PACIFISMO ARMATO

Ogni esercito che si rispetti, al suo seguito non porta solo tecnologia militare e munizioni, ma anche uno stuolo di imbonitori che devono dimostrare la bontà della guerra e la giustezza delle devastazioni rispetto ad un fine etico. Non è un caso che laddove l'imperialismo fa piovere le sue bombe si trovino un gran numero di ONG spesso pacifiste e qualche volta anche collocate a sinistra, che operano verso le popolazioni martoriate dalla guerra, sollecitate e garantite da coloro che la guerra hanno scatenato. Sarebbe il caso che finalmente a sinistra si rompessero gli indugi e si denunciasse questo collaborazionismo.

Col tempo che passa però si vanno delineando nuovi collaborazionismi verso le situazioni create dalle truppe di occupazione nei paesi invasi. Un esempio di questo ci viene dall'intervista della pacifista in nero Luisa Morgantini, deputata europea eletta nelle liste PRC, che, di ritorno dall'Afganistan rilascia un'intervista a Liberazione così titolata: UNA DEMOCRAZIA INCOMPIUTA VERSO IL VOTO. Leggere per credere.

Sicchè un paese devastato dalla guerra e occupato militarmente si avvia al voto per completare il suo percorso democratico! Con l'occupazione militare dunque le cose sono cambiate in meglio. Sostiene infatti la Morgantini: "sono stata diverse volte a Kabul, anche dopo la guerra, e devo dire che ho trovato una città cambiata. Non vi è dubbio che esistono situazioni in cui si vede che il paese ha ripreso ad esistere. E' cambiato, io credo, molto e molte cose si stanno facendo". Dunque ha ragione Bush quando afferma che la democrazia si esporta con le cannonate.

D'altronde, sostiene la Morgantini, rispondendo alla domanda sulla legittimità dell'occupazione dell'Afganistan, qui non siamo in Iraq, qui c'è un mandato dell'ONU anche se gestito dall'ISAF (leggi NATO). Quindi è un'occupazione regolare e anzi, aggiunge la deputata PRC, sono rimasta colpita dal lavoro dei soldati italiani e dal rapporto positivo instaurato con la popolazione.

Questo sviluppo idilliaco della situazione viene però subito contraddetto da una affernazione di segno opposto. Dice in proposito la Morgantini:. "Kabul è diventata un bunker per stranieri. L'area in cui sono le ambasciate, gli uffici delle ONG(!), sono protette con reticolati ovunque, strade sbarrate. Tutti hanno la scorta, si ricorre ai contractor. Di fatto, non c'è più un'organizzazione, un'impresa, un'azienda che non abbia guardie del corpo. La cosa vale anche per le imprese e le personalità locali che non hanno guardie del corpo afgane, ma americane, inglesi o tedesche". E se è vero che a Kabul sono aumentati gli attentati negli ultimi tempi, il fine vero è quello di aumentare i contractor. Cosa c'entra dunque la resistenza afgana?

Mi risparmio ogni ulteriore commento, ma non dimentichiamo questi pacifisti che stanno seguendo le orme di Emma Bonino.

R.G.

10 agosto


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