Hegel e Stalin

Lettera

Cari compagni, ho una osservazione in merito all’articolo di Alessandro Dubla, sul numero di Agosto 2002 di Aginform, dal titolo "scheletri e armadi".

In quell’articolo il compagno Dubla, che leggo sempre a causa della grande acutezza di analisi dei suoi scritti e della indiscutibile capacità a cogliere l’essenza delle questioni, propone come esempio di critica costruttiva a Stalin (in antitesi alle critiche distruttive di Krusciov) quella, famosa, di Togliatti su "Nuovi Argomenti", in cui Togliatti individua come "errore di Stalin" (il senso è questo, visto il contesto dell’intervista, ma mi sembra che Togliatti indirizzi la critica a tutto il gruppo dirigente dell’URSS, proprio come fa Dubla dopo commentando il discorso Togliattiano), dicevo individua come "errore", il fatto di basare la costruzione del socialismo sulla capacità di mobilitazione del partito senza preoccuparsi di normalizzare quella costruzione, rendendola, almeno in parte, meccanismo funzionante automaticamente senza intervento politico.

Ora, la mia osservazione è la seguente. Ma prima una premessa sul concetto di "errore".

Il fatto di criminalizzare qualcuno che ha ricoperto ruoli di responsabilità (magari mentre il suo paese subisce una guerra di sterminio) solo perchè ha commesso degli "errori" (è quello che fece Krushov) è in conflitto non solo con Marx, ma addirittura con Hegel. Nelle prime pagine de "la Fenomenologia dello Spirito" Hegel mostra infatti come "il falso è un momento del vero" e che "l’errore consiste precisamente nel tentativo di non sbagliare" (la citazione non è testuale, è una mia elaborazione). Ma in definitiva, Hegel costruisce l’intera opera in modo conforme alla dialettica stessa. Ciò che "è vero" a pag 40, ad esempio, non è più vero a pag 50 (essendo stato "superato"). Questa premessa mi sembra doverosa nello sforzo di analisi storica del famigerato XX congresso del PCUS e della susseguente forsennata ricerca di "errori".

La mia osservazione riguarda la questione di merito se ciò che afferma Togliatti è 1) da considerarsi un "errore", 2) se comunque questo "errore" sia da imputare a Stalin, anche solo a titolo di "correità", come comunque Togliatti e Dubla entrambi mi sembra precisino.

A me sembra che la risposta sia NO in entrambi in casi. Per quanto riguarda 1), ciò che afferma Togliatti, per quanto sacrosanto, nel senso che certamente esisteva la necessità di "normalizzare" il socialismo nel senso di scollegarlo in parte dall’iniziativa politica, non configura però un "errore" compiuto da qualcuno, a meno che Togliatti non indichi il momento esatto in cui questa "normalizzazione" sarebbe a suo giudizio dovuta avvenire (cosa che non fa). In ogni caso, ammesso che questa normalizzazione avrebbe dovuto aver luogo al tempo di Stalin (diciamo, nel quinquennio 1948-1953, ancora prima mi sembra una pretesa decisamente assurda) a maggior ragione l’"errore" della mancata normalizzazione sarebbe ancora più grave al tempo di Krusciov.

Per quanto riguarda 2), in ogni caso, ammettendo pure l’esistenza dell’"errore", è difficile considerarlo veramente tale visto che, come mi appresto a mostrare, LO STESSO STALIN si era accorto di questo "errore".... Infatti nel libro del 1952 "questioni economiche del socialismo in URSS", Stalin dà una esemplificazione di ciò che è "legge di natura", necessaria, oggettiva, di come questa abbia bisogno di un intervento "soggettivo" per risultare utile e di come l’intervento soggettivo abbia a sua volta bisogno della CONOSCENZA preliminare della legge stessa per potere agire. L’esempio e` quello delle leggi dell’idraulica, che sono quelle che sono, immodificabili e necessarie, ma che devono essere conosciute prima di, ad esempio, costruire una diga. Questo esempio serve a Stalin per stabilire una analogia col Socialismo. La "soggettività" è quella delle masse, la loro volontà di costruire il socialismo, o meglio di costruire il proprio benessere tramite il socialismo. Le leggi oggettive sono quelle intrinseche del socialismo stesso, che dovrebbero essere prima conosciute (allo stesso modo con cui si conoscono, tramite Marx, le leggi del capitalismo) per poi essere usate allo scopo di finalizzare il socialismo all’utilità delle masse. Quello che Stalin fa notare è che queste "leggi" del socialismo, non erano ancora completamente conosciute e che occorreva indirizzare degli sforzi in quel senso.

Il discorso di Togliatti a me sembra essenzialmente lo stesso di Stalin nel ’52. Che cosa vuol dire infatti la normalizzazione del socialismo, la determinazione di automatismi, se non esattamente quello che segnala Stalin nel suo libro? La determinazione di un "automatismo" che renda in parte superflua la direzione politica diretta non e` la stessa cosa della determinazione di una "legge del socialismo" ?

Se è così, allora a Stalin non può essere imputato come "errore" qualcosa di cui lui stesso si era accorto.

Mi piacerebbe leggere un commento del compagno Dubla riguardo a ciò. La mia intenzione non è quella di fare l’apologia di Stalin, ma se proprio si deve imputare qualche errore a Stalin, che perlomeno lo si scelga bene...

Cari saluti a tutti i compagni di Aginform.

Italo

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