La Struttura di Potere Sionista (SPS) negli Stati Uniti

Ecco perchè l'iniziativa politica contro Israele e la lobby sionista è essenziale

James Petras [1]

22 dicembre 2006
Fonte: http://www.dissidentvoice.org/Dec06/Petras25.htm


"Il motivo che spinge le istituzioni ebraiche a sostenere ancora a spada tratta
le screditate politiche di questa amministrazione fallimentare non è certo un segreto.
Il loro scopo principale, che sovrasta qualsiasi altra considerazione, è la difesa di Israele.
Questa idea fissa le lega sempre più strettamente a una Casa Bianca
che si è identificata con la lotta contro il terrorismo islamico.
Questa lotta ha prodotto esiti catastrofici per l'umanità,
ma questo non è motivo di preoccupazione per le istituzioni ebraiche."

8 dicembre 2006, Dichiarazione di J.J. Goldberg,
direttore di Forward (il principale settimanale ebraico negli Stati Uniti)

Introduzione

Molti scrittori ebrei, compresi quelli in qualche misura critici verso Israele, hanno preso di mira la nostra critica della Struttura di Potere Sionista (SPS) negli Stati Uniti e quella che, sbagliando, definiscono la nostra critica a senso unico dello Stato di Israele. Alcuni di loro intravedono nelle nostre posizioni segnali di ‘antisemitismo latente’; altri, che si collocano più 'a sinistra', negano che la SPS eserciti un ruolo significativo e sostengono che la politica estera degli Stati Uniti è il prodotto della ‘geopolitica degli interessi petroliferi’. Dopo la recente pubblicazione di diversi saggi di ampia circolazione in cui il potere della ‘lobby’ sionista veniva messo sotto accusa, molti autori "progressisti" filo-israeliani hanno generosamente concesso che la questione dovrebbe essere oggetto di dibattito o persino ‘essere presa in considerazione’ (e non automaticamente esorcizzata e ignorata).

I negatori della SPS: argomenti falsi per affermazioni fuorivianti

L'argomento principale dei negatori della SPS si presenta in diverse varianti: alcuni dicono che la SPS è solo una tra le tante ‘lobby’, come la Camera di Commercio, il Sierra Club o la Società per la Protezione dei Pesciolini Rossi. Altri sostengono che concentrandosi soprattutto su Israele e quindi sulla ‘lobby’, i critici del sionismo finiscono per ignorare i crimini altrettanto gravi di altri governi, regimi e Stati. L‘attenzione esclusiva’ su Israele rivelerebbe, secondo i negatori della SPS, un latente o esplicito antisemitismo. Chi difende i diritti dell'uomo dovrebbe invece condannare tutti i crimini dovunque commessi (tutti insieme con lo stesso rilievo?). Altri ancora sostengono che Israele è una democrazia – per lo meno fuori dai territori occupati – e quindi non può essere posto sullo stesso piano di altri paesi che violano i diritti umani e, mentre si criticano le manchevolezze sui diritti umani, si devono riconoscere i suoi valori civici. Altri ancora infine sostengono che, a causa dell’olocausto e di una ‘storia di 2000 anni di persecuzioni’ la critica alle lobby filoisraeliane, finanziate e dirette da ebrei, dovrebbe essere maneggiata con estrema cautela, chiarendo sempre che si criticano solo fatti specifici, che le accuse vengono sottoposte a scrupoloso scrutinio, specie se vengono da fonti arabe, palestinesi, dell'ONU, dell'UE o di organizzazioni per i diritti dell'uomo – e che si dà atto che a volte la stessa l’opinione pubblica israeliana, la stampa e perfino i tribunali o certi loro settori criticano le politiche governative.

Queste obiezioni rivolte a chi considera il conflitto Israelo-Arabo-Palestinese e l'attività delle lobby sioniste assolutamente centrale per la questione della pace e della guerra, servono solo a diluire, sminuire e indebolire la critica e la lotta politica organizzata contro la SPS e i suoi dirigenti israeliani.

