Memoria del passato e intossicazione del presente

Si avvicina il 27 gennaio, "giorno della memoria": la data è quella della liberazione di Auschwitz nel 1945 da parte dell'Armata Rossa, che dieci giorni prima aveva liberato Varsavia al prezzo di 200.000 caduti (riprendiamo il dato da Israel Shamir [qui]). Ma più che a rinfrescare la memoria storica, cosa di cui ci sarebbe davvero un gran bisogno, la scadenza serve a segnare, anno dopo anno, il momento in cui l'ormai quotidiana overdose di religione dell'olocausto raggiunge l'acme. Segnaliamo perciò alcuni dettagli che, dato il livello e il ruolo esercitato dalla (dis)informazione dominante potrebbero essere sfuggiti ai più. Nell'occasione delle grandi celebrazioni a Gerusalemme, il premier pro tempore israeliano Netanyahu, senza suscitare a quanto sembra la disapprovazione dei tanti capi di stato presenti, tra cui quello italiano, ha paragonato l'Iran alla Germania nazista e ha detto che la distruzione dell'Iran sarebbe l'equivalente odierno della liberazione di Auschwitz. Il presidente israeliano Reuven Rivlin da parte sua ha ribadito il concetto secondo cui antisionismo e antisemitismo sarebbero la stessa cosa. Ulteriori particolari interessanti sull'evento di Gerusalemme, nonché sulla partecipazione di Putin, sulle relazioni russo-polacche e sul modo in cui le organizzazioni ebraiche statunitensi badano anche al lato pratico, cercando di recuperare proprietà in Polonia, si possono leggere (in inglese) [qui] e [qui]. Su quest'ultimo punto un'utile lettura è certamente anche "L'industria dell'olocausto" di Norman G. Finkelstein, figlio di internati ad Auschwitz, Rizzoli, 2004.