Gli inganni compartecipati tra governo e maggioranza dell'Unione
sulla pretesa guerra del e al terrorismo
e le ambiguità della sinistra cosiddetta radicale

Oceani di parole assurde e imbroglionesche sui tragici eventi degli ultimi giorni. Lasciamo perdere l'evidente gioco delle parti tra governo e maggioranza dell'Unione sul ritiro del contingente italiano in Iraq: i moderati dell'Unione votano no al finanziamento, ma in un documento politico auspicano il ritiro graduale (in quanti anni?), rivelando così la finzione e la strumentalità elettoralistica di quel no: come si sostenterebbe il contingente italiano negli anni del ritiro graduale se non con i finanziamenti voluti dal governo, e quindi sostanzialmente accettati dai moderati dell'Unione?

Il terrorismo come frutto di ideologia autonoma dai rapporti reali, strumento di gruppi isolati dediti al Male, senza connessioni con i problemi delle masse arabe e musulmane: è questo il grande alibi per non affrontare i problemi reali e scatenare la furia imperialista, non risolvendo o superando quei problemi, ma aggravandoli. E' chiaro invece che gli episodi tragici di "terrorismo", che coinvolgono spesso soprattutto innocenti, sempre che non siano frutto perverso di operazioni di servizi segreti, vanno considerati come violazioni gravissime del diritto umanitario: ma essi sono l'esatto pendant dei crimini commessi da occupanti illegali e aggressori, sia pur rivestiti delle uniformi di Stati, nei confronti degli arabi e dei musulmani.

Lo sfondo generale è quello del dominio coloniale sin dall'800 imposto a paesi musulmani e aggravato dopo la prima guerra mondiale, con i confini artificiali segnati dalle potenze imperialistiche, il sostegno a governi assolutistici e antipopolari, che hanno svenduto agli occidentali le risorse di quei paesi. Quindi, tutti i tentativi, spesso riusciti, di soffocare le rivoluzioni nazionali e sociali, soprattutto dopo la caduta del mondo socialista, con la chiara politica di restaurazione imperialistica. L'impresa sionistica in Palestina, con la gravissima oppressione di quel popolo, costituisce un elemento specifico di umiliazione e violazione del diritto. Il colpo di stato in Algeria per la "correzione" di risultati elettorali rappresenta un'ulteriore tappa. L'aggressione e l'invasione dell'Iraq, inaudito crimine contro la pace e l'umanità, che prosegue nonostante l'epica Resistenza, che incarna anche la legittimità della continuazione dello Stato irakeno contro ogni "governo fantoccio", ha probabilmente segnato il punto di non ritorno. Si è scatenata una guerra generale e come l'Occidente l'ha portata in territorio musulmano, anche con mezzi terroristici, la risposta è purtroppo (ma sin troppo naturalmente, considerata anche l'asimmetria delle forze) fondata sul principio di reciprocità: guerra nei nostri territori.

Si tratta di considerazioni elementari, celate da profluvi di chiacchiere e di pseudofilosofie. Nelle rivendicazioni dei gruppi "terroristici", quelle almeno non provenienti da servizi segreti, si dice chiaramente che la fuoriuscita dai territori arabi e musulmani e la cessazione delle aggressioni porrebbero fine alle azioni che chiamiamo "terroristiche". Si chiede insomma il ripristino del diritto internazionale. Non pare dubbio che i paesi colpiti o minacciati sono quelli direttamente partecipi dell'invasione o quelli complici, come gli Stati arabi e musulmani che collaborano con l'occupante e il "governo fantoccio".

Senza escludere naturalmente la possibilità di frange ultraestremistiche, l'unica misura sufficientemente sicura per eliminare il pericolo nei nostri territori è appunto anzitutto il ritiro per sé doveroso dall'Iraq e nel tempo il mutamento di politica verso gli arabi e i musulmani in generale, di cui va riconosciuto il diritto alla piena indipendenza, alla scelta qualunque sia del regime politico e sociale, alla sovranità sulle loro risorse naturali.

Fa semplicemente ridere l'espressione frequente nei nostri esaltati, per cui sarebbe in gioco la difesa della nostra civiltà e modo di vivere. Si vuol far dimenticare che siamo noi a voler imporre il nostro modo di vivere e la nostra (formalissima) "democrazia" a quei popoli.

A questo grande imbroglio la sinistra c.d. radicale partecipa a suo modo non dicendo la piena verità sul conflitto in atto. Si veda ad esempio l'articolo ("Liberazione" del 21 luglio 2005) di Ritanna Armeni, di cui non commentiamo l'affermazione che "la guerra e lo scontro che sconvolgono il pianeta riguardano soprattutto il dominio sulle donne", con la singolarità che tale dominio verrebbe affermato da ambo le parti del conflitto. L'errore gravissimo e funesto dell'articolo è che si prende sul serio "il progetto di Costituzione irakena", senza voler riconoscere che essa si inserisce nel quadro del "regime fantoccio", che non è certo controparte dell'amministrazione Bush, posta sotto accusa giustamente nell'articolo per la nomina, come giudice della Corte suprema americana, del conservatore John Roberts. L'altra parte del conflitto, quella che vuole l'indipendenza dell'Iraq, è la legittima Resistenza irakena, il cui nucleo fondamentale è dato dal partito Baath di Saddam Hussein, laico e che aveva dato alle donne pienezza di diritti e mantiene nel suo programma tali principi. Questo viene riconosciuto dalla Armeni, ma praticamente cancellato dalla ripetitiva tiritera del carattere "sanguinario" della "dittatura" di Saddam Hussein: affermazione che prescinde completamente dalle concrete situazioni storiche dell'Iraq. E quindi dalla contestualizzazione dei caratteri del governo legittimo irakeno.

Aldo Bernardini

27 luglio"


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