Gaza: nei commenti è l'ora della ipocrisia

Nella prigione a cielo aperto di Gaza, dove un'intera popolazione di un milione e mezzo di abitanti viene torturata da anni, assassinata, affamata, umiliata, nell'indifferenza e anzi con l'esplicito appoggio dei governi occidentali (per esempio con il criminale embargo anti-Hamas), le trame dei corpi speciali collaborazionisti di Abu Mazen e di Dahlan, foraggiate con armi e dollari americani e con l'esplicito appoggio anche militare dell'occupante nazi-sionista hanno subito un duro colpo.

Di fronte a questo non abbiamo ancora sentito un solo commento che non abbia un tono ipocrita. Si depreca la violenza, come se questa non fosse la realtà quotidiana imposta ai palestinesi (anche ieri un gruppo di ragazzini è stato falciato da una cannonata israeliana). Si depreca la fine della prospettiva di uno stato palestinese, come se questa non fosse stata cancellata da anni dalla colonizzazione israeliana e non fosse ormai il fantasma vuoto che giustifica sempre nuove concessioni e soprattutto la costruzione di un apparato collaborazionista e corrotto per controllare un popolo diviso e sottomesso.

Per sentire qualche parola onesta è meglio evitare i giornali italiani, anche quelli cosiddetti di sinistra, e ascoltare l'ex presidente USA Jimmy Carter

Il fatto che il popolo palestinese sappia ancora resistere, nonostante tutto, è il segnale di un'umanità che non si arrende e chiama alla lotta. Di questo hanno paura oggi e tremano tutti i collaboratori dei carnefici israelo-americani e dei loro manutengoli europei, perchè il messaggio che viene da Gaza ha la forza di oltrepassare le mura di quella prigione e di arrivare molto più lontano.

Pp, 15 giugno 2007


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