Tre sfide per i comunisti

In ogni angolo del mondo, i comunisti, impegnati a ricostruire il movimento dopo gli sconvolgimenti degli anni '80 e '90 si cimentano con tre grandi sfide che, seppur in interazione tra di loro, si pongono però su livelli diversi richiedendo le corrette articolazioni e distinzioni, nel solco di quello che Lenin definiva "analisi concreta della situazione concreta" e Mao sollecitava alla individuazione della contraddizione principale e dell'aspetto pincipale della contraddizione per individuare di volta in volta il nemico principale e combattere solo quello per vincerlo. Se nella lotta impari contro l'imperialismo ed il capitalismo non si tengono a mente questi insegnamenti e si scade, come nelle posizioni di molti gruppetti o di qualche declamatore compagno, nella guerra delle parole contro tutti non si realizza niente e si corrisponde solo alla logica mussoliniana del "molti nemici, molto onore". Le tre sfide sono:

1) La prima, ideologica, che scaturisce da una corretta analisi del livello di sviluppo delle forze produttive, da una comprensione scientifica delle leggi del materialismo dialettico e storico per trasformare la formazione sociale capitalistica in direzione del socialismo, tenendo conto dei rapporti di forza e dei tempi che la storia richiede e non delle utopistiche aspirazioni che stanno sempre in ogni cambiamento e che poi si depurano misurandoci con i problemi reali. La sfida ideologica è stata ed è importante per difendere e sviluppare il socialismo scientifico dalla socialdemocrazia, dal revisionismo, dal populismo, dalla metafisica, da una visione religiosa del mondo, ecc. In questa sfida bisogna lottare con la massima chiarezza per affermare una nuova concezione del mondo.

2) la seconda, politica, che ci deve permettere di individuare chi è il nemico principale e contribuire ad unire tutte le forze, anche quelle profondamente diverse da noi, con le quali ci sfidiamo a livello ideologico e in una strategia di lungo periodo, ma che combattono lo stesso nemico. La lotta politica non si può scambiare con quella ideologica e di lungo periodo. Per intenderci, sul piano internazionale, il nemico principale è l'imperialismo americano impegnato a dominare il mondo e su quello interno è il governo Berlusconi il quale, rappresentando gli strati più reazionari del capitale finanziario e della borghesia, in alleanza con l'imperialismo americano, cerca di dare l'assalto finale alla Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza, per imporre un regime autoritario e pronto anche a smembrare l'unità nazionale, pur di mantenere il suo potere, nonostante le grandi lotte di massa e le sconfitte elettorali che continuamente subisce. Anzi, ad ogni sconfitta sul campo, così come Bush rilancia allargando le guerre aggressive, Berlusconi rilancia impegnandosi in opere demolitorie sia nel campo istituzionale, sia in quello giuridico che in quello sociale. Chi sottovaluta queste azioni demolitorie, magari etichettandole come contraddizioni della borghesia perché le norme giuridiche approvate nel passato rispetto a quelle presenti in ultima analisi fanno parte del diritto borghese, si pone nella stessa ottica e compie lo stesso ruolo di chi, non condividendo la posizione ideologica del PCUS, rimaneva contrario o indifferente all'esistenza dell'URSS. E invece, chi sa comprendere la storia, si rende conto della grande tragedia avvenuta con la dissoluzione dell'URSS, non solo per i popoli sovietici ma per tutti i popoli del mondo con la aumentata rapacità ed aggressività dell'imperialismo, soprattutto quello americano.

3) la terza, organizzativa, riguarda che Partito costruire per evitare le divisioni e le frammentazioni iniziate alla fine degli anni '60 o le involuzioni che si sono manifestate, per le leggi della dialettica e dello scontro sociale, dopo la presa del potere o dopo un apogeo, fino allo scioglimento di molti partiti; ed i più clamorosi casi sono quelli del PCUS e del PCI.

Dalla storia si evince per la nostra epoca che solo un partito di quadri, di militanti ben organizzati e di massa per il richiamo anche elementare di compagni uniti dalla tessera, dalla propaganda quotidiana e dal supporto fisico alle sue iniziative di lotta, può avere un futuro.

I partiti solo di quadri sono rimasti sparute minoranze in ogni parte del mondo, anche se spesso hanno fatto bene il loro lavoro ideologico ma non hanno saputo unire il lavoro ideologico a quello politico. Altra cosa è stata la presunzione dei gruppi che volendo riproporre il "partito di quadri", nell'individualismo e nel settarismo dei loro promotori non hanno fatto nemmeno lavoro ideologico bensì un ideologismo ripetitivo ed un rivoluzionarismo parolaio consumandosi in dispute interne e senza alcun legame non solo con le masse ma con la stessa realtà.

Al contrario, dopo il fallimento dei grandi partiti di massa come il PCI (quando scelse proprio questo ruolo per concentrarsi principalmente nelle battaglie parlamentari e sollecitando le iniziative di massa solo per allargare il consenso elettorale, non assegnandosi più l'obiettivo strategico di trasformare il modo di produzione capitalismo), i partiti fondati come partiti solo di massa, ed in Italia su questa scia attualmente operano il PRC ed il PdCI, non si pongono nei fatti, indipendentemente dagli slogans che recitano, un obiettivo strategico di lungo periodo per la realizzazione di una nuova società, proprio perché hanno rifiutato la preparazione e l'organizzazione dei quadri e dei militanti sulla base di un lavoro ideologico e di istanze di partito che con spirito costruttivo e di disciplina determinano la linea politica, mentre hanno affidato ai leader, alle loro improvvisazioni, ai loro discorsi ed alle iniziative parlamentari ciò che si può definire come scelte e non certamente come linea politica organica.

5 maggio 2005

Giuseppe Amata


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