La risposta dei critici di Israele e della SPS a questi attacchi è stata debole nella migliore delle ipotesi, vigliacca nella peggiore. Alcuni si difendono dicendo che la loro critica è diretta solo contro scelte specifiche e determinati personaggi, o contro la politica israeliana nei territori occupati e che riconoscono che Israele è una democrazia, che ha diritto a confini sicuri e che la riduzione delle barriere giustificate da ragioni di sicurezza sarebbe nell’interesse dello stesso ‘popolo’ israeliano. Altri sostengono che le loro critiche sono nell'interesse degli israeliani, o mirano a influenzare la lobby sionista per meglio difendere gli interessi israeliani o aprire un dibattito. Le opinioni della ‘maggioranza’ degli ebrei americani secondo loro non sarebbero rappresentate dalle 52 organizzazioni che costituiscono la Conferenza dei Presidenti delle Principali Organizzazioni Ebraiche d’America, o dalle migliaia di PAC (Political Action Committees), federazioni locali, associazioni professionali e pubblicazioni settimanali che esprimono con voce unanime il sostegno incondizionato di ogni singolo atto o svolta della politica dello Stato sionista.

Sono numerosi i ragionamenti di questo tipo che, nella sostanza, evitano i problemi principali rappresentati dallo Stato di Israele e dalla SPS, che noi dobbiamo invece assolutamente affrontare. La critica e l’iniziativa politica contro Israele e la SPS è oggi di importanza centrale in qualsiasi dibattito sia sulla politica estera, specialmente (ma non solo) nel Medio Oriente, sia sulla politica interna americana, e ciò perchè svolgono un ruolo decisivo e hanno una rilevanza di portata storica mondiale per la pace e la giustizia sociale presenti e future. Passiamo ora a esaminare i 'gravi problemi' con cui gli americani devono fare i conti per effetto del potere di cui Israele dispone negli Stati Uniti

I gravi problemi posti dalla SPS e dal potere di Israele negli USA


Guerra o pace

Il processo che ha portato gli Stati Uniti a invadere l’Iraq, la fornitura di armi a Israele (bombe a grappolo, bombe anti-bunker da due tonnellate, spionaggio e copertura satellitare) prima, durante e dopo l’abortita invasione del Libano, il sostegno di Washington all’embargo che sta affamando il popolo palestinese, le pressioni del Congresso e della Casa Bianca per sanzioni e guerra contro l’Iran, sono tutte direttamente legate alla politica dello Stato di Israele e dei suoi portavoce sionisti nell'esecutivo e nel Congresso americano. Basta guardare i documenti, le testimonianze e le relazioni dell’AIPAC e della Conferenza dei Presidenti delle Principali Organizzazioni Ebraiche d’America per notare come vantino i successi raggiunti nel promuovere determinati provvedimenti di legge, nel fornire informazioni (false) ai servizi segreti, nell'attività di spionaggio (AIPAC) [2] e nel passare documenti ai servizi israeliani (cosa che i sionisti di sinistra spacciano per ‘libertà di espressione’).

Se è vero, come dimostra l’enorme quantità di prove accumulate, che l’SPS ha svolto un ruolo fondamentale nello scatenamento delle principali guerre attualmente in corso, che possono sfociare in ulteriori conflitti armati, allora vuol dire che non è proprio il caso di minimizzare la capacità della lobby sionista/ebraica di promuovere nuove guerre. Data la mentalità militaristico-teocratica di Israele rispetto agli ingrandimenti territoriali e i piani annunciati di nuove guerre contro Siria e Iran e dato il funzionamento della SPS come cinghia di trasmissione altamente disciplinata e ciecamente obbediente in favore dello Stato israeliano, i cittadini americani che si oppongono agli interventi presenti e futuri nelle guerre mediorientali devono lottare contro la SPS e i suoi ispiratori israeliani. C'è da aggiungere che, considerando i profondi legami tra le nazioni islamiche, le ‘nuove guerre’ proposte dalla SPS e da Israele contro l’Iran si trasformeranno inevitabilmente in guerre globali. La posta in gioco nella lotta contro la SPS è perciò assai più alta del processo di pace israelo-palestinese e degli stessi conflitti che investono l'area mediorientale e riguarda la questione enorme della Pace o della Guerra Mondiali.

Democrazia o autoritarismo


La lobby ebraica, pur senza il baccano delle audizioni pubbliche dell’ex senatore Joseph McCarthy [3], ha sistematicamente attaccato i pilastri fondamentali della nostra fragile democrazia. Mentre il Congresso USA, i media, gli accademici, i militari e i funzionari in pensione sono liberi di criticare il Presidente, qualsiasi critica di Israele, per non parlare della lobby ebraica, viene contrastata con rabbiosi attacchi negli editoriali di tutti i principali giornali da parte di un esercito di ‘esperti’ propagandisti filo-israeliani, con richieste che chi ha osato criticare sia subito licenziato, epurato o espulso dal posto che occupa o quanto meno gli vengano negate promozioni o nuovi incarichi. Di fronte a qualsiasi personaggio di rilievo che osi mettere in discussione il ruolo della lobby nell'orientare la politica americana nell’interesse di Israele, l’intero apparato sionista (dalle federazioni ebraiche locali, all’AIPAC, alla Conferenza dei Presidenti delle Principali Organizzazioni Ebraiche d’America, ecc.) entra in azione – diffamando, insultando e tacciando i critici di ‘antisemitismo’. Negando, col ricorso a campagne di calunnie gravide di vere o pretese conseguenze, la libertà di espressione e il dibattito pubblico, la lobby ebraica toglie agli americani una delle libertà fondamentali garantite dalla costituzione.

