Finanza creativa: ipoteche sulla morte

Maurizio Blondet

22 luglio 2007
Fonte: www.effedieffe.com
Link: http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=2163¶metro=%20economia


STATI UNITI - Appena finito in bancarotta il gran mercato dei «mutui agli insolventi» (sub-prime borrowers) e rovinate migliaia di famiglie che si stanno vedendo sequestrare la casa, le grandi banche d’affari sono pronte a vendervi l’ultimissimo soggetto inventato dalla finanza creativa: i «death bonds», le obbligazioni sulla morte.
La vostra, naturalmente.
Di che si tratta?
Semplice.
Almeno 90 milioni di americani, in mancanza di una previdenza sociale vera e propria, hanno stipulato un’assicurazione sulla vita. Molti di loro non riescono più a pagare il premio, troppo costoso.
Altri vorrebbero incassare prima.
Le banche d’affari sono dunque pronti ad offrirvi un contratto di «life settlement» (accordo sulla vita) che consiste in questo: le banche vi comprano la vostra assicurazione, da quel momento pagano il premio al vostro posto fino al giorno della vostra morte, e poi incassano loro al posto vostro o dei vostri parenti sopravvissuti la somma finale.
Di fatto, offrono agli americani, che non sanno più cosa impegnarsi (le case essendo gravate da ipoteche plurime), una ipoteca sulla morte. (1) Quanto più presto morite, tanto più loro guadagnano: è questo il loro rischio imprenditoriale.
Fino ad oggi, ad ipotecare la morte erano piccole finanziarie locali di dubbia legalità, che poi rivendevano le polizze agli hedge funds. Ma ora, nel gioco stanno entrando in massa le grandi firme di Wall Street: seicento operatori di Merrill Lynch, Lehman Brothers, Wells Fargo, UBS, Deutsche Bank e Bear Stearns (la ditta che ha appena bruciato 20 miliardi di dollari nel crack dei suoi fondi sui mutui-insolventi) allo Sheraton Hotel & Towers di New York ad una conferenza sull’uso, i metodi, i rischi legali e finanziari del nuovo business della tomba.
Perché sono interessate le grandi firme bancarie?

Perché da una parte devono rifarsi del crack deL mercato speculativo precedente, una torre di 1,4 trilioni di dollari che pende sulle loro teste. Dall’altra, perché contano di trarre grassi profitti «confezionando» le assicurazioni sulla vita che acquisteranno esattamente allo stesso modo in cui hanno confezionato i mutui: le metteranno tutti insieme in un «pool», frazioneranno il pool in «coriandoli» ciascuno dei quali contiene pezzetti di decine di assicurazioni, e venderanno questi coriandoli, ribattezzati «obbligazioni» (bonds), a fondi pensione, gestori di patrimoni di università e simili. Insomma alla gente che vuole ricavare un buon interesse dalla speculazione.
A questi investitori i banchieri d’affari promettono un ritorno dell’8% sicuro, dato che i vecchi muoiono ad un ritmo costante e il numero dei vecchi è in aumento.
Niente male: l’8% è più di quanto offrono i Buoni del Tesoro, e poco meno di quel che ci si può aspettare realisticamente dal più rischioso mercato azionario.
Ma soprattutto - dicono ai loro clienti istituzionali, scottati dalle promesse precedenti sui «bond» fatti di mutui di insolventi - i bond-morte sono «uncorrelated assets», ossia attivi (assets) il cui rendimento non è influenzato da ciò che accade sugli altri mercati finanziari: salgano o crollino le azioni, rincarino le materie prime, entri in crisi la Cina o faccia crack la Borsa di Londra, il tasso di mortalità è felicemente costante. Anzi, in caso di crack generalizzato con disoccupazione e mal di vivere di massa, può solo aumentare, rendendo il business più prospero. La morte è la -«materia prima» più sicura per l’investimento in un mondo globalizzato e instabile.
Così le grandi banche d’affari entrano in un business che prima avevano colpevolmente abbandonato in mano a piccoli truffatori. Diverse piccole agenzie locali specializzate in ipoteche sulla morte sono nei guai con la giustizia, in quanto convincevano i vecchietti, specie quelli un po’ fuori di testa, a vendere le loro assicurazioni invitando a finte feste o viaggi turistici al termine dei quali gli imbonitori specializzati, anziché vendere pentole o altri oggetti (come accade anche in Italia), facevano balenare mirabolanti introiti.

