Stalin, un altro punto di vista

Intervento di Aldo Bernardini alla presentazione del libro a Roma il 7 novembre 2005

Il libro su Stalin di Ludo Martens nella traduzione italiana

"Se l'Unione Sovietica dovesse cadere, un'immane ondata di reazione e di restaurazione si scatenerebbe sul pianeta, sui lavoratori di tutti i paesi, sui popoli oppressi"
      GIUSEPPE STALIN


Dal libro di Ludo Martens vedo illustrata e comprovata una verità semplice ed essenziale: finché l'umanità sarà divisa in classi, esisteranno molte verità, appunto di classe.

La verità di Stalin è la verità degli oppressi, degli sfruttati, del proletariato mondiale, è la verità della rivoluzione, della trasformazione sociale integrale, della costruzione e della difesa successive intransigenti, non compromissorie. Non è la verità della borghesia e in particolare della piccola borghesia, lo strato sociale dove è annidato il revisionismo, l'opportunismo, l'annacquamento quando non la diretta aggressione contro la causa del socialismo e del comunismo: ma anche l'annacquamento porta al sia pur graduale deperimento della causa della liberazione dell'umanità.

Quanto sta avvenendo è la riprova concreta. Lo scatenamento anticomunista, antisovietico, ma soprattutto anti-Stalin dimostra che questi è la figura centrale del movimento rivoluzionario del '900. La distruzione della sua immagine (il tentativo, ché è in atto una formidabile, per quanto ancora insufficiente, ripresa) è il segno di tutto ciò: ora capiamo che è stato un fatto di classe quanto è avvenuto già nell'Unione Sovietica tra il '53 e il '56 (XX Congresso). La piccola borghesia, radicata nei residui della proprietà privata, della piccola circolazione mercantile e quindi in settori privilegiati che nella fase del socialismo sono inevitabili (ma che Stalin controllava e all'occorrenza reprimeva), ha rialzato la testa alla morte di Stalin e all'avvento di Krusciov, liberando le forze inquinatrici già presenti nel Pcus e quindi negli altri partiti, anche quelli occidentali.

Leggendo Martens (ma non posso non ricordare il nostro Convegno del 1993 con il glorioso opuscolo dalla foderino rossa), e si potrebbero suggerire molti altri recenti lavori, come quelli di Gossweiler, ci si dispiega dinanzi agli occhi il processo di costruzione del socialismo condotto, dopo i primi passi di Lenin, da Giuseppe Stalin e al tempo stesso ci si snocciolano visivamente tutti i momenti dell'accanita lotta di classe condotta dalle masse sovietiche sotto la guida del Partito, di una grande dirigenza, e di Stalin al vertice, con le fasi dell'industrializzazione e della collettivizzazione delle terre: ma ci rendiamo conto al contempo anche della opposta lotta oggettivamente e quasi sempre pure soggettivamente controrivoluzionaria che si sviluppò in Unione Sovietica sin dai primi passi dell'edificazione socialista (in realtà, con radici anche anteriori e collegamenti con le posizioni di Bernstein e di Kautsky). Tutti gli elementi di feroce accusa controrivoluzionaria (anche di chi intendeva, o dava mostra, di voler "far meglio"), tanti temi e motivi, argomenti e suggestioni antisovietici e soprattutto anti-Stalin, oggi assorbiti dalla "cultura" corrente, inclusi gli pseudo-comunisti, li ritroviamo illuminati nella pagine di Martens con l'individuazione di radici collocate ben addietro nel tempo: oppressione, tirannia, burocrazia, Stalin = Hitler, ecc. ecc. non sono ritrovati recenti, bensì minestroni riscaldati di una brodaglia confezionata sin dall'inizio.

E' la guerra della borghesia imperialistica, che si giova come detto della piccola borghesia, con le visioni, caratteristiche di quest'ultima, di progresso astratto (libertà formali, diritti dell'uomo nello stesso senso, umanitarismo generico e senza riferimento alla realtà concreta, che è di classe), con l'individualismo e la tendenza all'arricchimento privato. Ricordiamo che Stalin oppose al Ribbentropp piccolo borghese (in Germania non vogliamo poveri) un preciso "in Unione Sovietica non vogliamo ricchi": mentre l'invito all'arricchimento individuale è stato ripreso da Krusciov e in Cina da Deng. Tutto ciò ha operato nei partiti comunisti occidentali ma purtroppo anche in quelli dell'Est (a cominciare dalla Jugoslavia titoista, e Ludo Martens richiama i successori di Stalin e quelli di Mao in Cina) contro le fortezze alzate da Stalin (e quindi da Mao e in Albania da Hodja), fortezze che - come Stalin aveva previsto - sono state prese dall'interno. Si legga la lettera di Stalin a Ivanov del 1938, nella quale illustra come le forze residuali interne potrebbero riprendere il potere attraverso i collegamenti con l'imperialismo mondiale.

