La disinformazione nei mezzi di comunicazione di massa e la natura della Resistenza irachena.

di Ghali Hassan, università di Perth, Australia, tradotto da Natalia Litvina per il Comitato di Solidarietà con la Causa Araba (CSCA) di Madrid. Fonte: www.rebelion.org dell'8 giugno. Traduzione italiana di Adelina Bottero e Luciano Salza per www.resistenze.org. Ripreso anche da Uruknet del 15 giugno

Continua instancabile il flusso di notizie, ipotesi e disinformazione sulla natura della Resistenza Irachena contro l'occupazione. Quanto di tutto ciò è propaganda contro la Resistenza?

Secondo i mezzi di comunicazione di massa ed alcuni altri alternativi, in Iraq gli USA stanno “costruendo democrazia” e lottando contro il “terrorismo”. La distorsione della realtà e l’assenza di mezzi di comunicazione d’opposizione mantengono la gente, in Occidente e tangibilmente negli USA, molto male informata. I mass-media occidentali deviano diligentemente l'attenzione pubblica dall'occupazione illegale dell'Iraq e dalla responsabilità dei governi occidentali e degli USA sugli orrendi crimini commessi contro il popolo dell'Iraq.

I giornalisti occidentali e gli intellettuali di regime sono i principali agenti di questa propaganda manipolata. Ritraggono la resistenza irachena come una banda di “fanatici religiosi”, isolati dal resto della popolazione, con l’obiettivo di esprimersi per la continuazione dell'occupazione. Al contrario, la maggior parte della gente in tutto il mondo è tradizionalmente propensa ad appoggiare i movimenti di resistenza per la liberazione nazionale. In altre parole, il ritrarre il movimento nazionale di resistenza irachena come una collezione di “fanatici religiosi” e combattenti “stranieri” che “non hanno nulla da perdere” è la forma utilizzata dall’Occupazione per screditare la Resistenza irachena e negare così al popolo iracheno il legittimo diritto di lottare per la propria libertà e sovranità nazionale.

E’ ampiamente documentato: i pretesti per la guerra e l'occupazione erano basati su informazioni false. Per questo motivo gli USA ed i loro “alleati” si trovano nella condizione, attraverso la disinformazione da parte dei media, di dover non solo legittimare l'occupazione, ma anche creare nuove false ragioni per il mantenimento di una presenza militare continuata degli USA.

Il pretesto più ricorrente nei mezzi d’informazione è che le forze USA sono state invitate a rimanere in Iraq per prevenire la guerra civile e “mantenere la stabilità”. Ma, come per le armi di distruzione di massa, non esiste evidenza alcuna che avvalori tali menzogne diffuse dagli USA.

In Iraq esiste una struttura di governo disegnata dagli USA, dove nessuno dispone di una maggioranza che gli permetta effettivamente di governare. Il “governo”, installato dagli USA, non ha alcuna forza ed è retto dagli stessi gruppi di esiliati che fecero pressione per l'invasione ed occupazione dell'Iraq. Gli USA stanno aizzando gli iracheni tra di loro, creando un clima di paura. A questo proposito, la creazione, il finanziamento e l’armamento di “milizie etniche” e squadroni della morte da parte degli USA, sono pensati per creare divisioni etniche e provocare violenza settaria tra gli iracheni.

Le milizie finanziate dagli USA sono:

- i peshmerga ( “quelli che affrontano la morte”) curdi, i cui leader appoggiarono l’invasione e l’occupazione dell’Iraq.
- Le brigate Badr, addestrate in Iran, braccio armato del Consiglio Supremo della Rivoluzione Islamica in Iraq (CSRII), capeggiato da Ibrahim al-Yafaari, del partito Da'wa.
- La milizia del Congresso Nazionale Iracheno di Ahmed Chalabi.
- La milizia dell'Alleanza Nazionale Irachena, di Iyad Alaui.

Tutti questi gruppi sono coinvolti in attività terroristiche contro civili iracheni. Gli ultimi entrarono in Iraq al seguito dei carri armati statunitensi, senza documenti di cittadinanza validi.

