La caduta del governo Prodi-D'Alema

Eros Barone

22 febbraio 2007


Il governo Prodi-D'Alema è caduto non tanto per le astensioni di tre vecchi ruderi della politica e dell'economia italiane quanto per le astensioni determinanti di due senatori che hanno scelto - e a loro va il mio plauso - di essere i portavoce delle istanze che sono state al centro della possente manifestazione popolare contro l'ampliamento della base militare Usa, contro l'imperialismo americano e per la pace, che si è svolta a Vicenza sabato scorso.

Nessuna nostalgia ha senso per un governo come quello che, nelle ore in cui scrivo, si sta dimettendo. Un governo che ha varato una finanziaria socialmente iniqua ed economicamente gravosa; un governo che ha promosso liberalizzazioni di pretto stampo capitalistico, gabellandole per misure innovatrici; un governo che non ha voluto marcare nessuna discontinuità sul terreno della politica estera, limitandosi ad attuare quanto già era stato deciso dal governo precedente (ritiro dall'Iraq, permanenza e rafforzamento dell'impegno bellico in Afghanistan mascherato con insulsi pretesti umanitari, cooperazione militare con Israele, aggressivo filosionismo e, 'last but not least', potenziamento delle basi militari Usa in Italia, da Vicenza a Sigonella, da Cameri a Napoli) o assumendo in proprio iniziative avventuristiche come l'intervento in Libano; un governo che, oltre a rilanciare sul terreno della politica scolastica la nefasta linea neoliberista della privatizzazione, ci ha regalato con i 'nuovi' esami di Stato di Fioroni, dopo la farsa degli esami di Stato della Moratti con le commissioni interne, l'imitazione parodistica degli esami di licenza media; un governo che non è stato capace di introdurre nel nostro paese neanche i Pacs, derubricati a Dico per non contrariare Ratzinger e Ruini; un governo che, infine, ci ha offerto spettacoli disgustosi (anche questo la dice lunga sul livello morale di un certo personale politico) come quello di un ministro sorpreso a ballare come un tarantolato durante la festa di capodanno al 'Billionaire' di Flavio Briatore, evasore fiscale dichiarato e promotore di rivolte antifiscali dei ricchi che hanno le loro ville in Sardegna (episodio, questo, della serie “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”).

Di fatto, il governo è caduto quattro giorni dopo la grande, combattiva e determinata manifestazione popolare di Vicenza, alla quale il Presidente del Consiglio, intensificando il fuoco di sbarramento scatenato preventivamente dal Ministro degli Interni, ha risposto, con un'arroganza di altri tempi (quelli della Democrazia Cristiana), che essa non avrebbe cambiato di una virgola la linea politica del governo. Era giusto che questa offensiva dimostrazione di insensibilità politica e ideale fosse punita nel modo più drastico, ossia negando la maggioranza alla mozione sulla politica estera presentata da un simile governo. Non sono un fautore della linea del 'tanto peggio, tanto meglio” e so che il centro-destra ha condotto, come è naturale, una manovra per incunearsi nelle contraddizioni che da tempo laceravano l'Unione e sfruttarne a proprio vantaggio la debolezza: sono però convinto che, essendo del tutto vera la massima latina secondo cui “corruptio optimi pessima”, con un falso governo di centro-sinistra eravamo già arrivati al peggio e, dunque, qualsiasi altro governo, purché costituzionalmente legittimo, sia migliore di quello che ha dato le dimissioni.

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