La vittoria del no in Francia

Mi è capitato di scrivere da qualche anno a questa parte in diverse sedi, compresa Aginform, sull’Europa che non c’è.

Il risultato del referendum sulla Costituzione europea mi conforta nelle mie opinioni. Il no non si riferisce strettamente alla Costituzione, ma anche ad altro. Desidero, pertanto, mettere in rilievo alcune considerazioni.

Partiamo dalla Costituzione europea: essa è pessima e rappresenta un notevole passo indietro rispetto alle principali Costituzioni nazionali, scaturite dalle lotte di liberazione all'occupazione nazifascista. A maggior ragione quella francese scaturita dalla rivoluzione del 1789 ed aggiornata dal trionfo della resistenza all'occupazione nazista ed al governo di Vichy.

Le Costituzioni del 1945, rappresentavano un compromesso tra le istanze delle masse popolari ed i partiti della borghesia legati all'intervento americano. Così, ad esempio, quella italiana sul piano dei diritti dei cittadini, sulla divisione dei poteri e sul controllo reciproco di essi, e sul no alla guerra imperialistica è progressista, mentre sui rapporti economico-sociali, sulle espropriazioni, nonostante alcune affermazioni positive, risente del peso dei partiti liberalborghesi presenti nelle Assemblee Costituenti di allora.

La Costituzione europea di oggi è stata scritta dai rappresentanti del capitale finanziario e le minoranze di ispirazione comunista, di sinistra socialista e dei verdi, non avendo un grande peso nei parlamenti nazionali, sono state escluse nella Commissione per la stesura. Inoltre nei paesi europei, il movimento di massa, dopo il crollo dei paesi dell'est e dell'Unione Sovietica, è andato in riflusso, anche per responsabilità di molte forze di sinistra che si sono unite al coro generale.

La Costituzione europea come è stata scritta non si può accettare, anche se non si può pensare di scrivere una Costituzione per un'Europa dei popoli e non dei governi, dal momento che manca un movimento di massa anticapitalistico organizzato. Si sarebbe potuto formulare un testo diverso se il movimento operaio e democratico organizzato avesse avuto una forza per affermare almeno un nuovo compromesso tra masse popolari e borghesia monopolistica di ispirazione antiamericana, come quella francese. Ma ciò non è stato possibile perché con l'allargamento ad est dell'Europa è prevalso in politica estera il peso delle borghesie compradore legate agli Stati Uniti, le quali ovviamente non vogliono un'Europa forte che si contrapponga agli Usa, bensì un'Europa che riprenda le linee aggressive dell'imperialismo nazista per disgregare la Russia, dopo il crollo dell'Urss, ed appropriarsi delle grandi risorse naturali esistenti nel continente euro-asiatico. Non solo ma nelle guerre infinite scatenate dagli Usa le borghesie dell'est hanno messo a loro disposizione le proprie forze armate. L'unità europea è stata così spezzata ed il disegno franco-tedesco notevomente indebolito, nonostante il nuovo apporto di Zapatero.

La vittoria del no in Francia cade in questo contesto ed è stata, oltre che una forma primitiva di difesa dei lavoratori francesi dalla concorrenza sul mercato del lavoro della manodopera polacca o di quella proveniente da altri paesi dell'est, disposta a ricevere una remunerazione salariale più bassa, una protesta contro la politica antisociale del governo Raffarin.

Il capitalismo europeo con i flussi migratori ci guadagna un maggior pluslavoro. Avere una forza-lavoro comunitaria a basso prezzo significa evitare i grossi flussi extra-comunitari che, sebbene vantaggiosi sul piano economico, a livello quantitativo creerebbero dei problemi d'ordine sociale, soprattutto nel momento in cui l'imperialismo sostiene la guerra mascherandola come scontro di civiltà o di religione. Da questo punto di vista la vittoria del no deve rappresentare una lezione anche per quelle forze di sinistra che in Francia o fuori della Francia l'hanno caldeggiata. I problemi dei flussi migratori non si possono trattare in astratto con uno spirito illuministico, ma devono essere calati nella realtà dei rapporti capitalistici. Altrimenti trionferà l'internazionale del capitale e non certamente quella dei lavoratori. Bisogna tener conto dei rapporti sociali conquistati nei singoli paesi dai lavoratori medesimi e non mettere in concorrenza i lavoratori dei diversi paesi. Da questa concorrenza si creerà per il capitalismo europeo la stessa situazione favorevole creata nel secondo dopoguerra dagli accordi della Comunità Europea Carbone ed Acciaio: l'Italia, ad esempio, aveva bisogno di ferro e carbone a basso prezzo ed in cambio dava alla Germania, alla Francia, al Belgio lavoratori a basso salario e senza tutte le assicurazioni sociali, rispetto ai lavoratori indigeni.

Adesso, le forze della sinistra che hanno favorito il no in Francia devono organizzare un vasto movimento di massa per cacciare la destra dal governo e spostare i rapporti di forza in tutta l'Europa. Altrimenti la vittoria del no, in ultima analisi, sarà un risultato che può favorire gli Usa, i quali non vogliono un Europa unita, ma debole per dominarla.

30 maggio 2005

G. A.


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