Dopo la vittoria astensionista
una discussione a tutto campo

Il 4 maggio a Roma è iniziata una discussione a tutto campo tra coloro che in occasione delle elezioni di aprile hanno lanciato il manifesto astensionista.

La definizione 'a tutto campo' mi sembra quanto mai adatta perchè le conclusioni del dibattito non sono scontate, e non per le diverse posizioni che emergono, quanto per la difficoltà di uscire da schemi precostituiti.

Il punto di partenza è comune a tutti, quello di demolire la rendita elettorale dei forchettoni rossi i quali, vedi vicenda di Torino, non solo non hanno imparato la lezione, ma si preparano ad una rivincita, sicuramente difficile, ma che ci deve trovare ancora una volta schierati ad impedirla.

Questo dobbiamo farlo però non in un'ottica di accanimento terapeutico, ma per consolidare una posizione che consenta l'affermazione di un'egemonia diversa da quella che si è manifestata con la storia vergognosa del PRC.

In breve dobbiamo dire che il 13 e 14 aprile non è scomparsa la sinistra, ma una certa sinistra, la cui liquidazione è preliminare ad ogni possibile futuro migliore. Sul mercato però si sono presentate finora le opzioni di quelli che si possono definire sostenitori degli schemi precostituiti, col ritorno alle origini identitarie ad opera di Rizzo e consorti, con un PdCI 'bolscevizzato' alla plastica, col ritorno dei movimentisti-cobasisti e con la fondazione di nuovi partiti a tendenza troskoide.

In questo contesto qual'è l'opzione dei firmatari dell'appello astensionista? Si è detto, e anche questo è condiviso da tutti, che si deve andare avanti. Ma come? Trasformandoci un un gruppo tra i gruppi o avanzando ipotesi che scaturiscono non dai festeggiamenti antiarcobaleno, ma dai dati oggettivi? Naturalmente io ho insistito e insisto tutt'ora che è da questa seconda ipotesi che bisogna partire.

Non dò per scontate le conclusioni, ma questa analisi va certamente fatta e si collega direttamente alla possibilità che nasca un soggetto che agisca politicamente nel nuovo contesto. Perchè di questo si tratta. Se rimaniamo impantanati negli schemi finiremo per subire, obtorto collo, il risucchio della tradizione che è fatta di scatole cinesi, dal PD a Turigliatto, passando per i movimentisti di vario genere. E' questo il nostro inevitabile destino dopo aver proclamato il ‘coraggio  dell’astensione’, o la situazione ci suggerisce qualcosa di diverso?

In questa fase post-elettorale ho posto con una certa decisione la necessità di tentare un passaggio nuovo e questo passaggio nuovo si dovrebbe chiamare movimento astensionista. Di primo acchitto sembrerebbe che abbiamo scoperto l’acqua calda, ma a ben vedere la proposta se argomentata e calibrata può essere incisiva.

Quali sono le caratteristiche di un possibile movimento astensionista? Le elenco:

1) innanzitutto rafforza l’orientamento di coloro che hanno rifiutato di votare arcobaleno e mette in luce l’assurdità della deriva neoelettoralistica di ‘sinistra’. Che senso ha mettere in campo listarelle se non rilanciare protagonismi dentro la solita cerchia della sinistra stabilizzata?

2) il movimento astensionista non si misura però dentro le mura della nostra cittadella storica, ma è, a mio parere, una sfida ai gruppi di potere che giocano col sistema elettorale e che impongono un regime criminale, antisociale, privo di valori. Contro questo regime, nelle sue versioni sistemiche, l’astensione è il punto di rottura possibile nella condizione presente e può rappresentare la giusta sfida alla demagogia della destra. Tutto si gioca, ripeto, fuori della cittadella storica, per affrontare il mare aperto. E’ questa la proposta giusta? Più ci penso e più mi convinco che è la scelta da fare. Ragioniamoci bene.

Erregi

7 maggio 2008


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