Le milizie curde sono i collaboratori più fedeli all'occupazione. Ricevono armi e soldi dai loro padroni. Congiuntamente con le forze d’occupazione, sono responsabili di atrocità su vasta scala in villaggi e città iracheni.

I gruppi paramilitari, insieme a peshmerga, agenti del Mossad israeliano e forze USA, sono responsabili dell'assassinio sistematico di migliaia di eminenti accademici, scienziati, politici e leader religiosi iracheni. Allo stesso modo parteciparono alla distruzione selvaggia e totale di Fallujah, fatto che dalla maggior parte dei mezzi di comunicazione venne riportato come “l'assalto a Fallujah”. La città fu completamente distrutta e continua ad essere zona interdetta agli iracheni. Nemmeno altre città e villaggi iracheni sono sfuggiti a questa deliberata distruzione.

I loro crimini non sono mai stati investigati e nessuno di essi è stato arrestato. Di fatto, l'Amministrazione Bush protegge questi elementi criminali e li incoraggia a perpetrare ulteriori delitti.

Per incarico del segretario della Difesa Donald Rumsfeld, l'ex amministratore USA a Baghdad Paul Bremer, insieme a Paul Wolfowitz ed Ahmed Chalabi, diede inizio alla letale politica denominata “de-baathificazione”.

L'Amministrazione Bush non solo sta dando il suo appoggio a questa politica assassina ma, con la nomina di John Negroponte ad ambasciatore USA in Iraq, ha introdotto l’“Opzione Salvador” per assassinare i dissidenti iracheni.

Chalabi, che mai aveva vissuto in Iraq fino all'invasione, dichiarò che “desiderava risollevare l'Iraq e costruirne uno “nuovo”. Ciò che vi sta succedendo oggigiorno è una criminale atrocità istigata dagli USA. Gli iracheni sono testimoni degli aggressivi assalti quotidiani ad abitazioni private e degli abituali pattugliamenti compiuti dai soldati USA.

Il giornalista Ken Dillian, del Knight Ridder, scrive:

"Durante tutta la giornata, i soldati puntano le loro armi sui civili iracheni, su coloro che chiamano "hajis"... temendo imboscate, investendo ogni veicolo si trovi sul tragitto dei loro Humvees. Sempre all’erta per paura delle autobomba, bloccano, urlano, schedano e sbattono a terra chiunque guidi dopo il coprifuoco, o anche durante il giorno quando sembri sospetto”.

Secondo un recente rapporto del Progetto USA su Alternative per la Difesa, “la maggioranza delle comunità sunnite e sciite si oppone all'occupazione, e minoranze significative appoggiano gli attacchi a truppe statunitensi”. Secondo Carl Cornetta, autore della relazione, “ciò che conduce a questi atteggiamenti è soprattutto il nazionalismo, le pratiche coercitive dell'occupazione e gli effetti collaterali delle operazioni militari”.

La relazione, intitolata “Circolo vizioso: le dinamiche dell'occupazione e della resistenza in Iraq”, rende conto degli abusi quotidiani dell'occupazione nordamericana su molti iracheni. Gli iracheni affrontano ogni giorno “costanti pattugliamenti stranieri (circa 12.000 alla settimana), irragionevoli e spesso mortali posti di blocco del traffico, assalti (8.000 da maggio 2003) e detenzioni di cittadini (80.000 detenuti da aprile 2003)”. Alla gente rimane solo un'opzione: la Resistenza.

Tutti i movimenti di resistenza hanno dovuto ricorrere alla resistenza armata per difendersi dall'aggressione militare e dall'occupazione. In Iraq non è diverso.

La resistenza violenta nasce da un'occupazione militare violenta.

La Resistenza secondo i mezzi di comunicazione

Per i “liberali” ed i politici “di sinistra” degli USA è molto facile pontificare sulla resistenza non violenta, ma è la violenza che commettono le forze di occupazione quella che abbiamo tra mani. È un caso evidente di “due pesi, due misure” e di distorsione dei dati di partenza. E’ anche indice di mancanza di solidarietà da parte di quei gruppi “progressisti” occidentali che addossano la responsabilità sul popolo iracheno, il quale sta difendendo la sua terra contro l'aggressione imperiale USA.

