La nuova strategia imperiale di Washington in Venezuela

di Chris Carlson, giornalista freelance che vive in Venezuela
Traduzione di Eleonora Volpe per Luogo Comune
Fonte: http://venezuelanalysis.com/articles.php?artno=2035
Il blog dell'autore: http://boog.dnsalias.org/chris/


Washington sta perfezionando una nuova strategia imperialistica - già sperimentata in Serbia nel 2000 - per mantenere la propria supremazia nel mondo. Mentre le invasioni militari e l'installazione di dittature erano il sistema tradizionale per controllare le popolazioni straniere e tenerle fuori dei piedi, di recente il governo USA ha sviluppato una nuova strategia, meno complicata e brutale, ma molto più sottile. Così sottile, da risultare quasi invisibile.

È stata talmente invisibile in Serbia, che nessuno sembra averla notata nel 2000, quando il governo è stato rovesciato, il paese è stato aperto a privatizzazioni in massa e un enorme numero di industrie e imprese del settore pubblico e le risorse naturali sono cadute nelle mani degli USA e delle multinazionali. Allo stesso modo, ben pochi hanno notato come, di recente, siano state vittime della stessa strategia - e con gli stessi risultati - molti paesi dell'ex-blocco Sovietico.

I paesi che non cedono alle pretese dell'impero e dell'espansione del capitalismo globale vengono fatti oggetto di un ben congegnato piano segreto ...

... per cambiarne la situazione politica e aprire la strada agli investimenti [stranieri]. Gruppi sostenuti dagli USA operano all'interno del paese per far cadere il presidente in carica, come se non ci fosse stato alcun intervento esterno. E ora Washington ha rivolto la sua attenzione alla nuova grande minaccia: l'America Latina e, in particolare, il Venezuela.

La nascita del Nuovo ordine Mondiale

Durante la seconda metà del XX secolo, i capitalisti dei paesi sviluppati hanno esaurito le opportunità di investimento e di crescita nei mercati domestici. Le grandi compagnie hanno raggiunto un punto in cui l'espansione all'interno dei confini nazionali non era quasi più possibile e l'unica opzione era quella di trovare nuove opportunità all'estero.

I crescenti conglomerati corporativi si sono messi alla ricerca di nuove vie per espandere le loro operazioni nel mondo, investendo, privatizzando e acquistando qualunque cosa su cui potessero mettere le mani. Il capitale nazionale voleva diventare internazionale e, alla fine del secolo, è divenuto letteralmente globale.

"Diventa grosso o sarai divorato", questa divenne la nuova filosofia e così fu deciso di diventare grandi mangiandosi intere nazioni. Con l'aiuto della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, dappertutto le economie sono state aperte alla privatizzazione. Le reti di telecomunicazione ed elettriche, i sistemi idrici e le risorse naturali sono stati acquistati dai ricchi capitalisti nei vari paesi del mondo, il libero mercato è diventato l'ordine del giorno, un paradiso per il capitale internazionale, dove le ricchezze del pianeta vengono concentrate sempre di più nelle loro mani [1].

Alcuni paesi, tuttavia, sono determinati a non lasciarsi mangiare. Le privatizzazioni sono invise a quelle popolazioni che hanno sviluppato la folle idea che le risorse naturali debbano appartenere a loro e non a delle multinazionali straniere. Così, si sono creati focolai di resistenza in diverse aree del mondo e alcune nazioni non hanno voluto accettare la logica del capitalismo globale. Ma Washington è ben decisa ad aprire il mondo all'espansione delle multinazionali e cerca di piegare quei paesi che si oppongono, vuoi con la forza, vuoi con l'astuzia.

