrebbe essere un fattore di politicizzazione per milioni di giovani. Un movimento di lotta contro la reintroduzione della leva si sta già sviluppando, con iniziative il 31 marzo e una conferenza prevista per il 16 aprile.

L'eco di questa crescita delle lotte è già arrivata sui media dopo le manifestazioni che il 19 marzo hanno segnato il secondo anniversario dell'invasione dell'Iraq. Le cronache da Fayetteville, North Carolina, riferiscono di 20 soldati in srvizio attivo che hanno preso parte alla manifestazione del 19 (GI Special, 25 marzo). Giorno dopo giorno la resistenza incomincia a coinvolgere nuovi strati della popolazione. Il punto più alto riguarda il reclutamento dei militari. "Una merce difficile da piazzare costa assai cara ai reclutatori delle forze armate", questo il titolo di un articolo del 27 marzo sul New York Times.

Si sa che i reclutatori, per raggiungere gli obiettivi prefissati, sono specialisti nell'esagerare i vantaggi e le oppurtunità che si aprirebbero a chi si arruola. Ma adesso, insensibili a qualsiasi promessa, i giovani e le loro famiglie dicono NO. Schiacciati tra questa ostilità e gli ordini del Pentagono di adescare i giovani, i reclutatori sono, come scrive l'articolo, "sull'orlo di una crisi di nervi".

Un sergente di carriera ed ex paracadutista di nome Latrail Hayes ha scoperto l'anno scorso che un cugino che aveva spinto ad arruolarsi era ritornato dall'Iraq con traumi psichici. In giugno Hayes, nel tentativo di uscire dal ruolo di reclutatore, aveva chiesto lo status di obiettore di coscienza, che gli è stato però rifiutato. Adesso pensa di cessare l'attività in dicembre, dopo 10 anni, invece dei venti previsti. Un altro reclutatore ha riferito al giornalista del Times che le pressioni dei superiori per raggiungere gli obiettivi prefissati durante la guerra in Iraq gli hanno provocato dolori brucianti alla schiena e problemi allo stomaco e che aveva pensato di suicidarsi. Nonostante gli inviti dei militari a non parlare col giornalista del Times, 10 reclutatori hanno accettato di parlare e sono pochi quelli schierati a difesa dei militari. Stando a un articolo del 24 marzo sul Washington Post, l'esercito non ha raggiunto gli obiettivi prefissati in febbraio e non li raggiungerà neanche in marzo e aprile e anche il corpo dei Marines ha mancato gli obiettivi in gennaio e febbraio.

Gli sforzi già vani dei reclutatori sono ulteriormente complicati dalle attività antireclutamento degli studenti. Ai primi di marzo gli studenti dello State College di San Francisco hanno scacciato i reclutatori dall'università. Il 5 marzo al City College di New York la presidenza ha chiesto l'intervento di vigilantes e poliziotti per caricare gli studenti in lotta che lanciavano slogans davanti all'ufficio di reclutamento.

Le pressioni economiche

Il reclutamento militare fa assegnamento sull'assenza di occupazioni degne di questo nome nel settore civile. Gli attivisti del movimento contro la guerra spiegano che l'"esercito di volontari" si basa su questa pressione economica, promettendo lavoro e istruzione a giovani che altrimenti andrebbero incontro a un misero futuro. Il sergente Carl Webb è entrato nella Riserva a 16 anni, nel 1981, per uscire da una situazione disperata. Pur avendo militato contro la guerra fin dagli anni '80, nell'agosto del 2001 è entrato nella Guardia Nazionale del Texas. "L'idealismo - ha detto - non serviva a pagare l'affitto. All'epoca pensavo che sarebbe stata un'attività relativamente pacifica e così ho colto l'occasione vendendo l'anima al diavolo. Mi sono reso conto ben presto che la scelta dei tempi era stata pessima". Nell'agosto 2004, quando gli mancava solo un fine settimana di esercitazione per terminare il servizio, Webb fu chiamato da un sergente che alla unità medica della Guardia nazionale del Texas gli diede la brutta notizia: "Mi disse che dovevo andare in Iraq. Ero stato richiamato e assegnato a una diversa unità che stava partendo per l'Iraq". A questo punto Webb si è fatto i conti. La possibilità di riparare all'estero l'ha scartata. La domanda di riconoscimento dello stato di obiettore di coscienza sapeva che sarebbe stata inutile perchè si era detto "disposto a combattere una guerra di liberazione, come per esempio la guerra dell'Unione contro la Confederazione". La scelta è stata quella di resistere e mettersi a girare per il paese per parlare contro la guerra e invitare altri soldati a "seguire il suo esempio e resistere con tutti i mezzi all'invio in Iraq".