Dovremmo avere ben chiaro che “gli USA sono oggigiorno il maggior fornitore di violenza in tutto il mondo” e che tutti gli atti di violenza e di distruzione in Iraq stanno succedendo sotto il radar delle forze statunitensi.

La stampa USA ed i mezzi di comunicazione occidentali si concentrano sulle vittime civili con l'obiettivo di screditare la Resistenza irachena.

Deplorevolmente, la maggior parte dell'informazione intorno alla Resistenza irachena nei mass-media occidentali s’incentra sui gruppi fantasma di Al-Zarqawi ed Al-Qaeda, descritti come “islamici radicali” o “attaccanti suicidi”. Nonostante il cliché dei media, non esiste prova alcuna che consenta di accertare che questi gruppi siano attivi all’interno dell'Iraq. La maggioranza degli attacchi contro le forze occupanti sono portati a termine dai principali gruppi della Resistenza, e raramente colpiscono civili.

I mezzi occidentali s’interessano solo quando qualche autobomba ammazza dei civili. La realtà è che a volte gli attacchi mancano gli obiettivi previsti, che sono i convogli militari USA. Anthony Cordesman, del Centro di Studi Internazionali e Strategici, afferma che il 77% di tutti gli attacchi è contro obiettivi militari USA e delle “forze della Coalizione”, e che solo un 4,2% di tali attacchi si sviluppa in aree civili.

Secondo fonti irachene, in contrasto coi dati forniti dai media occidentali, la maggioranza degli atti terroristici, come i sequestri attribuiti dai media occidentali agli “insorti”, sono stati eseguiti dalle milizie create dagli USA.

Questi rapporti informano anche circa il ruolo dei servizi segreti statunitensi ed israeliani, coinvolti nell’attività di deformazione dell'immagine della Resistenza. Esiste, al riguardo, un crescente numero di analisi: suggeriscono che molti degli atti di violenza e sequestro attribuiti alla Resistenza sono parte di un programma di propaganda deliberato e cosciente, che le forze d’occupazione portano avanti per distorcere la realtà.

La strategia è assolvere gli USA da qualsiasi crimine e legittimare un’occupazione prolungata.

Secondo il settimanale egiziano Al-Ahram “Ovunque si siano sviluppate le principali operazioni terroristiche, ciò è avvenuto con la consapevolezza o la diretta partecipazione degli USA. Il Mossad israeliano pianificò varie operazioni terroristiche su vasta scala in Iraq, reclutando circa 2000 mercenari prima che iniziasse la guerra ed inviandoli in varie città per offrire protezione ed appoggio alle forze di occupazione”.

Il programma segreto è quello d’incolpare la Resistenza irachena per tali attacchi. L'operazione d’intelligence consiste essenzialmente nel demonizzare il movimento di Resistenza e, con ciò, indebolirne l'appoggio pubblico.

Chi c’è dietro la violenza in Iraq? Le forze USA, i loro agenti israeliani ed i principali gruppi paramilitari, che ora formano il nucleo del nuovo esercito iracheno, la polizia e le forze di sicurezza. Si sono trovate spesso persone morte, precedentemente detenute dalla polizia o dalle forze di sicurezza. Secondo Adnan al-Duliemi, leader di Patrimonio Musulmano (Muslim Endowment), un'organizzazione religiosa che supervisiona moschee e santuari musulmani, le forze di polizia irachene “si mostrano tolleranti e perfino complici in questi assassinii”. Al-Duleimi fece un appello al governo affinché questi crimini venissero investigati.

Gli USA ed i loro alleati hanno molto da guadagnare da un Iraq diviso ed immerso nella violenza settaria. Non è stata avviata alcuna inchiesta su queste morti e le forze d’occupazione ed i mass-media hanno scaricato sulla Resistenza irachena tale politica di violenza organizzata. Queste storie preconfezionate fanno parte del flusso di notizie occidentali. Vengono usate per presentare gli USA come se fossero in lotta contro un gruppo d’iracheni fanatici musulmani, che vedono gli statunitensi come “infedeli”, piuttosto che come “occupanti”.