Il caso della Jugoslavia: un modello di cambio di regime

È stata la Jugoslavia e, più esattamente, la Serbia il luogo in cui la nuova strategia di Washington ha realmente preso forma per la prima volta. Da li è stata poi esportata in altri paesi, nel tentativo di ripetere il grandioso successo dell'esperimento serbo. Non è difficile capire perché. Dopo la caduta del regime di Milosevich, quel che restava dell'ex-paese socialista, inclusi alcuni dei giacimenti di risorse naturali maggiori in Europa, è caduto nelle mani degli USA e di altri investitori stranieri.

Si tratta di una strategia sofisticata. Con l'intenzione di sbarazzarsi di un regime indesiderato, il governo USA si dedica al rafforzamento e all'unificazione dell'opposizione al governo locale. Questo include il sostegno finanziario ai partiti politici di opposizione e la creazione di organizzazioni non-governative tese a scardinare il governo.

Inoltre, gli USA arruolano consulenti politici e agenzie di sondaggio per aiutare il candidato favorito a vincere nei ballottaggi. Nel caso in cui non riescano a vincere le elezioni, falsi sondaggi creano dubbi sui risultati ufficiali del voto e l'opposizione grida ai brogli. Le proteste di massa e i mezzi di comunicazione mettono sotto pressione il governo affinché cada o ceda alle richieste dell'opposizione [2].

Anche se può sembrare poco plausibile, è stata proprio questa la strategia che ha fatto cadere Slobodan Milosevich in Serbia nel 2000. Dopo che la guerra nel Kossovo e i bombardamenti della NATO ebbero fallito nel produrre un cambio di regime, gli Stati Uniti si impegnarono nel rafforzamento degli oppositori interni a Milosevich, riunendoli sotto un unico candidato, Vojislav Kostunica e pompando circa 40 milioni di dollari nella sua campagna elettorale. [3] ONG finanziate dagli USA e consulenti elettorali aiutavano con la propaganda e lavoravano dietro le quinte per organizzare una resistenza di massa contro Milosevich. [4] Il giorno delle elezioni "Assistenti elettorali" istruiti in USA furono mandati in giro per tutto il paese a monitorare i risultati. Gli USA arrivarono perfino a dotare i giovani attivisti di migliaia di bombole di pittura spray e di adesivi per coprire il paese con slogan anti-Milosevich [5].

Secondo i dati ufficiali, nessuno dei candidati aveva ottenuto la maggioranza al primo turno, rendendo quindi necessario un secondo turno. Ma i consulenti USA pubblicarono i propri exit-poll, assegnando a Kustunica un'enorme vittoria che Milosevich rifiutò di riconoscere. [6]

L'opposizione allora gridò ai brogli e i gruppi sostenuti dagli USA inscenarono atti di resistenza non violenta per mettere il governo sotto pressione. Gruppi armati aggredirono l'Assemblea Federale e il quartier generale della TV di stato. [7] Massicce proteste e rivolte costrinsero Milosevich a cedere. Così, il secondo turno non si fece e il candidato di Washington, Vojislav Kustunica, prese il potere. La strategia aveva funzionato.

Ma per quale motivo gli USA avevano preso di mira proprio la Serbia e, in particolare, la piccola provincia del Kossovo? La risposta va cercata tornando all'epoca dell'amministrazione Reagan e a un documento segreto sulla "Politica USA verso la Iugoslavia", datato 1984. Una versione censurata fu rivelata solo nel 1990, per sostenere gli "sforzi atti a promuovere una 'rivoluzione tranquilla' con lo scopo di far crollare il governo e i partiti comunisti". [8]

Il governo USA si è prodigato per anni nello smantellare e dividere la Iugoslavia socialista, sostenendo tutti i movimenti di indipendenza all'interno delle varie province, incluso l'intervento militare del 1999 per aiutare il Kossovo a separarsi. Quello che, un tempo, fu un relativo successo economico sotto il famoso Josip Tito, l'economia socialista basata su compagnie di proprietà sociale, controllate dai lavoratori, non consentiva investimenti stranieri o capitali USA. Questo è il peccato mortale nel moderno capitalismo globale. Come ha detto Michael Parenti:

"La Jugoslavia era l'unica nazione dell'Europa dell'Est che non accettava di smantellare il proprio assistenza sociale e il settore dell'economia pubblica. Era l'unico stato che non implorava di entrare nella NATO. Percorreva - e quel che ne rimane ancora precorre - una via indipendente, non in sintonia col Nuovo Ordine Mondiale". [9]

Frammentare il paese in stati piccoli e dipendenti, distruggendone l'economia era lo scopo prefissato. Milosevich, un ammiratore del socialista Tito, era l'unica barriera da superare.

Il premio per tutto questo lavorio fu sostanzioso. Tolto di mezzo Milosevich, uno dei primi passi intrapresi dal nuovo governo fu quello di abrogare la legge sulla privatizzazione del 1997, in modo da permettere che il 70% di un'impresa fosse venduta a investitori stranieri. [10] Nel 2004 la missione ONU nel Kossovo annuncio' la privatizzazione di 500 imprese. Le multinazionali USA vi avevano fatto la parte del leone: la Philip Morris aveva comprato una fabbrica di tabacco del valore di 580 milioni di dollari, la U.S. Steel si era assicurata un affare da 250 milioni di dollari con un produttore di acciaio, la Coca-Cola si era accaparrata una produzione di acqua in bottiglia per 21 milioni di dollari e la lista non si ferma qui. [11]

Inoltre, gli investitori occidentali si erano guadagnato l'accesso a quello che il New York Times aveva definito "un brillante bottino di guerra", ovvero la seconda maggiore riserva di carbone d'Europa, insieme a vasti giacimenti di piombo, zinco, oro, argento e perfino petrolio. [12] Ma la vera gemma era situata nel Kossovo: l'enorme complesso minerario di Trepca, valutato oltre 5 miliardi di dollari e oggi aperto al miglior offerente. [13]

Il successo di questa strategia in Serbia è stata una lezione importante per i fabbricanti di politica di Washington. L'avrebbero applicata molte altre volte nell'Europa dell'Est, in paesi come la Georgia (2003), l'Ucraina (2004), il Kyrgyzstan (2005) e in Bielorussia (senza successo, 2001). In ognuna di queste famose "Rivoluzioni Colorate" ogni movimento sostenuto dagli USA ha rimosso il governo in cambio di politiche più favorevoli al "libero mercato", promosse da Washington. [14]

Così, la strategia preferita per cambiare un regime è oggi questo nuovo sistema di resistenza non violenta e l'impero volge il suo sguardo al Sud America, dove è emersa improvvisamente una nuova minaccia al capitalismo globale.

Il problema del Venezuela

Se le miniere di Trepca sono state la tombola dell'intervento in Serbia, in Venezuela questo è rappresentato dalla compagnia petrolifera di stato PDVSA. Il Venezuela possiede uno dei maggiori giacimenti di petrolio del mondo, che forse supera perfino tutte i giacimenti dell'Arabia Saudita se si contano anche i depositi di materiale greggio.

Ed è la PDVSA che detiene, in Venezuela, il monopolio totale delle riserve petrolifere nazionali. Con una capacità di produzione di 4 milioni di barili al giorno e un reddito di 65 miliardi di dollari all'anno, la compagnia possiede anche una rete di oltre 15mila stazioni di benzina negli USA e diverse raffinerie in USA ed Europa, imponendosi, in tal modo, come la seconda maggiore compagnia petrolifera di tutta l'America Latina. [15]

Si può essere certi che le multinazionali sognano di mettere le mani sulla PDVSA, come anche su altre compagnie venezuelane del settore pubblico. Infatti, era proprio quello che facevano negli anni '90. Nel 1998 le multinazionali avevano già fatto in tempo ad acquistare la compagnia telefonica nazionale, la maggiore compagnia elettrica, mentre la PDVSA subiva la così detta "apertura" al capitale internazionale, un modo grazioso per dire "privatizzazione". [16]

