La Lega e la lira:
demagogia per acquisire voti per le prossime elezioni politiche e contraddizioni europee!

Dopo il doppio no di Francia ed Olanda alla Costituzione europea, un noto giornale europeo (non ricordo il titolo) ha lanciato una sensazionale indiscrezione: il cancelliere tedesco per vincere le elezioni politiche fissate per Settembre prossimo avrebbe l'intenzione di far uscire la Germania dall'euro e ritornare al marco, i cui sondaggi di opinione riaffermano sempre l'attaccamento dei tedeschi alla loro vecchia moneta. La notizia viene subito smentita.

A sua volta il presidente Chirac, pur prendendo atto del no del popolo francese, riafferma il suo impegno per l'Europa e per l'euro. In questo frangente l'escamotage della Lega di ritornare alla lira, promuovendo un referendum, dopo aver detto negli ultimi mesi peste e corna dell'euro, dei prodotti cinesi che invadono i mercati italiani, del ritorno ai dazi, mentre alcuni anni addietro era paladina del "libero scambio" ed addirittura dell'entrata della "Padania" nell'euro se l'Italia non avesse avuto i conti in regola, ha il classico sapore demagogico di prendere voti in abbondanza, approfittando dello scontento popolare per la difficile situazione economica del paese.

Comunque, l'esito del referendum in Francia e Olanda, le indiscrezioni, presunte o false sul marco, l'attacco della Lega con aspetti retroattivi alla gestione economica del Ciampi, in qualità di ministro dell'economia o di primo ministro, aldilà delle forzature in riferimento agli interessi specifici di ogni forza politica, sia essa francese, tedesca o italiana per raccogliere voti, evidenziano le contraddizioni reali in cui si dibatte l'Unione Europea che, ritorno a dire, a mio avviso politicamente non esiste e più si allarga e più si indebolisce, rimanendo soltanto una grande area di circolazione di capitali, di merci e di persone.

Lo stesso rafforzamento dell'euro sul dollaro, più che un punto di forza dell'Europa diventa invece un punto di debolezza, perché l'economia americana è ritornata più competitiva nelle sue esportazioni e si è sollevata dalla situazione di stagnazione in cui era precipitata, mentre di rimando l'economia dei paesi europei non riesce a decollare, anzi, in alcuni casi, come l'Italia, è in piena recessione.

Un euro forte, sorretto da una Unione Europea politicamente forte ed in contrapposizione con l'egemonismo americano, poteva scardinare nell'arena economica internazionale la supremazia del dollaro. Ma così non è stato e l'ascesa dell'euro sul dollaro ha fatto comodo agli Usa, che non l'hanno ostacolata, e si può prevedere che, se l'economia americana troverà un trend di crescita almeno di medio termine (e sottolineo se, per tener presente i problemi di competizione con l'economia cinese!), l'euro si deprezzerà nei confronti del dollaro ed il capitale finanziario americano rilancerà nella competizione monetaria.

Non bisogna dimenticare che le divise internazionali forti come il dollaro, l'euro (e prima il marco), lo yen, la sterlina, il franco svizzero, si appropriano i frutti dello scambio economico diseguale tra paesi ricchi e paesi poveri. Questi frutti hanno permesso nel passato alle classi dominanti dei paesi ricchi di far appropriare le mancie dello sfuttamento dei paesi poveri alle "aristocrazie operaie" (per dirla con Lenin). I turisti americani, giapponesi, tedeschi spendevano bene nei paesi esteri, soprattutto se ad economia debole, approfittando della forza della loro moneta. Ecco perché nell'immaginario collettivo tedesco è rimasto il buon ricordo del marco.

La creazione e la stabilità della moneta unica europea sono state pagate dalle masse popolari europee con l'imposizione dei parametri di Maastricht e con tutte le misure contenute nelle leggi finanziarie, oltreché con la riduzione del potere d'acquisto per i blocchi salariali e con l'aumento dei prezzi, in riferimento ai noti fenomeni speculativi, almeno in Italia, proprio con l'introduzione dell'euro che ha fatto diventare di fatto nel sistema dei prezzi l'equivalenza un euro eguale mille lire (anziché le 1936,27 lire di partenza).

Ritornare ora alla lira significherebbe per le masse popolari pagare immediatamente altri prezzi, come i maggiori interessi sui muti indicizzati per l'acquisto della prima casa e le maggiori rate in lira dei medesimi, dal momento che la lira si deprezzerebbe continuamente nei confronti dell'euro, mentre salari e stipendi rimarrebbero bloccati.

Inoltre occorrerebbe pensare a tutti i crack finanziari ed economici per molte aziende, quindi la forte diminuzione dell'occupazione. L'euro bene o male assorbe sollecitazioni di diversa natura ed attenua gli effetti perché agisce su scala più vasta. Una moneta nazionale debole non può avere questa capacità di assorbimento, col pericolo di ripetere in Italia, quanto avvenuto ngli anni passati in Messico, Corea del sud, Russia, Brasile, Argentina, ecc. Già, ad esempio, il caso Parmalat con la moneta nazionale avrebbe avuto effetti devastanti. E poi un conto è auspicare dalle crisi economico-finanziarie che scuotono ciclicamente il modo capitalistico di produzione, ed avere la forza di imporlo, un rivolgimento sociale guidato dalla classe operaia e favorevole alle masse popolari, altro conto è subire la dittatura del governo del capitale finanziario, che, illudendo od imbrogliando la piccola e media borghesia per ottenere il consenso di massa, sfrutta ancora di più la classa operaia e le masse popolari. L'esempio del fascismo in Italia e del nazismo in Germania sono indicativi.

Nella situazione attuale le posizioni politiche provocatorie della Lega di Bossi e soci improntate a demagogia destabilizzante sull'assetto istituzionale e sull'euro (e per altri aspetti associandosi nel referendum del 12 giugno al fronte clericale) hanno come unico obiettivo quello di salvaguardare gli interessi dei gruppi finanziari legati a Berlusconi ed alle forze più reazionarie dell'Italia.

6 giugno 2005

G. A.


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