I rapporti degli stessi mezzi d’informazione sull'Iraq si collegano a storie sull’11-Settembre, evidenziando che gli USA furono attaccati in quella data e che siamo di fronte ad una guerra “giustificata”. Questo tipo d’informazioni, basate sul tentativo di disumanizzazione della Resistenza, sono destinate ad ascoltatori occidentali che condividono con le fonti gli stessi referenti culturali, per sfruttare così il distorto clima di paura e di pregiudizio, ed allo stesso tempo alimentare il razzismo e l'islamofobia.

Parte dei mezzi alternativi sembra essere salito sullo stesso carro. Certi editorialisti dei media alternativi descrivono la Resistenza irachena nella stessa forma. Ecco l'informazione sull'Iraq elaborata da Patrick Cockburn, “embedded" con la milizia peshmerga:

"La forza della resistenza viene interpretata male fuori dell'Iraq. E’ sempre è stata frammentata. A differenza del Fronte di Liberazione Nazionale in Vietnam o dell'IRA e del Sinn Fein in Irlanda del Nord, non è ben organizzata. Non ha un braccio politico. I fanatici fondamentalisti sunniti, abitualmente denominati salafiti o wahabiti, vedono gli sciiti ed i cristiani iracheni come infedeli che meritano la morte tanto quanto un soldato americano. Quando le forze nordamericane danneggiarono un paio di moschee durante i combattimenti a Mosul lo scorso novembre, la resistenza fece saltare due chiese cristiane. Tale settarismo rende impossibile il fatto che la resistenza si converta in un autentico movimento nazionalista, ma rende possibile che esistano circa quattro o cinque milioni di arabi sunniti che offrono una base sufficientemente solida per l'insurrezione”. (CounterPunch - 13 maggio 2005)

Ciò detto senza portare prova alcuna, senza nomi, senza documentazione concreta; in questo modo sembra davvero che si possa parlare della natura “frammentaria” della Resistenza irachena, parallelamente a ritagli aneddotici di notizie, tendendo invariabilmente ad abbassare il livello di violenza dell'Occupazione e non menzionando i crimini e le atrocità commesse dalle forze USA.

E ancora... Perché la resistenza irachena dovrebbe seguire il modello del FLN vietnamita o dell'IRA, che i giornalisti occidentali tendono ad idealizzare per sminuire nel confronto la Resistenza irachena? Anche il FLN e l'IRA furono collegati con innumerabili atti di violenza che ebbero anche come risultato vittime civili.

Mentre le attività dell'imperialismo seguono una logica similare, le circostanze dei paesi e dei loro popoli variano. La Resistenza irachena considera come obiettivi gli iracheni collaborazionisti, che si allineano con l'occupazione capeggiata dagli USA, in quanto logicamente considerati “spie e traditori”. Questo stesso modello di esecuzioni di “collaborazionisti” curiosamente fu anche seguito dalla resistenza francese durante la seconda guerra mondiale.

È importante ricordare che senza l’appoggio popolare, presupposto di base per qualunque movimento di resistenza nazionale, la resistenza irachena non sarebbe operativa. È significativo che dopo due anni di brutalità e di violenza statunitensi, i gruppi della Resistenza irachena siano stati capaci d’integrare e modificare i loro metodi, lottare concretamente contro la più grande macchina militare della storia.

Sebbene sia certa la presenza di volontari stranieri in lotta al fianco degli iracheni, non esiste prova alcuna che “combattenti stranieri”, come sette salafite o wahabite (dell’Arabi Saudita), partecipino al movimento di resistenza. Questo è parte del mito che gli USA hanno creato attorno ad Al-Zarqawi, che è molto più utile di quello delle armi di distruzione di massa.

