Partnership strategica Cina-India

La visita di Wen Jiabao in India ha avviato una serie di accordi tra i due giganti asiatici. Innanzitutto la regolamentazione delle frontiere ai confini dell'Himalaia, lascito irrisolto del colonialismo inglese, che nel passato ha determinato gravi scontri armati tra i due eserciti, a partire dal 1959, quando l'India sostenne il Dalai Lama e soprattutto nel 1963, quando, in seguito a prolungati scontri di frontiera ed alla tensioni politiche tra i due paesi in riferimento sia al ruolo dei non allineati ma soprattutto alla partecipazione dell'India, col tacito consenso di Kruscev, al cordone anticinese promosso dagli Usa, le truppe cinesi diedero una dimostrazione di forza dilagando fino alle fertili valli dell'Assam e poi immediatamente ripiegando indietro.

Da più di un decennio a questa parte, però, le relazioni si erano normalizzate ed ora addirittura si sottoscrive una parternship strategica che permette di incrementare gli scambi economici nei settori ad alta tecnologia, potendo forse portare nel futuro all'adesione dell'India al gruppo di Shanghai (Cina, Russia, ed altre repubbliche exsovietiche confinanti). Tutto ciò fa pensare che buona parte dell'Asia si stia scrollando dalla pesante ingerenza americana e dal peso economico esercitato dal Giappone, uscendo dal sottosviluppo con le proprie forze e con l'interdipendenza economica paritaria nell'ambito del grande continente.

La Cina che espressamente opporrà il veto all'entrata del Giappone nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu, ricordando ai governanti di questo paese che devono saldare i conti con la storia, si dice pronta invece a sostenere la richiesta dell'India e discute altre proposte come quella del Brasile e di altri paesi, come l'Italia, sulla base di una partecipazione regionale a rotazione. Se aggiungiamo che tra Cina e Russia già esiste da diversi anni un partenariato strategico e che tra India e Russia le relazioni sono sempre state buone, sin dall'indipendenza, si scorge all'orizzonte che l'aspirazione di questi paesi ad un mondo multipolare senza l'egemonia americana degli ultimi venti anni può diventare una realtà.

Per questo fine manca, come già scritto in altre occasioni, la presenza autonoma dell'Europa, sia perché l'Europa che si sta costruendo è basata sugli interessi del capitale finanziario e non dei popoli, come dimostra la stesura conservatrice della Costituzione, sia perché le divergenze strategiche dei governanti europei nell'elaborazione di una politica estera comune indipendente dagli Usa sono più marcate rispetto alla creazione di un'area geografica di libera circolazione di capitali, merci e persone, sia per il ruolo della Nato che si è espansa ad est e che stimola i desideri che ciciclamente si manifestano (da Napoleone a Hitler), seppur oggi prioritariamente in senso economico, di dilagare nella grande area russa-caucasica.

G.A.


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