Contro queste pratiche l’associazione nazionale degli assicuratori USA ha lanciato un allarme pubblico.
Ci sono stati casi in cui gli imbonitori hanno attratto gente poverissima (come tutti gli abitanti di St.Kitts, villaggio dei Caraibi) che nemmeno avevano un’assicurazione.
Essi hanno convinto i poveracci più anziani a stipulare a loro nome un’assicurazione, che poi immediatamente hanno comprato a un decimo del suo prezzo, pagando poi i premi rateali in attesa del trapasso del cliente.
In un altro caso, due individui hanno identificato il segmento di popolazione più promettente, assicurando e poi comprando le assicurazioni dei fedeli di un’intera chiesa negra di Los Angeles:
i negri in USA sono più malati e muoiono prima degli altri gruppi etnici, sicchè i due promettevano agli investitori un ritorno non dell’8, bensì del 25%. Ora i due individui sono in attesa di processo in California, non per aver fregato le vecchiette negre, ma gli investitori: il 25% è una promessa che i giudici ritengono eccessiva, dopotutto.
I negri non muoiono poi a quel ritmo.
D’altra parte, questo business nasce direttamente da un’altra invenzione creativa, sorta una decina d’anni fa: il cosiddetto «viatical business». Gli speculatori selezionavano ancor meglio il loro gregge in modo da diminuire il loro rischio finanziario: andavano a trovare malati di Aids e altri terminali - bisognosi di denaro liquido per pagarsi le cure, non esistendo un servizio sanitario nazionale - e offrivano di «realizzare» immediatamente le loro polizze-vita.
Purtroppo, i progressi della medicina hanno prolungato la vita dei malati di Aids, rendendo meno profittevoli i morenti per la finanza. In più, i tribunali hanno cominciato ad interessarsi della cosa.
Ciò ha ucciso il mercato del «viatical».
Ma il business della morte, in compenso, ha attrattive irresistibili.
E’ il meno regolato dei «mercati»: solo in 26 stati è richiesta una licenza per questo tipo di affari, negli altri chiunque può acquistare la polizza di un vecchio, e di fatto lo fanno un numero crescente di avvocati, ex agenti di borsa falliti, ex assicuratori.
Come si difendono questi delinquenti?

Sostenendo di essere dei benefattori dei vecchi poveri e dei malati.
Difatti, dicono, se questa gente ha bisogno urgente di realizzare per pagarsi le medicine o integrare le pensioncina, non ha altra via legale che rivendere la sua polizza alla stessa compagnia assicurativa che l’ha stipulata: la quale paga una miseria comunque, con enorme profitto proprio.
Anche le assicurazioni strozzano i poveracci, eccome.
Con l’entrata nel business mortale delle grandi banche di Wall Street, che sono una lobby potente, lo strozzamento dei moribondi diverrà un business legale e legittimo.
Del resto, le suddette grandi firme non hanno più altri barili da raschiare.
E’ tramontato il tempo in cui Merrill Lynch e Goldman Sachs facevano i loro profitti offrendo servizi pieni a grandi clienti d’impresa, consulenze in fusioni e acquisizioni, finanziamento delle suddette operazioni e degli investimenti.
Ora il grosso degli affari viene dallo spaccio dei nuovi strumenti creativi fatti di debito, come i «Collateralized Debt Obligations» (CDO) e i «Credit Default Swaps».
Ora, proprio i CDO, obbligazioni il cui rendimento è «garantito» dal debito dei contrattori di mutui immobiliari, sta crollando perché i debitori non riescono a pagare.
Come si diceva, il crollo imminente è valutabile in 1,4 trilioni, ossia 1400 miliardi di dollari.
Le grandi ditte giudicano dunque inevitabile entrare nel business della mortalità.
A questo business, loro possono portare la loro capacità di «securitization», trasformare i debiti in coriandoli e vendere i coriandoli ai fondi pensione, trasferendo così il rischio ad altri e disperdendolo su moltissimi operatori, guadagnando per di più nel corso dell’operazione.
Quasi certamente, le «obbligazioni - morte» saranno selezionate, come i CDO sui mutui, in vari livelli di rischio, e dotati di «rating» delle celebri agenzie tipo Moody’s: le assicurazioni dei malati di Aids saranno probabilmente «AAA», quelle dei negri «AAB».
Quelle dei bianchi benestanti, troppo sani e presumibilmente longevi, saranno probabilmente catalogate come «spazzatura».
L’impoverimento di massa conseguente alla globalizzazione, almeno in Occidente, unito all’invecchiamento della popolazione in Europa, rende il business particolarmente promettente.