Le massicce, prolungate e ben finanziate campagne di odio dirette contro qualsiasi candidato al Congresso critico di Israele, riescono a eliminare la libertà di espressione nell'elite politica. L’influenza strabordante di ricchi finanziatori ebrei di tutti e due i partiti – ma soprattutto dei Democratici – riesce a ottenere l’eliminazione di qualsiasi candidato che potrebbe essere di ostacolo per un qualche aspetto del programma filo-israeliano della lobby. La conquista del controllo della campagna di finanziamento del partito democratico da parte di due zeloti ultra-sionisti, come il senatore Charles Schumer e il membro israelo-americano del Congresso Rahm Emmanuel, ha costretto tutti i candidati a sottomettersi totalmente al sostegno incondizionato di Israele da parte della lobby. Il risultato è che non ci sono dibattiti al Congresso, nè tanto meno inchieste, sul ruolo esercitato da importanti elementi sionisti che al Pentagono hanno lavorato alla fabbricazione dei famosi rapporti sulle ‘armi di distruzione di massa’ irachene e hanno progettato e messo in pratica la guerra e la disastrosa occupazione dell’Iraq. Gli ideologi della lobby, facendosi passare per ‘esperti’ del Medio Oriente, dominano negli editoriali e nelle prime pagine dei maggiori giornali (Wall Street Journal, New York Times, Los Angeles Times, Washington Post). Presentandosi come ‘esperti’ del Medio Oriente, propagandano in realtà la linea israeliana sulle principali reti televisive (CBS, NBC, ABC, Fox, and CNN) e sui canali radio ad esse affiliati. I sionisti hanno svolto un ruolo preminente nel sostenere e mettere in pratica una legislazione altamente repressiva come il Patriot Act e il Military Commission Act, come pure nel modificare la legislazione anti-corruzione esistente per permettere alla lobby di finanziare viaggi ‘educativi’ in Israele per membri del Congresso. Il capo della Homeland Security (Sicurezza Interna), con 150.000 funzionari alle sue dipendenze e un bilancio multimiliardario, altri non è che il fanatico sionista Michael Chertoff, principale accusatore pubblico delle associazioni di beneficienza islamiche, delle organizzazioni di soccorso palestinesi e di altre associazioni etniche mediorientali o musulmane negli Stati Uniti, che potrebbero rappresentare un ostacolo per il programma della lobby filo-israeliana.

La più grande minaccia alla democrazia nel senso più pieno del termine – cioè il diritto di discutere, eleggere e legiferare senza coercizioni – viene dalla attività organizzata della lobby sionista per reprimere il dibattito pubblico, controllare la selezione e la campagna elettorale dei candidati, indirizzare le leggi repressive e i servizi di sicurezza contro gli elettori che potrebbero opporsi al programma filo-israeliano. Nessun’altra lobby o gruppo di pressione politico ha un'influenza diretta e permanente sul processo politico – compresi i media, il dibattito e le votazioni al Congresso, la selezione dei beneficiari e il finanziamento delle risorse destinate dal Congresso per gli aiuti all’estero e i programmi mediorientali - paragonabile a quella della Struttura di Potere Sionista (SPS) e dei suoi portavoce indiretti che occupano posizioni chiave al Congresso. Se vogliamo incominciare a contrastare il processo di erosione delle nostre libertà democratiche, bisogna che le scellerate attività organizzative e finanziarie della SPS vengano riconosciute in quanto tali e denunciate pubblicamente in modo da poterle neutralizzare.

La loro politica estera o la nostra?


