"Abbiamo lo stesso nemico: l'imperialismo statunitense"

Intervento di John Catalinotto dello International Action Center alla manifestazione del 2 ottobre a Roma

Il 1º maggio 2003 George W. Bush celebrava la conquista USA dell'Iraq atterrando con un jet sulla portaerei USS Lincoln con un grande striscione alle spalle con su scritto "Missione Compiuta". Era un momento di trionfo per l'imperialismo USA, ma di sconfitta per l'umanità. Ma da allora molte cose sono cambiate. La cosa più importante negli ultimi due anni è che i lavoratori e i popoli iracheni hanno rifiutato di sottomettersi all'occupazione USA.

Non occorre che io analizzi qui la situazione in Iraq. Ma vorrei dire la mia posizione: "la resistenza, che assume le dimensioni di una insurrezione contro gli invasori, assurge ad espressione di eroismo collettivo che si batte per l'umanità intera".

Una vittoria dell'imperialismo in Iraq non è possibile. Ma rimangono molti problemi aperti. Quanto si prolungherà ancora e quanto costerà agli iracheni la lotta? Il movimento in tutto il mondo saprà unirsi alla lotta degli iracheni per fermare la macchina bellica USA? Da parte mia mi concentrerò su un elemento importante per rispondere a queste domande e cioè quale sara il contributo alla lotta internazionale contro la guerra del popolo americano stesso, dei giovani e delle giovani, del movimento degli afroamericani e degli inmigrati, e della classe operaia.

Forse posso formulare la questione in un altro modo. Per portare avanti le avventure militari all'estero la classe dominante degli Stati Uniti ha bisogno del controllo ideologico sulla popolazione interna e usa tutti i mezzi e tutti gli strumenti di formazione per assicurarsi che i cittadini e in particolare la classe lavoratrice siano sotto controllo. Ma la resistenza irachena ha aiutato a rompere questo controllo.

Per due anni, dall'estate 2003 all'estate 2005, una parte sempre piu grande della popolazione ha espresso la sua opposizione alla guerra. Ma dal mese di agosto di quest'anno sono accadute due cose che hanno impresso una vera e propria svolta al movimento contro la guerra e contro l'amministrazione Bush. In primo luogo la lotta eroica di Cindy Sheehan, una madre che ha perso un figlo in guerra e che, con la sua determinazione a sfidare Bush davanti al sua ranch in Texas, ha riscosso una vasta solidarietà e simpatia nell'opinione pubblica americana.

In secondo luogo, il cataclisma di New Orleans -- l'uragano Katrina - che ha svelato clamarosamente le criminali incurie ed omissioni del governo di Bush, che non ha saputo o voluto aiutare la povera gente afroamericana, la quale ha pagato per questa tragedia il prezzo più alto.

Il punto più alto della resistenza passiva nell'ultimo anno riguarda il reclutamento dei militari. "Una merce difficile da piazzare costa assai cara ai reclutatori delle forze armate", questo il titolo di un articolo del 27 marzo sul New York Times.

Il reclutamento militare fa assegnamento sull'assenza di occupazioni degne di questo nome nel settore civile. Gli attivisti del movimento contro la guerra spiegano che l'"esercito di volontari" si basa su questa pressione economica, promettendo lavoro e istruzione a giovani che altrimenti andrebbero incontro a un misero futuro.

Nei primi sei mesi del 2005, l'escercito stabilì che la quota di reclutamento mensile dovesse essere - mediamente - di ottomila unità. Invece, sono riusciti a reclutarne mensilmente soltanto seimila.

Si sa che i reclutatori, per raggiungere gli obiettivi prefissati, sono specialisti nell'esagerare i vantaggi e le oppurtunità che si aprirebbero a chi si arruola. Ma adesso, insensibili a qualsiasi promessa, i giovani e le loro famiglie dicono NO. Schiacciati tra questa ostilità e gli ordini del Pentagono di adescare i giovani, i reclutatori sono, come scrive il New York Times, "sull'orlo di una crisi di nervi".

La resistenza passiva dei giovani contro l'occupazione dell'Iraq sta portando i reclutatori dell'esercito a impreviste dimissioni, depressione e pensieri suicidi. Non solo, ma la resistenza attiva sta crescendo a tutti i livelli, dai presidî ai centri di reclutamento al rifiuto dei soldati di partire per l'Iraq. I militari che hanno rifiutato per scelta individuale l'obbedienza stanno diventando i modelli da seguire e i portavoce di molti altri.

Il Pentagono si trova di fronte a un serio dilemma: rinunciare all'offensiva globale di Washington o prendere in considerazione la reintroduzione dell'obbligo militare, l'odiatissima leva. Un passo di questo genere viene visto con apprensione, perchè la leva potrebbe essere un fattore di politicizzazione per milioni di giovani. Un movimento di lotta contro la reintroduzione della leva si sta già sviluppando.