E' impressionante riconoscere la linea che congiunge ideologicamente e nelle azioni pratiche i primi oppositori di Stalin (ricordiamo Bucharin e Trotzky) e quindi Krusciov sino a Gorbaciov. L'introduzione di Adriana Chiaia è di forte ausilio per comprendere tutti i passaggi.

A ragione Franco Molfese intitolò la sua relazione del 1993, e quindi il nostro Convegno, "Stalin: comunismo, non capitalismo". L'alternativa è assolutamente netta. Mi ha colpito un recente articolo ("Repubblica", 1° novembre 2005) di Carlos Franqui, un personaggio che ha poi tradito la rivoluzione cubana, che comunque attesta di aver visto Che Guevara con il volume "I principi del leninismo" di Stalin. Era il luglio del 1956, vi era stato il XX Congresso del Pcus, Franqui contesta al Che che Stalin era stato considerato un criminale, ma il Che con energia gli replicò "sei anche tu uno che crede alle calunnie imperialiste?". E Fidel Castro, che era presente, intervenne "meglio un solo capo cattivo che 20 capi buoni che perdono la rivoluzione". E' noto che se Fidel dové, per ragioni di politica di Stato, seguire l'URSS di Krusciov, Guevara fu critico asperrimo della politica kruscioviana e, come si espresse in una visita in URSS, della linea di costruire il socialismo immettendovi iniezioni di capitalismo.

La vera riprova della giustezza della linea di Stalin fu data dalla vittoria grandiosa contro il nazifascismo, che gli portò riconoscimenti da parte anche di esponenti borghesi. Per l'Italia voglio solo ricordare il discorso al Teatro Brancaccio di Roma di Alcide De Gasperi il 23 luglio 1944, che riconobbe non solo il genio militare di Stalin, ma lo sforzo in gran parte riuscito di accorciare le distanze fra le classi sociali, di elevare le condizioni del lavoro manuale, di industrializzare il paese. E' importante che De Gasperi mostra di conoscere perfettamente che vi sono stati gravi costi umani, ma al tempo stesso ne contestualizza l'inevitabilità e la necessità. Quanto diverso dall'assoluta maggioranza degli attuali politicanti, inclusi - anzi in prima linea - post-comunisti e comunisti anti-stalinisti e dunque anti-comunisti.

Fra gli elementi di grandezza di Stalin, oltre alla questione nazionale e al rapporto con l'internazionalismo, che egli ha inquadrato con suprema maestria dialettica, vi è il problema della relazione tra rapporti di produzione e forze produttive. Questo è forse il punto centrale della sua grande opera finale ("Problemi del socialismo in URSS"), con l'enunciazione che nella strada per il socialismo e poi per il comunismo non possono privilegiarsi gli sviluppi delle forze produttive sganciati dalle modifiche dei rapporti di produzione: esattamente l'opposto della strada presa dai revisionisti e che ha condotto alla catastrofe. Egli vedeva la possibilità di contraddizioni antagonistiche nella società, qualora la relazione fra forze produttive e rapporti di produzione non fosse stata correttamente indirizzata, ed ha sempre avuto presente, al contrario dello sciocco ottimismo kruscioviano, la possibilità della sconfitta del socialismo e della caduta dell'Unione Sovietica. In particolare, per il cammino positivo dell'Unione Sovietica, egli auspicava la sempre maggior restrizione della proprietà privata, soprattutto di quella delle campagne persistente nella forma cooperativa, e l'intensificazione e generalizzazione della pianificazione.

Tutto questo, anche se non ogni aspetto viene trattato, risulta illuminato dalla lettura di questo lavoro di Ludo Martens, finalmente tradotto in italiano. Ed ora vediamo la verità di un'altra indicazione di Stalin: "Se l'Unione Sovietica dovesse cadere, un'immane ondata di reazione e di restaurazione si scatenerebbe sul pianeta, sui lavoratori di tutti i paesi, sui popoli oppressi". E' quello precisamente cui stiamo assistendo di fronte allo scatenamento dell'imperialismo e alla restrizione dei diritti dei lavoratori in tutti i paesi.

Aldo Bernardini


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