In realtà, stiamo ancora aspettando che le forze d’occupazione presentino prove concrete su tali “combattenti stranieri”, anche solo per dare un pò di consistenza all'esistenza di Al-Zarqawi. Dal punto di vista iracheno gli “stranieri” in Iraq sono i soldati ed i mercenari di USA, Gran Bretagna, Italia, Austria, Corea del Sud, Giappone, eccetera...

Dobbiamo segnalare la chiara distinzione tra “insorti” e “resistenza”. Il termine “insorti”, che impiegano assiduamente tanto i giornalisti corporativi quanto quelli alternativi, sembra voler denigrare la Resistenza, mentre si afferma la legittimità dell'occupazione diretta contro gli “insorti”.

In un'informazione dall'Iraq, Cockburn scrive:

"Molti dei gruppi della resistenza sono selvaggi arabi sunniti fanatici, che mettono gli sciiti sullo stesso livello dei soldati nordamericani, quello cioè d’infedeli, che per dovere religioso bisogna eliminare. Altri gruppi sono capeggiati da ufficiali delle brutali forze di sicurezza di Saddam. Ma Washington non ha mai valutato il fatto che l'occupazione statunitense fosse tanto impopolare, che persino i gruppi più sgradevoli riuscissero a ricevere l’appoggio popolare... L'enorme capacità di fuoco delle forze USA consente loro la vittoria in qualunque scontro convenzionale, ma ciò significa anche che hanno ammazzato molti civili iracheni che stavano agendo come punti di reclutamento della resistenza." (CounterPunch - 16 maggio 2005)

Quali prove vengono offerte per sostenere tali affermazioni? Mentre l'occupazione capeggiata dagli USA sta cercando di fomentare le divisioni sociali e lo scontro religioso, esiste ampia evidenza di un movimento di massa in cui sunniti e sciiti, in realtà, hanno unito le forze per opporsi all'occupazione.

Questa macchina militare superarmata è impopolare perché ammazza “accidentalmente” molti civili iracheni. Ricordiamo che più di 100.000 iracheni, la maggior parte di loro donne e bambini innocenti, sono stati assassinati e continuano ad esserlo “accidentalmente”.

La totale distruzione della popolosa città di Fallujah ed il massacro di più di 6.000 civili, usando bombe al napalm intenzionalmente progettate per eliminare grandi quantità di civili in aree densamente popolate, è solo un “incidente”. Il tasso di morti fra i civili nell’Iraq sotto occupazione statunitense è superiore a quello che abbia mai potuto verificarsi sotto il regime di Saddam Hussein.

Le forze USA dispongono di “immunità” di fronte a possibili accuse, ovvero di impunità istituzionale, e per tanto risulta loro molto facile ammazzare gli iracheni, come se non fossero neanche esseri umani. La stessa pratica criminale ha origine dal Pentagono, ed è pensata dal governo USA per incoraggiare il reclutamento in ulteriori guerre di aggressione.

Tutte gli iracheni, inclusi i leader della Resistenza e quelli dell'influente Associazione degli Ulema Mussulmani (AUM), insieme ad altri, hanno respinto la responsabilità degli attacchi contro i civili ed hanno incolpato le forze USA ed i loro alleati di organizzare la violenza.

Il signor Harith al-Dhari, leader dell'AUM, accusò pubblicamente le brigate Badr della recente ondata di assassinii di religiosi mussulmani sunniti nel paese, dichiarando ad Al-Jazeera: “I responsabili che stanno dietro la campagna di omicidi di predicatori in moschee e santuari sono le brigate Badr. Esse sono responsabili dell’aumento della tensione. Quale religione permette a qualcuno di ammazzare più di 100 iracheni, distruggere 100 famiglie ed abbattere 100 case?”. In un'intervista col giornalista Edward Cody del Washington Post, il religioso Ahmed Abudul Qafur Samarri si domandava già nel 2004: “Chi ha fatto questo? Da dove vengono? Questa è una cospirazione per diffamare la reputazione della Resistenza irachena, indossandone le vesti ed usurpandone il nome”. Secondo il leader Muqtada al-Sadr, in una dichiarazione all’AFP, “ogni azione contro civili è proibita in qualsiasi circostanza (…) Gli occupanti stanno cercando di seminare la divisione nel popolo iracheno, ma qui non vi sono nè sunniti nè sciiti, ci sono soltanto iracheni. Non è accettabile che ai sunniti si dirigano le accuse di questi atti riprovevoli commessi dall’occupante contro gli sciiti”.

