Paura di una lettera


Prodi si rifiuta di conoscere le opinioni dell'opposizione irachena

Come organizzatori della Conferenza internazionale sull’Iraq “Per una pace giusta – Con la Resistenza” abbiamo avuto il mandato a consegnare una lettera indirizzata a Romano Prodi, scritta da 26 tra organizzazioni e personalità irachene ampiamente rappresentative delle forze che si oppongono all’occupazione militare.
I firmatari della lettera si rivolgono direttamente a Prodi, come primo ministro “in pectore”, affinché si apra “la possibilità di lanciare un dialogo costruttivo e profondo con l’elite politica circa la responsabilità morale del suo paese nell’attuale tragedia irachena, conseguenza diretta dell’occupazione americana”.
Il senso della lettera, scritta a settembre, era quello di determinare le condizioni per un incontro tra Prodi ed una delegazione rappresentativa dei firmatari.
Per quasi due mesi abbiamo cercato di aprire un canale che rendesse possibile la consegna formale della lettera. Ma Prodi non ne ha voluto sapere, giudicando la cosa “inopportuna”.

Questa scelta del candidato premier del centrosinistra, ufficiosamente attribuita a “problemi nell’Unione”, la dice lunga sugli orientamenti e sulle contraddizioni di quello schieramento.
Ci chiediamo: con chi si pensa di costruire un processo di pace se non si riconoscono i legittimi rappresentanti del popolo iracheno?
La verità è che andando su questa strada la pace diventa impossibile e gli stessi impegni sul ritiro delle truppe diventano aleatori.

La lettera degli iracheni ha comunque una grande importanza, per il suo contenuto, per lo schieramento che attorno ad essa si è raccolto, per il chiaro segnale politico che è stato lanciato.
Ma è proprio la capacità di azione politica della Resistenza che fa paura al ceto politico “politically correct”, cioè subalterno in varie forme al dominio imperiale americano.
I Comitati Iraq Libero, visto l’atteggiamento negativo di Prodi e dell’Unione, hanno perciò deciso di rendere pubblico il contenuto ed i nomi dei firmatari della lettera, affinché tutti possano valutare la gravità politica e morale del rifiuto opposto da Prodi e dal suo schieramento.

Comitati Iraq Libero

3 novembre 2005


LETTERA A PRODI

Caro professor Prodi,

i rappresentanti dell'opinione pubblica e delle forze politiche irachene e le personalità politiche e intellettuali firmatarie di questa lettera si appellano a Lei e, per Suo tramite, all'opinione pubblica e alle forze politiche italiane, nella speranza che la Sua candidatura alla carica di primo ministro offra la possibilità di lanciare un dialogo costruttivo e profondo con l'elite politica circa la responsabilità morale del Suo paese nell'attuale tragedia irachena, conseguenza diretta dell'occupazione americana.

Questo problema merita certo la Sua attenzione nel quadro delle Sue attività di candidato. Le vittime della criminale invasione dell'Iraq, che continuano a moltiplicarsi ogni giorno a causa dell'occupazione e della perdurante anarchia, si rendono perfettamente conto che chi collabora con l'occupazione porta le stesse responsabilità di chi l'occupazione ha progettato ed eseguito. L'Italia perciò, finché le truppe italiane continueranno nella loro attuale missione di sostegno dell'occupazione americana, non potrà sottrarsi alla responsabilità storica per quanto è accaduto e sta accadendo in Iraq.

Le tragiche conseguenze sono gravissime per milioni di oppressi in Iraq, ma ci sono anche gravi implicazioni morali, non solo per l'Italia ma per tutta l'Europa, finchè durerà una partecipazione europea all'occupazione.

Il Suo paese ha legami storici antichi e profondi col popolo iracheno e arabo. Noi speravamo che questi legami avrebbero costituito un solido fondamento per rapporti basati sul rispetto delle sovranità nazionali e del diritto dei popoli all'autodeterminazione. Ma questi rapporti sono ora in pericolo finché le truppe del Suo paese continueranno a partecipare all'azione di pirateria internazionale di cui oggi l'Iraq è vittima. Difendere l'immagine dell'Italia come nazione amica degli Arabi è diventato purtroppo oggi un compito arduo.

La guerra in Iraq ha dimostrato che non ci sono limiti all'intervento americano negli affari di altri paesi e alle offese che gli Stati Uniti possono portare a qualsiasi paese, per grande e importante che sia. Il rozzo intervento di parlamentari americani nel tentativo di far pressione sul governo italiano per proibire la prevista conferenza di solidarietà internazionale con la resistenza irachena (con il motto "lasciamo in pace l'Iraq - sosteniamo la resistenza irachena") è una conferma ulteriore del fatto che gli USA non rispettano nemmeno i loro complici.

Ci auguriamo che le Sue parole del luglio scorso, quando ha definito le truppe italiane in Iraq come truppe occupanti e manifestato il proposito di ritirarle se eletto alla carica di primo ministro siano un impegno morale di fronte al Suo popolo e al mondo e non solo promesse elettorali.

Con profondo rispetto

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