Il delirio di Bush cancella i valori dell'Occidente

Danilo Zolo

Il Manifesto, 20 ottobre 2006


Il presidente Bush ha dunque promulgato il Military Commissions Act che di fatto legalizza gli orrori di Guantánamo. E si tratta di una normativa che non colpisce soltanto i 14 presunti leader di Al Qaeda e gli oltre 400 detenuti rinchiusi a Guantánamo.

Sono almeno 14.000 gli stranieri sospettati di terrorismo, in gran parte islamici, che gli Stati Uniti tengono in carcere, senza capi di accusa e senza prove. Ma anche questa cifra è incerta. Nessuno sa - nessuno deve sapere - quante sono le persone sospettate di terrorismo che la Cia e le altre istituzioni di intelligence statunitensi detengono e torturano in prigioni segrete, sparse in tutto il mondo. Sono prigioni che proprio questo documento dichiara necessarie for protecting America e quindi legittime.

Oggi i diritti più elementari di migliaia di detenuti vengono cancellati «legalmente» e non più solo di fatto e con provvedimenti arbitrari. La nuova legge li sottopone al giudizio di Tribunali militari speciali, le cui sentenze saranno inappellabili. Li priva dell'assistenza di avvocati di fiducia e li giudica sulla base di prove che possono restare segrete. Non solo sopprime qualsiasi limite legale alla detenzione, vietando i ricorsi di habeas corpus, ma consente anche condanne a morte decise sulla base di dichiarazioni ottenute con la tortura.

Infine, e soprattutto, legittima la tortura stessa. Sarà infatti il Presidente George W. Bush stesso a decidere caso per caso quali saranno i metodi da adottare negli interrogatori, consentendo, a sua discrezione, l'applicazione di «tecniche pesanti». E noto che questo significa, come è accaduto ad Abu Ghraib, a Bagram, a Polj-Charki, l'uso di torture spietate come quelle termiche, acustiche e luminose che producono sofferenze crudeli e devastanti senza lasciare tracce sui corpi, o come lo schiaffeggiamento e lo scuotimento fisico prolungato che porta al delirio e allo svenimento. Ma può anche accadere che portino alla mutilazione permanente o alla morte dei torturati.

Si tratta di gravissimi crimini di guerra di cui, in base alla terza Convenzione di Ginevra e al Trattato internazionale contro la tortura del 1984, i responsabili dovrebbero rispondere di fronte ad una assise penale nazionale o internazionale: fra questi, anzitutto i membri dell'amministrazione statunitense, incluso il Presidente Bush e tutti i sui principali collaboratori. Ma è chiaro che questo non avverrà mai.

Non avverrà perché gli Stati Uniti operano ormai come il soggetto di un nuovo 'nomos della terra', che crea ad libitum un nuovo diritto internazionale, ignorando qualsiasi regola che limiti la loro sovranità «imperiale». Nel giugno scorso il Wall Street Journal ha rivelato che i consiglieri legali della presidenza hanno sostenuto in un lungo documento che il Presidente degli Stati Uniti, come commander in chief, non è tenuto a rispettare le norme internazionali che vietano la tortura.

Il Military Commission Act è dunque in perfetta continuità con una lunga serie di soprusi e di crimini che sovvertono in radice l'ordinamento giuridico internazionale: dalla non adesione al Trattato contro le mine antiuomo, al rifiuto del protocollo di Kyoto sulla protezione dell'ambiente, al sabotaggio della Corte penale internazionale, alla violazione sistematica delle Convenzioni di Ginevra, alla teoria e alla pratica della guerra preventiva.

Con questo atto il Presidente non solo ha infranto la logica stessa del sistema politico degli Stati Uniti e della grande tradizione giuridica e civile del rule of law e della divisione dei poteri. Bush ha lanciato una nuova sfida al mondo intero, in particolare al mondo islamico, accusato di volere la distruzione degli Stati Uniti come emblema della civiltà occidentale e dei suoi valori di libertà e di democrazia.

Il presidente Bush sembra ormai esprimersi personalmente e operare politicamente in forme che lo mostrano sempre più in preda a un odio delirante per i «nemici dell'America». Ma il delirio, l'odio e le sanguinose guerre d'aggressione possono essere una risposta alla tragedia (con i suoi tanti lati oscuri) dell'11 settembre 2001?

E' il suo un delirio di violenza, quasi un contagio riflessivo della violenza che le armate statunitensi hanno esercitato in questi anni e continuano ad esercitare nei Balcani, in Afghanistan, in Iraq. E' una furia nichilista che incolpa gli altri perché osano difendersi. E' la malattia mortale di un occidente che nega i suoi stessi valori pretendendo di sconfiggere con metodi terroristici un terrorismo che è esattamente il prodotto del suo delirio di aggressività e di violenza.

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