Ma quello stesso anno Hugo Chavez venne eletto presidente in base a una piattaforma anti-imperialista e la svendita all'asta del Venezuela subì un arresto improvviso. Difatti, Hugo Chavez è diventato un vero problema per le multinazionali imperialiste e i loro servitori di Washington. Egli non solo ha fermato la privatizzazione, ma sta rinazionalizzando tutto quello che era stato privatizzato. Oggi, la privatizzazione della compagnia petrolifera statale è proibita per legge e il governo, che ne ha il controllo completo, ne impiega i proventi per finanziare lo sviluppo del paese.

Ma quel che più di tutto preoccupa Washington e i suoi sponsor è che questa tendenza si va propagando in tutta l'America Latina. Il governo di Chavez ha costruito dei legami forti con molti dei suoi vicini e altri ne seguono l'esempio. Paesi come la Bolivia e l'Ecuador si stanno riprendendo il controllo dei loro immensi giacimenti di gas e di petrolio, lasciando sempre meno spazio alle multinazionali che invece speravano di possederli, un giorno.

Di conseguenza, Washington sta dispiegando le sue forze nel Venezuela sul modello serbo, georgiano e ucraino, con l'intenzione di sbarazzarsi della minaccia-Chavez. Dopo aver fatto molti tentativi in questi ultimi anni, incluso un breve colpo di stato, manipolazioni elettorali e proteste di massa, Washington non è riuscita a far cadere questo leader popolare. Ma non ci ha rinunciato. Al contrario, sta aumentando il proprio coinvolgimento.

Ripetendo in Venezuela l'esperienza dell'Europa dell'Est

La nuova strategia imperialistica contempla una cosa chiamata "Angoli Americani". Questi "angoli" sono piccoli uffici che Washington sparge un po dappertutto nella nazione-bersaglio e che funzionano come mini-ambasciate. Non è del tutto chiaro cosa facciano veramente questi "angoli", ma all'interno ci si può trovare un mare di informazioni sugli Stati Uniti, opportunità di studio all'estero, corsi di inglese e propaganda filo-USA. Inoltre, queste mini-ambasciate organizzano svariati eventi, corsi e seminari per studenti. è interessante notare come [questi centri] siano particolarmente abbondanti nei paesi che Washington cerca di destabilizzare. L'ex-Iugoslavia aveva un totale di 22 "Angoli Americani", di cui 7 in Serbia. L'Ucraina ne ha 24, la Bielorussia 11, la Russia 30 e l'Iraq 11. Il maggior numero si trova nell'Europa dell'Est, dove Washington ha concentrato la sua opera di destabilizzazione negli anni più recenti. [17]

Esistono almeno 4 "Angoli Americani" in Venezuela, un numero maggiore che in tutti gli altri paesi dell'America Latina, e gli USA finanziano letteralmente centinaia di altre organizzazioni nel paese, spendendo oltre 5 milioni di dollari all'anno. [18] Tutte insieme, queste organizzazioni finanziate dagli USA lavorano per trapiantare l'esperienza dell'Est Europeo in Venezuela. Come riporta la Reuters, l'opposizione in Venezuela sta già imparando da un colonnello a riposo dell'esercito USA, Robert Helvey, le tattiche serbe per far crollare l'attuale regime:

"Halvey - che ha allevato giovani attivisti nel Myanmar e che in Serbia ha istruito gli studenti per aiutare il crollo dell' ex-leader della Iugoslavia, Slobodan Milosevich, nel 2000 - in queste settimane sta dando lezioni di opposizione non violenta in una università' dell'est di Caracas" dice l' articolo. "Né Halvey, né gli organizzatori del seminario di Caracas hanno rilasciato dettagli su quali siano esattamente le tattiche di opposizione insegnate. Ma nel suo lavoro in Serbia, prima della caduta di Milosevich, Halvey si era occupato del tirocinio di studenti su come organizzare scioperi e minare l'autorità di un regime dittatoriale", ha riportato la Reuters. [19]