Come ho già detto in altre occasioni, la Resistenza è un movimento locale composto da vari gruppi iracheni che seguono le direttive dei rappresentanti delle distinte comunità. Quale che sia l'affiliazione politica o religiosa della Resistenza, il principale obiettivo è la liberazione dell'Iraq dalle forze USA.

Samir Haddad e Mazin Qazi scrivevano nel settimanale di Baghdad Al-Zawra: “Le tendenze intellettuali della resistenza sono normalmente descritte come un miscuglio d’idee islamiche e panarabiste concordi sulla necessità di metter fine alla presenza USA in Iraq. (...) Questi gruppi hanno vari comuni denominatori, dei quali i più importanti sono forse l'obiettivo di ammazzare soldati statunitensi (condannando il sequestro e l’assassinio di ostaggi), l'assassinio di poliziotti iracheni ed il rispetto del credo di altre religioni”.

Molly Bingham, giornalista della Boston Globe e collega dell'Università di Harvard, che ha trascorso qualche tempo con un gruppo di guerriglieri della Resistenza in Iraq, ha detto: “Incontrai sunniti e sciiti che combattevano insieme, donne e uomini, giovani e vecchi. Trovai gente di ogni condizione economica, sociale ed istruzione... Il motivo originale che spingeva quasi tutti quelli che intervistai era di natura nazionalista”.

Giornalismo “embedded”

Il giornalismo “embedded” è un'evidente fonte di disinformazione. Spinge ad un falso ottimismo circa la presenza militare statunitense. Sembra che i giornalisti siano presenti solo quando le truppe USA si mettono in moto, benché gli effettivi statunitensi non si avventurino molto per l'Iraq. I corrispondenti “embedded” hanno coperto con prodezza l'assalto dei marines nordamericani a Fallujah lo scorso novembre, e l’hanno descritto come un “successo militare” USA (Counter Punch - 16 maggio 2005).

Altri difensori dell'Occupazione sono quelli che si “opposero” alla guerra, ma sono a favore della visione imperiale della “democrazia" all’americana. L'ingannevole argomento, usato dai mezzi di comunicazione occidentali, è che l'occupazione condurrà alla “democrazia” ed aiuterà gli iracheni. Anche questa linea di ragionamento è seguita da diversi media alternativi. In un recente articolo in AlterNet - che assicura di “fornire ai lettori fatti basilari ed opinioni appassionate” – l’eminente editore di AlterNet, Lakshmi Chaudry scrive:

“Non possiamo semplicemente voltare le spalle al milione di iracheni che non hanno soddisfatte le necessità di base, come acqua, elettricità, alimenti o cure mediche... è immorale per noi lasciarli morire nel fuoco incrociato di una guerra civile violenta alimentata da estremisti che abbiamo creato... dobbiamo forzare il presidente a mantenere la sua promessa di portare la democrazia” (AlterNet - 8 gennaio 2005)

In altre parole, i “progressisti” confidano nella “missione messianica” di George Bush, “mantenendo la rotta” in Iraq per “promuovere la democrazia” e “prevenire” la guerra civile; qualcosa di meno di questo “sarebbe immorale”. Questa bugia fa parte dello stesso pacchetto di menzogne di Bush, che non sembra essere appoggiato soltanto dai luminari della destra e dagli avvocati pro-guerra, ma anche dal discorso del movimento liberale “contro la guerra”, che guarda agli “insorti” come alla principale fonte di violenza in Iraq. La realtà è che la cosiddetta “occupazione democratica” degli USA altro non è che un eufemismo per definire l'occupazione e l’oppressione imperialista.