Non stupisce apprendere che in Germania e a Londra c’è già un mercato vivace, anche se poco reclamizzato, di queste ipoteche sulla morte. Sono «bond» chiamati pudicamente «longevity derivatives» che si vendono anche se non sono mai stati valutati da Moody’s e da Standard & Poor’s. Evidentemente, non paiono rischiosi agli investitori.
Ma il rischio c’è ed è occulto.
E’ lo stesso rischio che ha fatto crollare il mercato dei mutui-insolventi confezionati in obbligazioni: le banche d’affari specializzate nella «securitization» e i fondi da loro creati per lo spaccio dei «bond» si sono indebitati anche dieci volte il proprio capitale, per fare più grosso il business.
Un rovescio ha dunque effetti a cascata sulla montagna di debito sottostante.
Di fatto, l’indebitamento speculativo ha creato un «ciclo tossico del credito»: se il mercato cade del 10% gli hedge funds indebitatissimi sono costretti a vendere le loro azioni buone su un mercato in calo, perdendo anche il 50%.
O tutto il capitale al completo, come i due fondi Bear Stearns.
La complicazione crescente dei bonds derivati da questi «attivi» illusori ha aumentato ulteriormente il rischio: alla fine, nessuno capisce più cosa vende e cosa compra, si fida di Moody’s e dell’interesse promesso.
Ma le prospettive di profitto sono troppo golose.
Un’idea viene dall’affare, oggi interrotto dai tribunali, organizzato nella chiesa negra di Los Angeles.
Due personaggi oggi sotto processo hanno convinto il pastore Benjamin Hardwick, lui stesso di anni 75, che la chiesa poteva ricavare un modesto beneficio dalla morte dei suoi fedeli, per le sue opere di carità.
Come?

Bastava convincere i duemila fedeli di gregge a fare un’assicurazione sulla vita.
La polizza avrebbe pagato alla fine 275 mila dollari a morto, che i due benefattori oggi indagati proposero ai vecchietti di suddividere così: 15 mila dollari alla famiglia del defunto per le spese di funerale, 20 mila alla chiesa per le sue opere, e il resto - 240 mila dollari - in un fondo comune che i due benefattori avrebbero gestito onestamente, ossia che sarebbe servito per pagare i ratei dei duemila premi.
In realtà, quei due benefattori rivendettero le polizze ad «investitori istituzionali» vantando possibili ritorni del 25% con il fatto che gli assicurati erano tutti negri, e quindi sarebbero defunti in fretta.
In più, hanno fatto bancarotta dopo essersi comprati auto e magioni di lusso.
Goldman Sachs e Merrill Lynch non commetteranno certo gli stessi errori plateali, hanno stuoli di avvocati ad assisterli per le minuzie penali che il business può incontrare.
Ed hanno anche tutto il potere politico che serve a sventare i due gravi pericoli che pendono sulle obbligazioni della morte: mai e poi mai ci dev’essere in USA un servizio sanitario nazionale, mai e poi mai i progressi benefici della scienza medica devono arrivare ai negri e ai poveri aumentandone la sopravvivenza.
Anzi, meglio di tutto, sarebbe la legalizzazione dell’eutanasia: già le compagnie assicurative premono e fanno lobby, per questa, da decenni.

E’ la logica della finanza globale: morite presto per salvare gli speculatori.
Come ha scritto Mike Whitney (2), gli Stati Uniti sono diventati «Hedgistan», il perfetto Stato dove vige l’integralismo della ricopertura (hedge). E ormai non ha altro «attivo» sfruttabile, che il rapido trapasso della cittadinanza.

Maurizio Blondet


Note

1) Matthew Goldstein, «Profiting From Mortality - Death bonds may be the most macabre investment scheme ever devised by Wall Street», Business Week, 30 luglio 2007. [indietro]

2) Mike Whitney, «The crisis in Hedgistan», Counterpunch, 21 luglio 2007.

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