Più di recente, nella città universitaria di Merida, Neil Foley, un professore di storia proveniente dal Texas, ha ospitato un evento sponsorizzato dall'ambasciata statunitense presso il centro Venezuelano-Americano (Cevam). Non è un "Angolo Americano" ufficiale, ma mira allo stesso scopo. Foley, che ha parlato anche in vari "Angoli" in Serbia, ha condotto seminari sia in Bolivia che in Venezuela sui "Valori americani". [20]

Ho ascoltato uno degli interventi di Foley e, come mi aspettavo, si trattava di una vera e propria propaganda filo-USA imposta agli studenti universitari. Il professore ha lanciato esattamente il messaggio per il quale l'ambasciata USA lo ha pagato, parlando delle meraviglie della societa' americana e della "democrazia americana". Secondo Foley, gli Stati Uniti risolvono ogni problema con la tolleranza e col "dialogo" tra le parti. Mandando un messaggio trasparente agli studenti venezuelani, Foley ha suggerito che qualsiasi governo non corrisponda a questi standard "deve essere rovesciato". [21]

Tutti questi sforzi convergono in una vasta campagna intesa a unire, rafforzare e mobilitare l'opposizione al governo Chavez, democraticamente eletto. Il fine ultimo, naturalmente, è quello di destabilizzarlo organizzando e dirigendo gruppi di oppositori che si impegnino in atti di resistenza pacifica a proteste di massa. Proprio come nel 2002, quando gruppi venezuelani di opposizione inscenarono proteste che divennero violente e portarono al rovesciamento temporaneo di Chavez, la campagna finanziata dagli USA cerca di destabilizzare il governo in ogni modo possibile, magari provocando anche atti di violenza di cui, più tardi, incolperanno quello stesso governo. [22]

Oggi, quasi tutti gli elementi della strategia adoperata in Serbia e in altri paesi dell'Europa dell'Est sono stati realizzati in Venezuela, con Washington che dirige e controlla la campagna venezuelana di opposizione. Gli stessi "consulenti elettorali" basati a Washington e usati in Serbia, come Penn, Schoen e Berland, vengono impiegati in Venezuela per pubblicare falsi exit-poll e gettare dubbi sulle elezioni.

Questa strategia di manipolazione elettorale fu applicata nel 2004, durante il referendum sulla fiducia al presidente, quando la ONG Sumate, finanziata da Washington, e la Penn, Schoen e Berland esibirono risultati fasulli, sostenendo che Chavez aveva perso il referendum. Fecero poi la stessa cosa prima delle elezioni del 2006, affermando che l'oppositore di Chavez era "chiaramente in testa"[23]

Sia nel 2004 che nel 2006 i falsi exit-poll cercavano di dar credito alle accuse di frode sostenute dall'opposizione, nella speranza che nascessero proteste di massa contro il governo. La strategia è fallita, ma ha ugualmente messo in dubbio la legittimità del governo Chavez, offuscandone l'immagine a livello internazionale.

Questi tentativi di destabilizzazione prendono forma, nelle settimane entranti, come proteste anti-governative a Caracas, per respingere i provvedimenti contro la TV privata RCTV. Gruppi di opposizione protestano contro la decisione del governo, sostenendo che "viene lesa la loro libertà di espressione", e organizzano una grande marcia nella capitale per il 27 maggio, il giorno in cui scade la licenza della RCTV.