L’elaborazione della politica estera americana in Medio Oriente (con l'interrogativo "a beneficio di chi?") è strettamente e direttamente collegata alla perdita delle libertà democratiche e conseguenza diretta dell’influenza della lobby ebraica sul processo politico. Tutta l'attività politica della lobby (le spese, l'aizzare i conflitti etnici, la censura, le allegre comitive in Israele) è finalizzata al controllo della politica estera americana e a influenzare, tramite la potenza americana, la politica di alleati, vassalli e avversari degli Stati Uniti, in Europa, Asia, e Medio Oriente. La restrizione sistematica delle nostre libertà democratiche a opera della lobby è direttamente proporzionale alla nostra incapacità di influire sulla politica estera del nostro paese. La posizione della maggioranza contraria alla guerra in Iraq, il ripudio del principale responsabile della guerra (la Casa Bianca) e l’orrore di fronte all’invasione del Libano e alla distruzione di Gaza sono stati completamente neutralizzati dall’influenza sionista sui principali esponenti del Congresso e della Casa Bianca. I Democratici, che hanno recentemente conquistato il Congresso, voltano le spalle al loro elettorato e seguono i consigli e gli ordini della dirigenza filo-sionista (Nancy Pelosi, Harry Reid, Rahm Emmanuel, Stephan Israel e altri) appoggiando l’escalation delle truppe e l'aumento delle spese militari per la guerra in Iraq. Bush porta avanti la politica di guerra contro l’Iran propugnata dagli zelanti fanatici sionisti dell’American Entreprise Institute e rifiuta le proposte diplomatiche della commissione bi-partisan diretta da James Baker. Dopo i bombardamenti israeliani del Libano con un milione di ordigni anti-uomo dalle bombe a grappolo e in netta contrapposizione con l’opinione pubblica americana, il Congresso ha quadruplicato la quantità di armi americane (evidentemente utilizzabili da entrambi) ammassate in Israele. Mentre centinaia di milioni di donne e bambini denutriti soffrono e muoiono in Africa, in America Latina e in Asia, la lobby fa in modo che più della metà degli aiuti americani all’estero vadano a beneficio di ebrei israeliani con redditi pro-capite di più di 22.000 dollari.

Nessun altro gruppo politico organizzato o società di pubbliche relazioni che agisca negli interessi degli esiliati cubani o venezuelani o di uno Stato arabo o africano, o cinese o dell’Unione Europea si avvicina anche solo lontanamente al potere di indirizzo della lobby sionista sulla politica statunitense al servizio degli interessi di Israele.

La lobby rappresenta meno del 2% dell’elettorato americano, ma la sua influenza sulla politica estera supera quella della grande maggioranza che non ha una forza organizzativa nè risorse finanziarie paragonabili per imporre il proprio punto di vista.

Mai nella storia della repubblica o dell’impero americano, una minoranza piccola ma potente è stata in grado di esercitare una simile influenza ponendo la forza economica, militare e diplomatica della nazione al servizio di un governo straniero. Né i simpatizzanti della Francia durante la Rivoluzione Americana, né quelli dell'Inghilterra durante la Guerra Civile, né il Bund Tedesco nella fase precedente la Seconda Guerra Mondiale, né la lobby nazionalista (anticinese) di Taiwan hanno mai avuto il potere organizzativo e l'influenza politica permanente dimostrata dalla SPS sulla politica estera e interna degli Stati Uniti al servizio della Stato di Israele.

Lottare contro la lobby è importante


La questione del potere della lobby sulle scelte americane in materia di pace o di guerra, di autoritarismo o democrazia e di chi debba definire gli interessi che la politica estera statunitense deve servire, va chiaramente molto al di là della politica mediorientale, del furto di terre perpetrato dallo Stato coloniale israeliano in Palestina e persino della barbara occupazione dell’Iraq. Il consolidamento dell’influenza sionista sulla maggiore potenza militare del mondo, con il più vasto apparato di Stati vassalli, basi militari, armi micidiali e peso determinante nelle istituzioni internazionali (IMF/Banca Mondiale/Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite) significa che la lobby ha i mezzi per raggiungere ogni angolo della terra. Questo potere di condizionamento si estende a moltissime questioni, dalla difesa delle fortune di quei gangster assassini degli oligarchi ebrei russi, alle intimidazioni degli alleati europei degli Stati Uniti per renderli complici della pulizia etnica israeliana in Palestina.

