La soluzione non è Elly Schlein
ma la formazione di un vero fronte costituzionale

  Si sta discutendo di quanto la nuova segretaria del PD sia spostata a sinistra ma, anche se è stata eletta ai gazebo e non dagli apparati, non è prevedibile che determini una vera rivoluzione copernicana, dal momento che le tendenze liberiste e atlantiste, che sono la sostanza del Partito democratico, se anche ci fosse la volontà di voltar pagina, non possono certo essere facilmente rimosse. Inutile però tentare anticipa­zioni, anche perchè nel futuro del PD c'è anche l'ipotesi di una sua implosione.

  Le considerazioni che vanno fatte riguardano invece un altro ordine di problemi e precisamente come inquadrare la situazione dello schieramento di opposizione e come individuare le tendenze che ci possono interessare e su cui lavorare. Ebbene, da questo punto di vista assistiamo da tempo a una situazione altalenante, scaturita dal fallimento del tentativo di Letta di consolidare un’egemonia ‘draghiana’ del fronte di opposizione.

  Conte è riuscito a mettere i paletti a quella deriva portando il movimento 5 Stelle a fare una opposizione che si fonda su alcune questioni sociali e di indirizzo economico e a mettere le mani avanti su nuovi invii di armi all'Ucraina. Con questo punto di resistenza ha dovuto fare i conti anche il PD che quando è arrivato alla resa dei conti congressuale ha constatato che il centrista Bonaccini non poteva essere il garante dei nuovi equilibri. Più che una vittoria di 'sinistra' si è trattato di una sconfitta dell'ala che viene etichettata coll’abusato termine 'riformista' del PD.

  La situazione è dunque in movimento e sarebbe il caso di non relegarla, come avviene nella sinistra più o meno antagonista, nel limbo delle vicende istituzionali, come se la lotta politica fosse estranea al nostro campo di interessi. Il che non significa entrare in processi politici che non ci appartengono, bensì capire i dati oggettivi e che cosa sta effettivamente succedendo.

  Per cominciare si tratta di collegare in qualche modo la vicenda Conte con quella della Schlein capendo che il punto di riferimento storico, il PD come garante degli equilibri centristi, è in crisi e che da questo fatto emerge un'esigenza diffusa al cambiamento che è alla base dei mutamenti che stanno avvenendo (tra i quali bisogna includere l'astensionismo come fattore indicativo di una realtà consolidata).

  Questo non garantisce da operazioni trasformistiche, basate sul cambiare tutto per non cambiare nulla, però rispetto alle dinamiche in corso non si può avere un atteggiamento passivo e bisogna invece insistere a definire una prospettiva politica da imboccare a partire appunto da ciò che sta accadendo.

  Nel definire questa prospettiva occorre tener conto di alcune questioni determinanti. Una, essenziale, è costituita dall'assenza nello scenario italiano della partecipazione dei lavoratori. Si continua a parlare di cambiamenti politici e di alternative, ma questo avviene in assenza del soggetto che è più interessato a modificare lo stato di fatto attuale, dai bassi livelli salariali, alla diffusione della povertà, alla precarietà del lavoro, ai bilanci statali che peggiorano il welfare. Se si vuole rimuovere questo macigno bisogna riaprire un discorso di autonomia e di rappresentanza dei lavoratori. Una sinistra che si definisce alternativa parla, su queste questioni, in politichese e si trastulla in esperienze che da decenni hanno esaurito la loro propulsività e hanno bisogno invece di un serio aggiornamento.

  Come si rimette in moto la macchina delle lotte operaie? Come si mette in crisi un controllo confederale sui lavoratori che è la causa prima dello stato di inerzia imperante? Proviamo a discuterne e a uscire dalla retorica operaista.

  C'è però un' altra questione che è direttamente politica e su cui si dovrebbe aprire un dibattito. Si tratta, in questo caso, di individuare quella prospettiva politica su cui far convergere le forze in campo che sono disponibili a partecipare al cambiamento e ad affrontare seriamente il governo di destra, che è una macchia sul popolo italiano.

  Attualmente il problema viene ridotto alle relazioni tra PD e 5 Stelle e c'è un settore della sinistra moderata che spera che un accordo vada in porto, ma a ben vedere la questione non può ridursi a questo e Conte nella manifestazione di Firenze l'ha precisato. L'unità parte dai contenuti e ad illuminare la prospettiva a cui bisogna tendere non serve, aggiungiamo noi, l'ipocrisia di un Landini, rappresentante improprio del mondo del lavoro.

  Se vogliamo invece contribuire a che le cose vadano diversamente bisogna mettere in crisi, una volta per sempre, il concetto che l'alternativa politica possa nascere mantenendo una muraglia cinese tra le nostre ipotesi e la realtà e puntando su separatezze ideologiche e riti politici che non solo non modificano questa realtà, ma dimostrano che nei fatti non si ha un vero progetto che porti a diventare protagonisti del mondo politico reale. Bisogna sporcarsi le mani e avere il coraggio di affermare che la battaglia contro la destra, la guerra e il liberismo va affrontata con una continuità storica con quello che è stato il movimento progressista fino alla capitolazione del PCI. Le scelte da fare oggi sono in continuità con quella vicenda storica.

  Ma come si può giungere a un risultato di questo genere? Da quali presupposti partire? Fino ad oggi abbiamo assistito al nascere di gruppi politici che per sciogliere il nodo si sono fatti subalterni a partiti come il PD che rappresentavano solo la conser­va­zione e abbandonavano ogni spinta progressista.

  Un movimento di opposizione deve invece uscire da questa logica e definire un progetto politico che metta in chiaro che nella fase attuale il punto di convergenza rimane quello dei principi della carta costituzionale nella loro sostanza progressista. E' con questa bandiera che bisogna unire il movimento e preparare la riscossa che travolga il governo Meloni. Bisogna avere il coraggio in altri termini di affermare che tutto ciò che sta avvenendo oggi in Italia di fatto è fuori dalla Costituzione, a partire dalla partecipazione alla guerra e dalla politica liberista. Da qui si parte per cambiare le cose, uscire dall'elettoralismo e ridare al voto il senso di una sfida politica vera.

  Non sarebbe il caso che si pongano finalmente le basi per costruire questo progetto?

  Dividere democratici e 'alternativi' è un atto di stupidità che si ripete da decenni. Gli 'alternativi' fingono di creare fittizie prospettive politiche mentre il fronte democratico si trastulla su alchimie elettorali. Costruire un ponte tra alternative vere, basate sul carattere delle attuali contraddizioni, e le forze democratiche che tendono al cambiamento deve diventare il programma di tutti, anche di quelli che si considerano ancora comunisti e legati alla storia migliore della loro tradizione.

Aginform
6 marzo 2023