In conclusione

Il popolo dell'Iraq si rifiuta di vivere sotto occupazione USA e ha votato contro la loro presenza nel proprio paese.

I mass-media occidentali distorcono quello che sta succedendo in Iraq per dare così legittimità ai piani di Washington.

La maggioranza degli iracheni (circa il 98%) vuole che le forze USA abbandonino il paese, ed il 92% vede i nordamericani come occupanti piuttosto che come “liberatori”.

Giornalisti e circoli occidentali hanno dimostrato chiaramente di non avere una comprensione adeguata della storia dell'Iraq e della società irachena.

La maggioranza dei rapporti informativi che provengono dall'Iraq risentono di una visione occidentale, molto di rado di una prospettiva irachena.

Gli occidentali impiegheranno molto tempo per capire la situazione dell'Iraq odierno, inclusa la relazione generale tra Islam e politica. Storicamente, Islam e politica in Iraq ed in molti altri paesi sono rimasti inseparabili. “Per questo motivo, la petizione di separare religione e Stato nei paesi arabi è qualcosa di più che una questione secolare; è apertamente contro l'Islam”, scrisse l'accademico francese Gilbert Achcar. Perfino Saddam Hussein identificò l'Islam come parte della battaglia contro l'Imperialismo.

L'Islam di oggi, tuttavia, è maggiormente laico e si concentra di più su questioni sociali e politiche piuttosto che religiose.

Disgraziatamente, la linea comune dei mezzi d’informazione, dei circoli e dei politici occidentali è sempre la stessa: una solida incomprensione della società e della politica irachene. Neanche menzionano il ruolo delle forze d’occupazione, della CIA e del Mossad nel momento in cui ordiscono la violenza contro il popolo iracheno.

Le forze USA ed i loro alleati hanno assassinato senza necessità decine di migliaia di iracheni innocenti. Uomini, donne e bambini sono imprigionati, aggrediti e torturati abitualmente nel corso di perquisizioni casa per casa, umiliazioni perpetrate dalle truppe statunitensi.

Gli incessanti attacchi e bombardamenti aerei hanno distrutto l'infrastruttura dell’Iraq, le proprietà della gente. Il sistema educativo iracheno è stato eliminato ed i servizi sanitari sono costantemente sull'orlo del collasso come risultato della guerra e dell’occupazione statunitensi.

Per difendere il proprio paese il popolo iracheno dispone del legittimo diritto alla Resistenza in tutte le sue forme di fronte alla guerra ed all'occupazione. Ogni Resistenza contro l'attuale aggressione imperialista è legittima.

“Il diritto internazionale legittima un popolo che combatte un'occupazione illegale a far uso di tutti i mezzi necessari a sua disposizione per porvi fine. Gli occupati sono autorizzati a ricercare e ricevere appoggi”.

Mentre scrivo queste righe le forze USA stanno bombardando civili iracheni nelle loro abitazioni. Nella città di Qaim, al confine siriano, le truppe USA stanno assediando la popolazione da molti giorni. Gli abusi incessanti dei soldati statunitensi hanno fatto sì che la gente si scontri con le truppe occupanti. “I guerriglieri sono popolazione locale che semplicemente si rifiuta di essere trattata da cani”, dice un abitante. Nessuno qui ama gli “americani”, aggiunge un altro. Molti civili innocenti sono stati assassinati ed il centro della città è stato “distrutto quasi completamente”, incluse le scuole e l'ospedale. “Gli americani stanno usando bombardieri, mortai e carri armati per colpire indiscriminatamente la città, ferirne gli abitanti... bombardano le case con aerei da guerra.” Come all’epoca delle atrocità di Fallujah, il silenzio dei media occidentali è assordante, mentre città e villaggi dell'Iraq sono distrutti uno ad uno.

Sembra che l'agenda comune dei governi occidentale capeggiati da USA e Gran Bretagna sia recuperare il vecchio colonialismo occidentale rivestito della falsa retorica della “democrazia” e della “liberazione”. Come i loro governi, i media occidentali invocano la cosiddetta “federazione dell'Iraq”, un eufemismo per dividere l'Iraq in colonie controllate dalle potenze occidentali.

