La sete d'acqua della Cisgiordania

 

Fareed Taamallah

9 giugno 2006 (versione elettronica di The Nation)
http://www.thenation.com/doc/20060626/taamallah


 

Durante la visita a Washington del Primo Ministro israeliano Ehud Olmert, il Presidente Bush ha definito "audace" il programma di "convergenza" di Olmert. Per i palestinesi però esso è disastroso, perché annetterà ad Israele molta terra arabile e molta acqua della Cisgiordania.  

Secondo il programma di Olmert, Israele mira a mantenere le due grandi falde acquifere della Cisgiordania: il bacino del basso Fiume Giordano a est, e la falda acquifera montana orientale, intrappolati dietro il muro d'Israele a ovest. Questo costringerà i palestinesi a dipendere per l'acqua da Israele e manterrà lo status quo, cioè una divisione delle risorse idriche drammaticamente ingiusta.  

Un esempio di questa divisione immensamente iniqua delle risorse idriche si trova nel mio villaggio della Cisgiordania, Qira. Ogni estate la ditta israeliana che fornisce l'acqua al nostro villaggio e che fornisce all'incirca il 53% del totale rifornimento idrico per uso domestico ai palestinesi ci taglia l'acqua, generando così una crisi. L'anno scorso Qira, un villaggio di 1.000 abitanti, non ha avuto acqua per più di tre settimane di fila, nonostante la calura estiva.  

Le riduzioni nei rifornimenti idrici e i tagli del servizio costringono gli abitanti a trovare fonti d'acqua alternative. Durante l'inverno raccogliamo l'acqua piovana in cisterne, ma entro l'inizio dell'estate le cisterne, sfortunatamente, sono già a secco. Le comunità palestinesi sono così obbligate ad acquistare l'acqua da autocisterne costose e poco igieniche. Un'alta percentuale dei bambini d'Qira soffre di problemi renali che si ritiene siano correlati al consumo di acqua stagnante. Mia figlia di otto anni ha dovuto essere sottoposta a un trapianto di rene.  

Oltre la strada principale che porta fuori da Qira, all'interno del territorio cisgiordano, si trova l'insediamento israeliano di Ariel, dove l'acqua viene fornita per l'irrigazione dei giardini, per pulire le macchine e per riempire le piscine. L'acqua ad Ariel e ad altri insediamenti israeliani non viene mai tagliata. Ironicamente, ci sentiamo fortunati perché noi possiamo guardare verso le belle case degli insediamenti con i loro verdi e rigogliosi giardini, mentre i coloni israeliani vedono la scena tetra della nostra povera, riarsa comunità.  

Il Gruppo Idrologico Palestinese (Palestine Hydrology Group – PHG), organizzazione non governativa, fa sapere che ci sono 0,75 miliardi di metri cubi di potenziale d'acqua sotterranea nella Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Ai palestinesi, però, sono allocati solamente 0,25 miliardi di metri cubi di quell'acqua.  

L'Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization – WHO) raccomanda il consumo di 100 litri d'acqua per persona al giorno come quantità minima di consumo base, ma molti villaggi palestinesi della Cisgiordania hanno accesso ad una quantità considerevolmente inferiore. Secondo l'organizzazione israeliana per i diritti umani B'Tselem, il consumo pro capite per i palestinesi della Cisgiordania è di soli settanta litri per persona al giorno. Nel vicino villaggio di Kafr Ad-Dik, per esempio, il consumo è di soli ventuno litri per persona al giorno. L'uso pro capite di Israele raggiunge invece i 350 litri al giorno.  

L'Accordo di Oslo II, firmato nel settembre del 1995, stipulò "l'utilizzo equo delle risorse idriche congiunte da implementare in tutto il periodo d'interim e anche oltre". Ma, in realtà, non è mai successo nulla di tutto questo. Invece, sempre secondo B'Tselem, a suo tempo fu fondata una commissione congiunta per l'acqua (Joint Water Committee – JWC) per approvare ogni "nuovo progetto idrico e di fognatura nella Cisgiordania. La JWC è composta da un ugual numero di rappresentanti di Israele e dell'Autorità Palestinese. Tutte le sue decisioni sono prese attraverso il consenso, e non è stato stabilito un meccanismo per risolvere le dispute nel caso in cui non si arrivi ad un consenso. Questo modo di prendere le decisioni significa che Israele ha la facoltà di porre il veto su qualsiasi richiesta dei rappresentanti palestinesi per trivellare un nuovo pozzo per ottenere le aggiunte stipulate nell'accordo."  

Inoltre, se un pozzo approvato dalla JWC è situato nell'Area C palestinese, che si trova sotto il controllo totale d'Israele secondo Oslo, l'Amministrazione Civile israeliana dovrebbe anche approvare il progetto e rilasciare un permesso per trivellare un pozzo. Tutto questo comporta un processo burocratico lungo e complicato, e la vasta maggioranza delle domande presentate viene respinta.  

L'assunto israeliano è che i palestinesi hanno solo una necessità d'acqua minima – inferiore alla quantità minima raccomandata dal WHO, e certamente non più di una frazione dei bisogni israeliani. Però i palestinesi, come gli israeliani, hanno bisogno di acqua a sufficienza per bere e per lavarsi, per sviluppare l'industria e l'agricoltura, e per costruire un Paese moderno. Finché non succederà questo, i miei concittadini del villaggio rimarranno con gli occhi fissi sul contatore della cisterna dell'acqua.  

L'annessione programmata delle falde acquifere della Cisgiordania perpetuerà gli alti livelli di consumo idrico israeliani, negando al contempo i bisogni essenziali dei palestinesi, spegnendo così qualsiasi speranza di uno Stato palestinese autosufficiente e qualsiasi speranza di pace.

Fareed Taamallah è attivista per la pace, lavora come coordinatore della Commissione Centrale Elettorale Palestinese per il distretto di Salfit nella Cisgiordania.

Tradotto dall'inglese in italiano da Mary Rizzo e revisionato da Manno Mauro, membri di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica (www.tlaxcala.es).

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