Il sottufficiale di terza classe Pablo Paredes si trova in una situazione simile a quella di Webb ma sta in un carcere militare. Il 6 dicembre scorso Paredes ha rifiutato di imbarcarsi per l'Iraq da San Diego. Era in attesa di decisione sulla sua domanda di obiezione di coscienza. Ora dovrà affrontare la corte marziale. Figlio di immigrati dall'America latina, Paredes è cresciuto nel Bronx e ammette - come ha detto il 28 marzo nella trasmissione radio "Democracy Now" di "essere stato completamente all'oscuro degli avvenimenti internazionali. Per me la marina significava un lavoro fisso per aver soldi per studiare e avere la fomazione necessaria a lavorare nell'elettronica. Non avrei mai pensato di essere coinvolto nell'occupazione di un paese".

"Ho preso partito per l'umanità".

La marina lo mandò in Giappone e lì ebbe modo di informarsi sulla politica internazionale e il ruolo dei militari USA. "Come iberoamericano mi sono interessato al ruolo degli USA nell'America latina e ho incominciato a sentire il bisogno di prendere partito per l'umanità". Adesso Paredes parla pubblicamente, quando può, contro la guerra e l'occupazione.

Il soldato scelto Jeremy Hinzman ha scelto un'altra delle opzioni possibili ai militari resistenti. Quando la sua unità paracadutisti di Fort Bragg ricevette l'ordine di partenza per l'Iraq, Hinzman partì per il Canada. Il 24 marzo l'Immigration and Refugee Board del Canada ha respinto la sua richiesta, in cui sostiene che la guerra in Iraq è illegale e se vi prendesse parte sarebbe un criminale di guerra. Il decreto delle autorità canadesi non giunge inaspettato, come ha detto l'avvocato di Hinz, Jeffrey House, ma è comunque deludente. Secondo House ci sarebbero almeno 100 soldati USA fuggiti in Canada che aspettavano la decisione delle autorità prima di farsi avanti. Hinzman farà appello contro il decreto.

Un altro dei resistenti militari, il sergente Camilo Mejía, è uscito di prigione in febbraio dopo aver scontato nove mesi per il rifiuto di ritornare in Iraq da una licenza dopo cinque mesi di servizio in quel paese. Come Webb e Paredes, Mejía parla in pubblico e sui media della sua decisione di rifiutare di prestare servizio in Iraq. Mejía dice di aver sempre ritenuto sbagliata la guerra. "Ritenevo profondamente sbagliata la guerra, ma non volevo prendere posizione perchè avevo paura e non volevo affrontare una corte marziale, non volevo andare in prigione e come capo squadra in una unità di fanteria non volevo che i miei amici pensassero che fossi un codardo o un traditore. Ma quando stai in Iraq stai in una situazione di grande pericolo e l'istinto di sopravvivenza si fa sentire e la sola cosa che desideri è di uscirne, uscirne vivo con i tuoi compagni" ("Democracy Now!", 28 marzo). Adesso che ha scontato la pena e non ha più obblighi di servizio, Mejía è andato a raggiungere Webb, Paredes e Hinzman come oratore e attivista contro l'occupazione dell'Iraq.

Chi resiste deve avere il massimo appoggio

Workers World ha parlato delle prospettive di tutti questi livelli di resistenza con Andy Stapp, il fondatore della American Servicemen's Union, l'associazione dei militari americani che si è battuta contro la guerra negli anni della guerra contro il Vietnam, ed è stato uno dei principali organizzatori dei militari in quel periodo. "Credo che Carl Webb stia facendo un lavoro veramente impressionante. E con lui Mejíia, Paredes e Hinzman. Bisogna che tutto il movimento li appoggi. Lo stesso tipo di resistenza si manifestò nel corso della guerra del Vietnam quando i ragazzi rifiutavano di salire sugli aeroplani. Resistenza alla leva, manifestazioni, fuga in Canada, rifiuto del servizio in Vietnam o in patria. In certi casi si arrivò ad attaccare gli ufficiali o a fare scioperi e manifestazioni per far dimettere i comandanti . Alcuni erano di leva, altri volontari. Molti erano Marines. Alcuni sulle prime pensavano che la guerra fosse giusta, ma poi in Vietnam compresero la verità. Ho letto nei giornali oggi - ci ha detto Stapp - che il governo va millantando che il 60 per cento dei soldati è favorevole alla guerra. Ciò vorrebbe dire che il 40 per cento è disposto a dire che è contrario. Non è una gran bella notizia per il Pentagono".

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