Papa Ratzinger

Che il cardinale Ratzinger fosse in pole position nella corsa al papato non v'erano dubbi, ascoltando il discorso pronunciato nel corso dell'orazione funebre di Giovanni Paolo II ed osservando il ruolo avuto a partire dal 1981 in qualità di prefetto della Congregazione della fede. Gli osservatori vaticanisti, però, non immaginavano una sua rapida elezione, pur riconoscendo che disponeva di un alto pacchetto di voti, determinante per l'elezione del nuovo papa.

Il pensiero di Joseph Ratzinger, all'insegna dell'ortodossia e dell'integralismo tradizionali della Chiesa, contro ogni apertura alle istanze di modernizzazione che promanano dalla vita sociale ed interessano anche i prelati fino al massimo livello cardinalizio, è ben risaputo ed esposto in molti testi e prese di posizioni, la più clamorosa quella negli anni '80, contro il movimento dei preti brasiliani della "teologia della liberazione", impegnati nella denuncia delle misere condizioni di vita nel nord-est del loro paese, sulla scia iniziata negli anni '60 dall'arcivescovo di Recife, Helder Camara.

Non sta ad un ateo ed a un non studioso di religione come me approfondire questioni interne alla chiesa catolica e pertanto non mi addentro in tutte quelle impostazioni giornalistiche di comodo sulla contrapposizione conservatori-progressisti. Quello che, invece, mi stimola la riflessione è la scelta del nome di Benedetto XVI per cercare di capire l'orientamento politico del papa, in qualità di capo dello Stato Vaticano, ricordando che Benedetto XV governò la Chiesa tra il 1914 ed il 1922, cioè all'epoca della grande guerra e si oppose formalmente ad essa, perché dilaniava le grandi potenze capitalistiche, a maggioranza cattoliche, fermo restando però che ogni episcopato nazionale collaborava con gli eserciti in guerra.

Ratzinger che proviene dal cuore dell'Europa, in un momento in cui i paesi europei formalmente si unificano in una grande area economica capitalistica e politicamente si dividono di fronte al predominio americano, appellandosi Benedetto XVI forse vuole dare un segnale di unità non solo all'interno della Chiesa, cosa già risaputa e detta, ma soprattutto all'esterno nelle relazioni con l'Europa e gli Usa, per rafforzare la presenza cattolica in questi paesi (che non dimentichiamo detengono i 2/3 della ricchezza mondiale!), come condizione essenziale per allargare l'influenza della Chiesa negli altri continenti (che però non sono ricchi e la Chiesa oggi non può vivere di sole decime!), offrendo una leadership sicura, come quella di Karol Wojtila. Si spiega così l'alto numero di consensi avuto alla quarta votazione.

Joseph Ratzinger avrà di fronte i problemi non risolti da Karol Wojtila e cioè la normalizzazione delle relazioni con la Chiesa ortodossa russa e l'instaurazione delle relazioni diplomatiche tra Vaticano e RPC, per le quali un portavoce del ministero degli esteri cinese, porgendo le congratulazioni, ha sottolineato che si potranno avere soltanto con l'interruzione delle relazioni con Taiwan e non interferendo sugli affari interni della Cina, comprese le questioni religiose interne. Come è noto in Cina la religione cattolica, rappresentata ufficialmente dalla Chiesa patriottica cinese e clandestinamente da prelati che mantengono un filo diretto col Vaticano, interessa una piccolissima minoranza della popolazione, meno dell'Islam ed a maggior ragione dei buddisti e dei confuciani; quest'ultimi esprimono la manifestazione religiosa attraverso riti e comportamenti e non sono consolidati da una struttura statuale temporale come il Vaticano.

20 aprile 2005

G. A


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