La Libia e l'imperialismo

"Workers World" Editoriale

Fonte: Workers World
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23 febbraio 2011


Di tutte le lotte in corso in Nord Africa e nel Medio Oriente in questa fase, la più difficile da decifrare è quella in Libia.

Qual'è il carattere dell'opposizione al regime di Gheddafi, che attualmente pare controlli la città orientale di Bengasi?

E 'solo una coincidenza che la ribellione sia iniziata a Bengasi, che si trova a nord dei più ricchi campi petroliferi della Libia e nelle vicinanze della maggior parte degli oleodotti, gasdotti, raffinerie e del porto per il gas liquefatto? Esiste un piano di spartizione del paese?

Qual'è il rischio di un intervento militare imperialista, che rappresenta il più grave pericolo per la popolazione dell'intera regione?

La Libia non è come l'Egitto. Il suo leader, Muammar al-Gheddafi, non è stato un burattino nelle mani dell'imperialismo come Hosni Mubarak. Per molti anni, Gheddafi è stato alleato di paesi e movimenti di lotta contro l'imperialismo. Quando assunse il potere nel 1969 con un colpo di stato militare, nazionalizzò il petrolio libico e usò gran parte delle risorse petrolifere per sviluppare l'economia del paese migliorando notevolmente le condizioni di vita della popolazione.

Per questo, gli imperialisti erano decisi a schiacciare la Libia. Gli Stati Uniti nel 1986 lanciarono attacchi aerei su Tripoli e Bengasi uccidendo 60 persone, tra cui la figlia piccola di Gheddafi, cosa che i mass media non amano ricordare. Devastanti sanzioni furono poi imposte dagli USA e dall'ONU al fine di distruggere l'economia libica.

Dopo che gli Stati Uniti ebbero invaso l'Iraq nel 2003 e spianato buona parte di Baghdad con una campagna di bombardamenti che il Pentagono esultante denominò "colpisci e terrorizza", Gheddafi cercò di allontanare la crescente minaccia di aggressione contro la Libia facendo grandi concessioni politiche ed economiche agli imperialisti. Aprì l'economia alle banche e alle società straniere, accettò le richieste di "aggiustamento strutturale" del Fondo Monetario, privatizzò molte imprese di proprietà statale e tagliò le sovvenzioni statali per generi di prima necessità come il cibo e il carburante.

Il popolo libico ebbe anch'esso a soffrire degli alti prezzi e della disoccupazione che stanno alla base delle ribellioni in altri paesi e che derivano dalla crisi economica mondiale del capitalismo.

Non c'è dubbio che la lotta per la libertà politica e la giustizia economica che pervade il mondo arabo ha coinvolto anche la Libia e non c'è dubbio che una parte consistente della popolazione è motivata dallo scontento per il regime di Gheddafi.

Tuttavia è importante che i progressisti si rendano conto che molte delle persone che vengono presentate in Occidente come leader dell'opposizione sono agenti di lunga data dell'imperialismo. La BBC il 22 febbraio ha mostrato filmati di folla a Bengasi che abbassava la bandiera verde della repubblica e la sostituiva con la bandiera del deposto re Idris, che era stato un fantoccio degli Stati Uniti e dell'imperialismo britannico.

I media occidentali stanno basando molti reportage su presunti fatti forniti dal Fronte Nazionale per la Salvezza della Libia, un gruppo in esilio che è stato addestrato e finanziato dalla CIA statunitense. Digitate il nome del Fronte più CIA su Google e troverete centinaia di riferimenti.

Il Wall Street Journal in un editoriale del 23 febbraio ha scritto che "Gli Stati Uniti e l'Europa dovrebbero aiutare i libici a rovesciare il regime di Gheddafi." Nelle stanze o nei corridoi di Washington non si parla mai di intervenire per aiutare la popolazione del Kuwait o dell'Arabia Saudita, o del Bahrain a rovesciare i loro governanti dittatoriali. Nonostante gli omaggi verbali per le lotte di massa che scuotono attualmente la regione, ciò sarebbe assolutamente impensabile. Quanto all'Egitto e alla Tunisia gli imperialisti stanno usando tutti gli strumenti a loro disposizione per tenere le masse lontane dalle piazze.

Non si è mai parlato di intervenire per aiutare il popolo palestinese di Gaza, nonostante le migliaia di morti per il blocco, i bombardamenti e le invasioni israeliane. Al contrario, gli Stati Uniti intervennero per evitare la condanna dello stato coloniale sionista.

L'interesse dell'imperialismo per la Libia non è difficile da riconoscere. Come scriveva il 22 febbraio Bloomberg.com, la Libia è il terzo produttore di petrolio dell'Africa, ma è anche quello con le maggiori riserve del continente, 44,3 miliardi di barili. E 'un paese con una popolazione relativamente esigua, ma col potenziale di produrre enormi profitti per le grandi compagnie petrolifere. E' così che lo vedono i super-ricchi, ed è questo che sta dietro alla preoccupazione che professano per i diritti democratici del popolo in Libia.

Le concessioni ottenute da Gheddafi non sono sufficienti per i padroni imperialisti del petrolio. Vogliono un governo tutto loro, a loro completa disposizione per fare quello che vogliono. Non hanno mai perdonato a Gheddafi di aver rovesciato la monarchia e nazionalizzato il petrolio. Fidel Castro nella sua rubrica "Riflessioni" sottolinea la fame di petrolio dell'imperialismo e lancia l'allarme perchè gli Stati Uniti stanno gettando le basi per un intervento militare in Libia.

Negli Stati Uniti, alcune forze stanno cercando di avviare una campagna di massa per promuovere tale intervento. Bisogna opporsi risolutamente e ricordare alle persone in buona fede i milioni di morti e di profughi causati dall'intervento americano in Iraq.

Molti progressisti si sentono in sintonia con quello che vedono come un movimento popolare in Libia. Ma noi, se possiamo sostenere le giuste richieste del movimento, dobbiamo soprattutto respingere l'intervento imperialista, quale che sia la forma che può assumere. E 'il popolo della Libia che deve decidere il suo futuro.

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