La SPS rappresenta una minaccia fondamentale alla nostra esistenza di Stato sovrano e alla nostra possibilità di influenzare i rappresentanti che eleggiamo e il programma e gli interessi che devono perseguire. Peggio ancora: servendo gli interessi israeliani, diventiamo complici di uno Stato la cui Corte Suprema legalizza gli assassinî politici al di là dei confini, la tortura, la violazione sistematica del diritto internazionale e di un regime che rifiuta le Risoluzioni dell’ONU, invade e bombarda unilateralmente i suoi vicini e pratica l’espansionismo militare coloniale. Insomma Israele sollecita e alimenta le tendenze più barbare e le pratiche più brutali dell'attuale politica americana. In questo senso, la lobby, attraverso i media, attraverso l’influenza nel Congresso e i suoi Think Tank sta creando un altro suo simile. Come Israele, anche gli Stati Uniti hanno creato al Pentagono i propri squadroni della morte; come Israele, gli Stati Uniti invadono e colonizzano l’Iraq; come Israele, gli Stati Uniti violano e rifiutano qualsiasi limitazione costituzionale o di diritto internazionale e torturano sistematicamente prigionieri accusati senza processo.

A causa di queste considerazioni di fondo, non possiamo compiacere i nostri colleghi e compatrioti ebrei 'progressisti' astenendoci dal combattere la lobby sionista con la forza e l'urgenza necessaria. Troppe nostre libertà sono in gioco; ci resta troppo poco tempo prima che i sionisti riescano a provocare una ulteriore escalation militare; ci rimane troppo poco della nostra sovranità di fronte alle pressioni organizzate della lobby e dei suoi ‘esperti-ideologi’ per buttarci in una nuova e più devastante guerra con l’Iran comissionata per favorire il dominio di Israele in Medio Oriente.

Nessun altro paese, sia esso rispettoso o meno dei diritti umani, dotato o meno di un sistema elettorale, esercita un’influenza sulla nostra politica interna ed estera paragonabile allo Stato di Israele. Nessun'altra lobby ha il tipo di potere finanziario e la struttura organizzativa della lobby ebraica che le consentono di erodere le nostre libertà politiche o il potere di decidere sulla pace e sulla guerra. Basterebbero queste sole ragioni a motivare la necessità per noi americani di dare alla lotta contro Israele e la sua lobby la massima priorità. Non perché Israele occupi il primo posto assoluto in tema di violazioni dei diritti umani – altri Stati hanno credenziali democratiche anche peggiori – ma perchè Israele spinge i suoi sostenitori negli Stati Uniti a degradare i nostri principi democratici, privandoci della nostra libertà di espressione e della sovranità nel decidere in base ai nostri interessi. La lobby mette le risorse militari e finanziarie dell’Impero al servizio del Grande Israele – e questa è la causa delle peggiori violazioni dei diritti umani nel mondo.

La possibilità di risposte democratiche, giuste e pacifiche ai grandi problemi che si pongono agli americani, agli europei, ai musulmani, agli ebrei e agli altri popoli, passa per la sconfitta e lo smantellamento della Struttura di Potere Sionista diretta da Israele in America. Si tratta della condizione minima necessaria perchè si possa aprire un dibattito sulle alternative alla repressione all'interno e all’imperialismo all'estero.

 

Note del traduttore

[1] Nato nel 1937, James Petras ha fatto il suo apprendistato politico negli anni '60 nel movimento studentesco dell'università di Berkeley. Laureato presso l'Università della California, dal 1960 al 1973 ha insegnato e diretto ricerche in alcuni paesi latinoamericani tra cui il Cile, dove ha collaborato col governo di Allende. Dopo il golpe di Pinochet è stato tra i membri del Tribunale Russell sulla repressione in America latina insieme a Julio Cortázar e Gabriel García Márquez. Negli anni '70 e '80 ha partecipato attivamente al movimento di lotta contro gli orrori delle dittature latinoamericane. Autore di molti saggi e ricerche sui temi dell'imperialismo, con particolare riferimento all'America Latina, ha diretto dal 1982 al 1984 l'Istituto di Studi Mediterranei di Atene, ha insegnato all'Università della Pennsylvania, ha collaborato con giornali come Le Monde Diplomatique, New Left Review, Monthly Review. Attualmente insegna all'università dello stato di New York a Binghamton. [indietro]

[2] Recentemente due dirigenti dell’AIPAC, Steve Rosen e Keith Weissman, sono stati indagati e sono sotto processo per aver corrotto un funzionario americano del Ministero degli Esteri, tale Lawrence Anthony Franklin, analista del Dipartimento della Difesa, al fine di ottenere informazioni riservate sull’Iran per passarle ad agenti israeliani in America. Franklin si è dichiarato colpevole e sta scontando una condanna in prigione. [indietro]

[3] Iniziatore del cosiddetto periodo del ‘Maccartismo’ durante il quale, negli anni Cinquanta si procedette ad una vera e propria caccia alle streghe contro comunisti, socialisti e democratici, nell’amministrazione, nei media e nella società[indietro]

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