Ancora una volta, i mezzi di comunicazione hanno fallito nel fare informazione sulla politica di pulizia etnica portata avanti dagli USA, eseguita da gruppi terroristi curdi nel nord dell'Iraq, in particolare nella città di Kirkuk. Migliaia di famiglie irachene (arabe e turcomanne), che vivevano da generazioni nella zona, sono state forzate dalle milizie armate dei peshmerga ad abbandonare le loro case e cercare rifugio al sud. Oggi la pulizia etnica di iracheni è paragonabile a quella commessa contro il popolo palestinese nel 1948 dal terrorismo sionista. Il fatto che comandi israeliani operino nel nord dell'Iraq addestrando le milizie curde nell'arte dell'esproprio di terre non è casuale.

Il settarismo e le tensioni etniche in Iraq “non sono il prodotto di differenze culturali. Sono il prodotto di una storia di imperialismo e di colonialismo nella regione e nella politica interna irachena”. “Questo serve tanto per la tensione arabo-curda come per la sunnita-sciita” , scrive Rami il-Amin della rivista Left Turn. La società dell'Iraq è un mosaico. “Non esiste memoria storica di guerre civili o lotte comunitarie in Iraq, ed il grado d’integrazione socioeconomica ed unità spirituale in Iraq va oltre le religioni o l'etnia”, afferma il dottor Sami Ramadani dell'Università Metropolitana di Londra.

Gli iracheni sono uniti di fronte all'occupazione. Se esiste una divisione, questa “divisione, in realtà più estesa in Iraq che in altre parti del mondo arabo, si rimpicciolisce ogni giorno quando gli iracheni giungono alla conclusione che il loro problema più immediato è l'occupazione”, scrive il corrispondente del Washington Post, R. Chandrasekaran. Solo due anni fa, cristiani e mussulmani iracheni vivevano in armonia, nonostante le differenze religiose e politiche. Se oggi esiste una divisione tra gli iracheni, è quella creata deliberatamente dall'occupazione statunitense.

La manifestazione del 19 aprile 2005 - più di 300.000 manifestanti solo a Baghdad - fu la maggiore delle ultime decadi, organizzata congiuntamente dal movimento di al-Sadr e dall'AUM, dimostrando che tutti gli iracheni sono uniti contro l'occupazione USA ed il terrorismo. Questa unità contraddice la percezione occidentale degli iracheni come di una società divisa, e respinge la politica imperialista degli occupanti del “dividi e vincerai”.

Tristemente, né i mezzi “alternativi” né quelli corporativi hanno il coraggio di George Galloway di affrontare questa guerra ingiusta e dire la verità circa l’Iraq ed i crimini commessi contro il popolo iracheno.

Come risultato della disinformazione dei mass-media, molta gente in Occidente, soprattutto i nordamericani, continuano ad appoggiare una guerra illegale di “crimini contro l'umanità” perpetrati nel loro nome.

I mezzi d’informazione occidentali dovrebbero seguire un'etica di responsabilità morale verso il popolo iracheno, e fornire informazione precisa ed imparziale al mondo esterno. Invece di servire da agenti della propaganda per la potenza imperiale e per questa ingiusta guerra contro il diritto del popolo iracheno all'autodeterminazione, i media occidentali farebbero meglio ad additare i governi sotto la coalizione capeggiata dagli USA come responsabili di questo illegale atto d’aggressione.

Tutti i responsabili di questo crimine assassino contro il popolo iracheno dovrebbero far fronte, insieme ai loro complici, all’imputazione di crimini di guerra, simili a quelli che originarono il tribunale di Norimberga.

L'unica soluzione pacifica al caos in Iraq è la completa ritirata delle truppe USA.

I civili iracheni ed i gruppi della Resistenza irachena continueranno a resistere all'occupazione fino a che gli USA abbandoneranno l'Iraq. Per quanto grande sia la capacità militare USA, non potrà essere cancellato il diritto del popolo iracheno a raggiungere la sovranità e l'indipendenza nazionale.


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