Tutti i media privati pubblicizzano la marcia di protesta contro il governo e incitano il pubblico a prendervi parte. Secondo le previsioni, ci sarà uno spettacolare dispiegamento di forze, sia a favore che contro il governo, il quale ha avvertito che potranno esserci forme di violenza e tentativi di farne ricadere la responsabilità sul governo stesso, con lo scopo di destabilizzarlo. In questi ultimi giorni, i servizi di sicurezza hanno scoperto alcuni gruppi di opposizione in possesso di 5 fucili ad alta precisione e 144 bottiglie Molotov, dimostrazione del fatto che si preparano degli atti di violenza. [24]

Fu proprio questo stesso tipo di protesta che, nel 2002, portò a dozzine di morti e centinaia di feriti e al temporaneo rovesciamento del governo. Canali televisivi privati come RCTV manipolarono dei filmati per far ricadere la colpa sui sostenitori di Chavez e accusarono il governo di atti contro i diritti umani. Per evitare una situazione analoga al colpo di stato del 2002, il 27 e 28 maggio gli attivisti filo-governativi sono stati incaricati di monitorare le proteste dell'opposizione con foto e video.

Se non fosse stato per le immense proteste di massa a favore del governo, quando Chavez fu rovesciato nel 2002, la strategia di Washington avrebbe già eliminato questo popolare presidente. Ma siccome ha fallito, l'impero continua a provarci. Come ha già fatto in Ucraina, Serbia, Georgia e in altri paesi, la strategia richiede la presenza di un vasto numero di gente per riempire le strade contro il governo, senza curarsi se il governo sia sostenuto dal popolo o meno, democraticamente eletto o no, i gruppi di opposizione tentano di imporre la propria volontà, mettendolo sotto pressione.

Quello che la maggior parte di questi oppositori probabilmente non sa è che sono pedine su uno scacchiere più vasto, inteso ad aprire la via al "libero mercato" del capitalismo globale e alle privatizzazioni. Mentre enormi multinazionali si spartiscono il mondo tra di loro, piccole nazioni come la Serbia e il Venezuela non sono altro che ostacoli sgraditi. Nella lotta mondiale a chi diventa più grosso e a chi viene divorato, il fatto che alcuni paesi preferirebbero non diventare un pasto, semplicemente non interessa i burocrati di Washington.

Note (in inglese)

