Due Pieri ben differenti

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La lettera di Piero Bernocchi

La risposta attribuibile al direttore di "Liberazione" Piero Sansonetti

La replica (non pubblicata) di Piero Bernocchi a Liberazione

Su “Liberazione” straordinaria del 1° maggio 2006 è comparso un articolo, che non esito a definire splendido, di Piero Bernocchi dal titolo “La pietas per i soldati italiani morti a Nassiriya e la realtà della guerra”. Non esito a dire che lo sottoscrivo parola per parola.

Aggiungo soltanto che la comprensione profonda della situazione sarebbe per tutti più agevole se, sgomberando la mente dall’ultimo tabù (la dittatura di Saddam e la sua malvagità), ci immergessimo nella realtà storica e politica e prendessimo atto che il nucleo basilare della Resistenza irakena è stato predisposto prima dell’aggressione e rappresenta quindi non un fenomeno di insorti (pur in ogni caso legittimi), bensì qualcosa di più: la continuità dello Stato irakeno e la continuazione della guerra contro l’aggressione e l’occupazione. Situazione non superabile, finché la Resistenza dura, né con risoluzioni illegittime del Consiglio di sicurezza, né con fasulli “processi politici” instaurati ed incanalati dall’occupante, apparentemente guidati da un regime che è sorto e rimane come quisling.

Mi permetto di dire e con ciò di épater le bourgeois, che se 20 milioni di irakeni avessero pur votato (ma chi ce lo ha certificato, fra l’ altro?) a favore dell’asservimento allo straniero e di una situazione che consente a questo la rapina dell’economia, e uno strenuo manipolo a ciò si contrapponesse con le armi, sarebbero questi ultimi ad esercitare il diritto di autodeterminazione.

Non credo di esprimere un’ipotesi temeraria se il commento apposto a Piero Bernocchi da un pi.sa. lo attribuisco all’altro Piero, il direttore Sansonetti.

Sfugge a questo, nel parossismo dell’irreale pacifismo e dottrina di non violenza in cui è precipitato, che – e basta rileggerci la sentenza della nostra Cassazione del 1999 su Via Rasella – a Nassiriya si è trattato ancora una volta di legittimo atto di guerra contro occupanti partecipi del contesto di una criminale aggressione.

Veramente stupisce che questo commento neghi la possibilità di “sindacare sul diritto di alcuni soldati italiani di presentarsi volontari per partecipare a quella operazione. Non credo che nessuno possa arrogarsi questo potere di giudizio. Nessuno, proprio nessuno ne ha titolo”. E prima ancora avevamo letto che non possiamo ritenerci autorizzati “a valutare col bilancino il valore o il non valore della loro [di quei volontari, n.d.r.] missione all’estero”. Roba da matti: vogliamo sindacare la militanza – essa tra l’altro dovuta nel loro paese, non volontaria – dei soldati nazisti uccisi a Via Rasella? Mi è assolutamente chiaro che partire da presupposti assurdi, antistorici, antigiuridici porta a conseguenze del tutto illogiche, anzi pazzesche.

Il commentatore manifesta molto nervosismo perché Bernocchi ha citato il “reazionario” Cossiga con una giusta precisazione sul concetto di eroi: i militari italiani non lo sono “a differenza dei resistenti irakeni, non sono né martiri né eroi perché non la morte, ma la causa, fa degli uomini martiri ed eroi; le nostre sono truppe di occupazione e invasione che hanno ucciso numerosi resistenti irakeni che difendevano l’indipendenza del loro paese”.

E’ insulso quanto commenta pi.sa.: “Dubito che esistano gli eroi e sono sicuro che in un mondo civile non dovrebbero esistere”. Certo, lo dice anche Brecht: “Beato il paese che non ha bisogno di eroi”. Ma quando ve ne è bisogno, ci sono e debbono esserci. Vogliamo negare gli eroi di Leningrado, di Stalingrado, della Resistenza italiana ed europea, delle guerre di liberazione dal colonialismo e tanti altri?

Povero pi.sa.! Il quale chiude con la solita insalata: si deve “provare orrore per gli attentati: anche quelli contro i soldati italiani, e non solo per le stragi compiute dagli americani e dai terroristi del Mar Rosso. Non sarebbe più semplice dire a voce alta che un morto è un morto, è un morto, e che noi – noi pacifisti, dico – vogliamo che in Iraq finisca la strage e quindi vogliamo che il governo ritiri le nostre truppe e quindi vogliamo che finisca anche l’occupazione delle truppe anglo- americane?”. Provi pi.sa. ad applicare questi baluginanti “concetti” ai partigiani della seconda guerra mondiale nei confronti dei nazisti occupanti, e si troverà nella stessa schiera dei negazionisti di destra e magari con l’on. Violante. Ma pensa che si porrebbe il problema della fine dell’occupazione dell’Iraq se non ci fosse la Resistenza irakena?

Ma se occupanti iniziali e aggiuntisi, come quelli italiani, pensano a ripartirsi le spoglie di quel paese, come si fa a ritenere che se ne andrebbero, lasciandolo nella piena indipendenza e non nelle mani di fantocci, se gli irakeni non fossero impegnati a combattere? Ecco perché non posso iscrivermi tra i pacifisti, perché la distinzione delle cause è fondamentale e non sopprimibile. E ce lo ricorda un altro “reazionario”: il sen. Giulio Andreotti, che ha avuto il coraggio di dire che se fosse palestinese vissuto in un campo di rifugiati diverrebbe terrorista e che oggi, semplicemente, bisogna lasciare l’ Iraq agli irakeni: ovviamente non a quelli “americani”, ma a quelli irakeni.

Aldo Bernardini


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