A 30 anni dalla liberazione di Saigon

I combattenti della resistenza irachena, a chi chiede loro se siano in grado di sconfiggere l'occupazione americana rispondono: "I vietnamiti ci sono riusciti - possiamo riuscirci anche noi!"

Dall'editoriale di "Workers World" per l'edizione del 5 maggio

"Il Vietnam appartiene al popolo lavoratore". Questo era il titolo di prima pagina di "Workers World" dopo la liberazione di Saigon: quel momento magico della mattina del 30 aprile 1975 quando un carro armato delle forze di liberazione sfondò i cancelli del palazzo presidenziale di Saigon e gli ultimi occupanti del'ambasciata americana cercarono scampo su elicotteri militari per fuggire dal popolo vietnamita.

Era la prima totale disfatta degli imperialisti americani e avveniva per mano di un paese il cui sviluppo industriale era stato ritardato di un secolo dal dominio imperialista prima francese e poi americano. L'organizzazione dei comunisti vietnamiti, l'abile diplomazia dello stato e l'incredibile eroismo del popolo vietnamita avevano messo in ginocchio la più grande potenza imperialista.

La vittoria era personificata dal leggendario dirigente nazionale e comunista Ho Ci Minh, che aveva diretto per decenni la lotta di liberazione del Vietnam ma purtroppo era morto prima di vedere il paese liberato. Lo "zio Ho" era l'eroe non solo del suo popolo ma degli antimperialisti di tutto il mondo incoraggiati dalla lotta dei vietnamiti a dedicare le loro vite alla liberazione dell'umanità.

L'imperialismo americano, deciso a vendicarsi della decisiva sconfitta subita, fece quanto in suo potere per punire la popolazione del Vietnam e sottrarle i frutti della vittoria. Il nuovo governo rivoluzionario della Repubblica Socialista del Vietnam riunificato amministrava un'economia devastata. Milioni di persone avevano dovuto lasciare le loro case, il territorio era avvelenato dai defolianti come l'Agente Arancio, le mine erano dappertutto.

L'impegno per aiuti assunto da Nixon - e non avrebbero dovuto essere aiuti ma riparazioni - non fu mantenuto. Gli Stati Uniti imposero invece un embargo economico che durò vent'anni. Milioni di vietnamiti erano morti e altre centinaia di migliaia risultavano dispersi, e tuttavia gli USA presero a pretesto alcune centinaia di soldati di cui non si avevano più notizie per rimangiarsi gli accordi di Parigi e rifiutare ogni aiuto.

La perfidia degli imperialisti riuscì a infliggere nuove sofferenze ai vietnamiti ma non potè far nulla per diminuire la portata della vittoria vietnamita in tutto il mondo. Quando si verificarono gli attacchi dell'11 settembre i generali del Pentagono e gli strateghi imperialisti ancora discettavano sul fatto che finalmente, 26 anni dopo la sconfitta a Saigon, si sarebbero messi alle spalle la cosiddetta "sindrome vietnamita". Il termine si riferiva al rifiuto sempre più diffuso tra i giovani americani a rischiare vita e salute per le grandi multinazionali. E anche oggi i combattenti della resistenza irachena, a chi chiede loro se siano in grado di sconfiggere l'occupazione americana rispondono: "I vietnamiti ci sono riusciti - possiamo riuscirci anche noi!".

I vietnamiti chiedono ora di essere risarciti per i danni provocati dall'Agente Arancio e stano costruendo il paese forte e unito che Ho Ci Minh aveva sognato. Gli "speciali" televisivi questa settimana parleranno della "caduta di Saigon". Saigon cadde nelle mani del suo popolo lavoratore, in tempo per celebrare il Primo Maggio del 1975 senza la presenza dell'imperialismo americano.

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