La resistenza a Chianciano

La conferenza internazionale indetta dal Comitato Iraq Libero a Chianciano Terme non ha suscitato la morbosità dei media nè l'entusiasmo della sinistra che si dichiara contro le guerre americane in Medio Oriente. Silenzio assoluto sui quotidiani "comunisti", assenza totale di partecipazione della sinistra alternativa italiana, se si fa eccezione per alcuni free lance, che non perdono un'occasione per parlare di quello che succede nel mondo.

Se ci è consentito di essere un po' ironici, dovremmo dire che la causa di tanto silenzio sarà forse stata anche una rimozione voluta da parte di coloro che sulla guerra al terrorismo non sanno più che pesci pigliare, ma anche la pretesa di fare una conferenza internazionale "per una pace giusta" non ha certo aiutato. Una simile impostazione ha certamente tenuto lontani quelli che non potevano dare credito a un'iniziativa che non aveva le basi per essere una conferenza internazionale che aprisse prospettive di qualche tipo, mentre la sinistra anti-war si è interrogata sull'utilità di discutere di "pace giusta" e non di lotta contro gli invasori dell'Iraq.

Non vogliamo certamente accusare Iraq Libero di non volere parlare della resistenza irachena, che è stata la bandiera di tutta la sua attività. Ciò che si intende dire è che un comitato italiano a sostegno della resistenza irachena non ha la credibilità di proporre conferenze di pace, che attengono alle forze in campo e ai protagonisti effettivi dello scontro. Un comitato italiano può proporre solo momenti di valorizzazione e di sostegno alla resistenza, o meglio alle resistenze, dal momento che, oltre che di Iraq si parlava di Libano, Palestina e Afganistan.

Qualcuno potrebbe dire che già nell'incontro internazionale dell'ottobre 2005 a Roma, indetto sempre da Iraq Libero e di fatto impedito dal governo americano e da quello italiano, si era parlato di 'pace giusta' e nessuno aveva avuto modo di criticarne l'impostazione. Non che la cosa non fosse stata notata, ma le circostanze erano molto diverse. Quando fu convocata quella riunione a Roma eravamo a ridosso di avvenimenti come l'operazione di polizia contro il Campo Antimperialista, in piena campagna mediatica di destra contro i collegamenti 'terroristici' con la resistenza, e con l'opposizione diella sinistra imperialista ad ogni discorso di resistenza all'invasione. In quelle circostanze molti compagni, tra cui noi, hanno riuitenuto utile valorizzare un lavoro che serviva a rompere con l'operazione propagandistica sul 'terrorismo' da parte dei fautori della guerra, in cui - è bene ricordarlo - era coinvolta anche molta della sinistra italiana. La partecipazione di tutta la sinistra anti-war all'assemblea di fine 2005 dimostrò che il lavoro svolto a sostegno della resistenza aveva sortito il suo effetto e che i demonizzatori del 'terrorismo' erano sulla difensiva.

I guai sono venuti dopo, in quanto i fondatori di Iraq Libero hanno creduto opportuno far emergere quei soliti difetti che sono tipici dei gruppetti post-sessantotteschi, che utilizzano i fatti veri per scopi di protagonismo di parte, cioè le solite miserie. Così si finisce puntualmente nella logica che non fa fare un passo avanti sulla strada di rendere più efficace la partecipazione alla lotta antimperialista. L'impostazione dell'ultima manifestazione di Vicenza deve pure insegnare qualcosa.

Inutile dunque che, dopo Chianciano, Iraq Libero lamenti che la 'sinistra per bene' si è tenuta lontana e che c'è la congiura del silenzio. L'interesse è direttamente proporzionale all'effetto politico delle iniziative, anche quando la pubblicità si può presentare solo in negativo, sotto le vesti di quotidiani come "Libero". Si dirà ancora: ma a Chianciano c'erano più di 200 persone. La questione però non sta in questi numeri, ma nei passaggi politici di una proposta. Ed evidentemente questi passaggi non si sono visti. Un dibattito o una conferenza spesso sono la panacea per l'impotenza politica e un fattore di esclusiva voglia di protagonismo.

Erregi
1 aprile 2007


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