Gli sforzi già vani dei reclutatori sono ulteriormente complicati dalle attività antireclutamento degli studenti. Ai primi di marzo gli studenti dello State College di San Francisco hanno scacciato i reclutatori dall'università. Il 5 marzo al City College di New York la presidenza ha chiesto l'intervento di vigilantes e poliziotti per caricare gli studenti in lotta che lanciavano slogans davanti all'ufficio di reclutamento.

Ora gli attivisti pacifisti stanno inziando a sostenere e organizzare la lotta contro i reclutatori dell'esercito. La nostra organizzazione, l'International Action Center, ha pubblicato un libretto dal titolo "NON ANDREMO" in cui si espongono le bugie dei reclutatori. In esso sono chiariti i motivi reali della guerra e si spiega sia ai giovani che ai loro genitori come organizzarsi contro i reclutatori.

Nel libro sono inoltre contenute le dichiarazione dei soldati, marinai e marines che hanno rifiutato di prestare servizio e sono diventati obbiettori in Irak. Circa una dozzina di militari hanno pubblicamente rifiutato di continuare il servizio in Irak, sono stati portati in giudizio ed hanno trasformato il processo in una lotta. E ci sono centinaia di altri che hanno fatto perdere le loro tracce.

Il 6 agosto di quest'anno, Cindy Sheehan ha deciso di andare in pullman fino alla cittadina di Crawford nel Texas, insieme a un gruppo di veterani contro la guerra, per affrontare Bush. Voleva chiedergli: "Per quale nobile causa Lei ha fatto morire mio figlio Casey in Irak?"

"Nello stesso periodo, 14 soldati statunitensi sono stati uccisi in un solo giorno in Irak. Bush era in vacanza per cinque settimane e tutti i giornalisti erano a Crawford. Era un momento in cui i sondaggi indicavano che circa il 55 per cento della popolazione era contraria alla guerra. La storia di Cindy Sheehan ha avuto perciò grande attenzione dai media. Bush ha rifiutato di incontrarla ma Cindy non è tornata indietro e ha rifiutato di rinunciare all'obbiettivo di un incontro.

Qualcosa di nuovo stava accadendo. Cindy Sheehan stava dando voce a milioni di persone, persone che erano molto a disagio per la guerra ma non sapevano come esprimere politicamente quel disagio. Queste persone hanno potuto riconoscersi nella figura di Cindy e così dare voce ai propri sentimenti contro la guerra.

La gente è venuta da ogni parte del paese per unirsi a "Camp Casey", come veniva denominato dal movimento per la pace l'accampamento fuori dal ranch texano di Bush. Poi le persone hanno cominciato a creare altri "Camp Casey" in decine di altre città in tutto il paese. Lo svilupparsi di queste iniziative ha velocemente portato il movimento di nuovo ai livelli che aveva raggiunto prima dell'invasione criminale dell'Irak nel marzo del 2003.

E poi gli Stati Uniti hanno ricevuto un'altra scossa: l'uragano Katrina ha colpito la costa statunitense a Biloxi, nel Mississippi, una piccola citta all'est di New Orleans. Biloxi è stata spazzata via. New Orleans è stata sommersa. L'uragano è stato un disastro naturale ma ancora di più è stato un disastro sociale. Ha mostrato l'abisso che esiste fra ricchi e poveri. Ha mostrato il razzismo che ancora oggi condanna i discendenti degli schiavi alla povertà e alla disperazione. Ha mostrato che il governo capitalista si organizza per la guerra e per l'oppressione, ma non per aiutare il popolo.

Voi avete già visto la sofferenza della popolazione afroamericana e di tutti i poveri di New Orleans. Ma forse non sapete che c'è una vera occupazione di New Orleans, con decine di migliaia di soldati e poliziotti, e con gli stessi mecenari di Blackwater che si trovano in Irak. E anche a New Orleans la Halliburton ha ricevuto i contratti per la ricostruzione della città. Forse voi non sapete, che le storie di assassini e di violenze sono al 99 per cento menzogne. Come le armi di distruzione di massa in Irak.

Il 24 settembre abbiamo visto la collera della popolazione a Washington dove 300.000 persone hanno manifestato per ritirare le truppe del Irak portando cartelli fatti a mano con slogan come “Fuck Bush” “Bush e Cheney sono criminali da guerra” o quello – forse il più importante – scritto a mano da una donna afroamericana: “No Iraqis ever left me on a roof to die.” (Gli iracheni non mi hanno lasciato su un tetto a morire).

Noi cerchiamo di organizzare la solidarietà tra il movimento contro la guerra e il movimento per l'autodeterminazione degli afroamericani degli stati USA del golfo. Combatteremo il governo Bush nel suo stesso paese. Questo è il modo migliore per aiutare la resistenza irakena e por termine all'occupazione. Abbiamo lo stesso nemico noi progessisti americani e la resistenza irakena: l'imperialismo statunitense.

Viva la lotta del popolo irakeno per liberare il suo paese. Viva la resistenza.

John Catalinotto, International Action Center

2 ottobre 2005


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