[1] To read more about how the World Bank and IMF force privatization on poor countries, Third World Traveler has a large section devoted to the topic. http://www.thirdworldtraveler.com/IMF_WB/IMF_WB.html [indietro]
[2] Michael Barker has a 4 part series of articles on Znet that explain this strategy in further detail. http://www.zmag.org/content/showarticle.cfm?ItemID=10987[indietro]
[3] Michael A. Cohen and Maria Figueroa Küpçü, Privatizing Foreign Policy, World Policy Journal, Volume xXII, No 3, Fall 2005 http://worldpolicy.org/journal/articles/wpj05-3/cohen.html[indietro]
[4] Chulia, Sreeram. Democratisation, Colour Revolutions and the Role of the NGO's: Catalysts or Saboteurs?, Global Research, December 25, 2005, http://www.globalresearch.ca/index.php?context=viewArticle&code=20051225&articleId=1638[indietro]
[5] Michael Dobbs, 'US advice guided Milosevic opposition: political consultants helped Yugoslav opposition topple authoritarian leader', The Washington Post, 11 December 2000, http://www.washingtonpost.com/ac2/wp-dyn?pagename=article&contentId=A18395-2000Dec3¬Found=true[indietro]
[6] Ian Traynor explains how opposition "exit polls" have been strategically used to weaken or overthrow regimes in Eastern Europe in his November 2004 article in The Guardian. "US campaign behind the turmoil in Kiev," http://www.guardian.co.uk/ukraine/story/0,15569,1360236,00.html[indietro]
[7] Chris Marsden, "How the West organised Milosevic's downfall," World Socialist Web Site, 13 October 2000, http://www.wsws.org/articles/2000/oct2000/yugo-o13_prn.shtml[indietro]
[8] Finley, Brooke. "Remembering Jugoslavia: Managed News and Weapons of Mass Destruction," from the book Censored 2005, Project Censored, Seven Stories Press, 2004.[indietro]
[9] Michael Parenti, The Media and Their Atrocities, You Are Being Lied To, pg. 53 , The Disinformation Company Ltd., 2001[indietro]
[10] Neil Clark, "The Spoils of Another War - NATO's Kosovo Privatizations," Znet, September 21, 2004, http://www.zmag.org/content/showarticle.cfm?ItemID=6275[indietro]
[11] Elise Hugus, "Eight Years After NATO's "Humanitarian War" - Serbia's new "third way", Z Magazine, April 2007, Volume 20 Number 4, http://zmagsite.zmag.org/Apr2007/hugus0407.html[indietro]
[12] Hedges, C., "Kosovo War's Glittering Prize Rests Underground," New York Times, 08/08/98[indietro]
[13] Michel Chossudovsky, "Dismantling Former Jugoslavia, Recolonizing Bosnia-Herzegovina," Global Research February 19, 2002, Covert Action Quarterly, Spring 1996-06-18, http://www.globalresearch.ca/index.php?context=viewArticle&code=MIC20020219&articleId=370[indietro]
[14] Jonathan Mowat, "Coup d'État in Disguise: Washingtons's New World Order "Democratization" Template," Global Research, February 9, 2005, http://www.globalresearch.ca/articles/MOW502A.html[indietro]
[15] http://es.wikipedia.org/wiki/Petróleos_de_Venezuela[indietro]
[16] Steve Ellner, The Politics of Privatization, NACLA Report on the Americas, 30 April 1998, http://www.hartford-hwp.com/archives/42/170.html[indietro]
[17] http://veszprem.americancorner.hu/htmls/american_corners_worldwide1.html[indietro]
[18] Jim McIlroy & Coral Wynter, "Eva Golinger: Washington's 'three fronts of attack' on Venezuela," Green Left Weekly, 17 November 2006, http://www.greenleft.org.au/2006/691/35882[indietro]
[19] Pascal Fletcher, "US democracy expert teaches Venezuelan opposition," Reuters, April 30, 2003, http://www.burmalibrary.org/TinKyi/archives/2003-05/msg00000.html[indietro]
[20] On the web page of the U.S. Embassy in Bolivia it shows that Neil Foley gave a speech in La Paz, Bolivia for "U.S. Culture Week" the week before he was in Venezuela. http://www.megalink.com/USEMBLAPAZ/english/Pressrel2007En/0404-USweek-eng.pdf[indietro]
[21] From my personal notes of Mr. Foley's speech at the University of the Andes in Merida, Venezuela on April 16, 2007[indietro]
[22] For the best, most detailed, account in English of the 2002 coup, read Gregory Wilpert's recent article, "The 47-Hour Coup That Changed Everything," www.venezuelanalysis.com/articles.php?artno=2018[indietro]
[23] See my previous article "Coup d'État in Venezuela: Made in the U.S.A. - The U.S.-designed Plan to Overthrow Hugo Chavez in the Days Following the Election," Venezuelanalysis.com, November 22, 2006 www.venezuelanalysis.com/articles.php?artno=1884[indietro]
[24] President Chavez announced that his intelligence had infiltrated opposition groups and found a man belonging to an opposition group with 5 sniper rifles with silencers and scopes. "Chávez anuncia incautación armas vinculadas a complot en su contra," Milenio.com, May 6th, 2007, http://www.milenio.com/index.php/2007/05/05/65937/. Also, police in Los Teques, near Caracas, found 144 Molotov cocktails all ready to be used to "take them out to the street next week with the intention of disturbing the public order and for direct confrontation with authorities," Prensa Latina, May 9, 2007, http://www.prensalatina.com.mx/article.asp?ID=%7BEEAA37C7-DE27-48EB-A23B-CDC19EAD2ADA%7D.[indietro]

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