I "comunisti" e la "grande democrazia"

E' apparso su Liberazione del 26 maggio un articolo rivoltante, controrivoluzionario, e nella sua essenza completamente filoamericano. L'autore - Martino Mazzonis - nel commentare un rapporto di Amnesty International dice testualmente, e senza neanche un'ombra di ironia (e di vergogna) che gli Usa sono “una grande democrazia” impegnata in “una crociata epocale” contro il “terrore”. Il punto di vista dell'autore - che evita accuratamente di usare la parola 'imperialismo' - tratta l'America come una grande democrazia che sbaglia, poiché l'esportazione di questa presunta democrazia produce delle “distorsioni” (!) che si concretizzano “nell'uso della tortura nelle carceri irachene”. Ciò che questo liberale antiliberista auspicherebbe è, con tutta evidenza, un'esportazione di democrazia dal volto umano, gradirebbe che non vi fossero “distorsioni”, gli piacerebbe che la lotta contro il cosiddetto terrore (che egli ha interiorizzato e dal quale è egli stesso “terrorizzato”) fosse condotta con altri mezzi, con mezzi all'altezza della grande democrazia. Si scandalizza del fatto che “nella guerra al terrore degli Usa il numero delle persone arrestate è stimato in 70 mila”. Egli si indigna perché non gli quadrano i conti. Come è possibile, egli pensa, che una “grande democrazia” commetta simili atrocità?

Dello stesso tenore sono tutta una serie di articoli di Liberazione, articoli di commento alla guerra irachena, che seminano illusioni sulla possibilità di giungere finalmente ad una “trattativa” per il ritiro delle truppe americane dall'Iraq. Anche dietro queste “analisi” vi è, inespressa, l'idea che bene o male, liberato l'Iraq dal mostruoso dittatore Saddam Hussein e avviata in qualche modo la transizione alla “democrazia”, sarebbe ora che l'America se ne andasse (ma si può essere così ingenui da immaginare che gli americani abbandonino nobilmente le riserve petrolifere irachene dopo aver messo le cose a posto, alla maniera di Robin Hood?). A questi sedicenti comunisti nonviolenti e “critici del potere”, la guerra del Vietnam non ha insegnato nulla, non hanno capito che il solo linguaggio che l'America intende è quello della “violenza”, vale a dire la guerra di liberazione nazionale da essi delittuosamente definita “terrore”, non capiscono che l'imperialismo americano è il centro della reazione mondiale, è il nemico numero uno dei popoli del mondo, non capiscono, o fingono di non capire che l'imperialismo Usa è proiettato, irreversibilmente, verso criminali avventure militari nel raggiungimento dell'impossibile obiettivo del dominio planetario, non si rendono conto che l'imperialismo Usa sta facendo pagare e sempre più farà pagare al popolo americano stesso i costi della sua integrale militarizzazione. Ma la cosa più mostruosa di tali sedicenti comunisti, che strada facendo hanno raccattato dai cassonetti dell'immondizia ideologica, proprio come degli straccivendoli, vecchie e sdrucite teorie pacifiste e le hanno rimesse a nuovo, questa gente, dicevamo, mentre accredita ancora la vecchia favola della “grande democrazia” Usa, riserva il proprio livore alla Cina e a tutto ciò che, armi alla mano, si oppone all'imperialismo americano e ai loro fantocci come sta accadendo in Colombia e in Nepal.

Vogliamo anche ricordare che il Predicatore di un altro mondo possibile, quando inaugurò la linea del comunismo nonviolento, ha strisciato servilmente ai piedi della “grande democrazia” e l'ha assolta da uno dei più mostruosi atti terroristici della storia dell'umanità: il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki. “Auschwitz è il genocidio - egli sentenziò - Hiroshima no. Hiroshima non aveva come fine l'annientamento. Era un modo terribile e violento di opporsi ad esso”. Qui il Predicatore dovrebbe andare a scuola di quegli storici americani che hanno dimostrato che il bombardamento atomico non ebbe l'effetto di piegare militarmente il Giappone già pronto alla resa, ma fu un avvertimento all'Unione Sovietica, costituì l'inizio della Guerra fredda e rappresentò dunque un atto doppiamente mostruoso perché fece strage di un popolo per cercare di terrorizzarne un altro. Il Predicatore, animo sensibile e nobilissimo, ha proclamato: la guerra (senz'altra specificazione) è orrore”. E' un proclama comico, oltre che controrivoluzionario e in sostanza filoimperialista. La Guerra non è “la fine della politica” come ripete fino alla nausea il Predicatore, la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi. La guerra imperialista, quella sì, può essere definita giustamente un orrore, non la guerra di liberazione nazionale la quale nasce e si sviluppa come opposto simmetrico all'orrore dell'aggressione, conquista sempre più ampi strati di popolazione e si configura come atto di eroismo collettivo. Il popolo iracheno in armi, che sta dimostrando con i suoi sacrifici di essere davvero grande, sta fermando la canaglia americana. Il Predicatore e i suoi tirapiedi, per le cose gravi che stanno propagandando sulla guerra irachena (e la guerra è davvero una cartina al tornasole), se mai fosse rimasto loro un residuo di dignità, dovrebbero correre a nascondersi.

Amedeo Curatoli

29 maggio


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