Il nemico

di Vauro

6 febbraio 2006
Fonte: PeaceReporter

L’Austriaco dipinto come laido e viscido nelle immagini della propaganda italiana nella guerra del 15-18, poi l’americano negroide e selvaggio in quella tedesca della seconda guerra mondiale, sino all’ebreo arcigno e dal naso adunco della iconografia nazista e fascista. Dove c’è guerra c’è propaganda di guerra. Serve a nobilitare una parte disumanizzando l’altra, a creare e far accettare nel senso comune la terribile categoria del “nemico” che è tale appunto perché disumano e per il quale non si può provare quindi nessun senso di pietà umana.

La categoria di “nemico” necessita di una forte dose di banalizzazione perché sia introiettata da una grande quantità di persone.

Sessanta anni di brutale occupazione della Palestina da parte Israeliana, bombardamenti, decine e decine di migliaia di morti in Afghanistan come in Iraq, guerre condotte con il pretesto di un non ben specificato monopolio dei valori di libertà e della democrazia dell’occidente rispetto ai popoli che le subiscono.

Ma è difficile identificare il “nemico” di queste guerre e quando si provocano tante morti e distruzioni è insufficiente dargli il volto di Bin Laden o del Saddam di turno. Si deve banalizzare, si deve creare una categoria più ampia e più generica, ed ecco “la minaccia islamica”, tanto enfatizzata da quelli stessi media altrettanto solerti nel rimuovere e occultare le stragi, gli orrori della guerra reale.

Il disegno di un Maometto brutto e barbuto con una bomba pronta ad esplodere al posto del turbante è niente di più e niente di meno della rappresentazione grafica di questa banalità di un luogo comune abilmente costruito ed indotto nell’immaginario collettivo di una opinione pubblica che si vuole convincere della “giustezza” della guerra perché non si opponga ad essa. E’ insomma propaganda bellica consapevolmente o “inconsapevolmente” prodotta e usata perché appunto siamo in guerra. Non c'entra niente con la libertà di espressione, ne tanto meno con la satira. Banalità, luoghi comuni e satira sono termini inconciliabili.

La propaganda di guerra è cupa e mortifera, la satira è giuoco e anche scandalo ma perché sbeffeggia la sacralità del potere non certo perché ne sposa i deliri militari ed omicidi.

Certo non si può vietare la propaganda bellica se non si vietano le guerre. Ma non si può nemmeno stupirsi ed indignarsi se messaggi violenti ottengono e provocano reazioni violente nel “nemico”, tanto più perché per quest’ultimo il “nemico” siamo noi ,“la minaccia Occidentale”, categoria altrettanto banale e generica di quella “islamica” in una assurda ma micidiale logica che non può che perpetrare odio e violenza.

Allora ai cari opinion maker, politici, giornalisti e addirittura vignettisti che vorrebbero che tutti i giornali pubblicassero i disegni su Maometto per dimostrare quanto siamo liberi ma anche, è sottinteso per mostrare i muscoli della nostra “libertà”, io dico no. La satira non è fatta per esibizioni di forza, la satira è fatta per prendere per il sedere, per sgonfiare i muscoli non per mostrarli. Insomma non mi arruolo.

La satira non è cosa da virili e coraggiosi soldati ma da allegri e scanzonati disertori e io voglio continuare ad esserlo.

Vauro


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