Ancora sul ruolo di papa Wojtyla

Giuseppe Amata

Facendo seguito a quanto alcuni giorni addietro ho scritto sul pontificato di Giovanni Paolo II, e dopo aver letto altri interventi sull'argomento, devo brevemente aggiungere alcune considerazioni per far comprendere meglio, seppur sinteticamente, il mio punto di vista.

Che le religioni in senso lato rappresentino un elemento importante della sovrastruttura di ogni formazione sociale, penso che da un punto di vista marxista non v'è alcun dubbio. Si deve, però, aggiungere che le Chiese rappresentano, invece, una parte importante della struttura di una formazione sociale. La Chiesa cattolica, come quella ebraica, musulmana, buddista, anzi più delle altre, perché si è compenetrata nelle formazioni sociali dei paesi che sono stati dominatori dopo la caduta dell'impero romano, per l'intreccio struttura-sovrastruttura, ha esercitato negli affari internazionali ed interni dei singoli paesi un ruolo importante, pur non avendo delle divisioni militari. Non a caso la Chiesa cattolica rappresenta uno Stato che ha relazioni diplomatiche con molti paesi del mondo. Non si può, quindi, giudicare un papato senza queste premesse, pensando soltanto all'aspetto religioso, sovrastrutturale. Tanto più se il giudizio riguarda Giovanni Paolo II, un papa che ha governato attivamente per circa 27 anni, viaggiando in tutti i continenti e stringendo rapporti con molti leaders politici, anche comunisti, come Fidel Castro, oppure con Gheddafi, Arafat, Mandela. In questi casi le relazioni si misurano non sulla base della "teologia della liberazione" o della subordinazione delle gerarchie al potere assoluto del papa o degli intrighi finanziari di un potere economico, come quello della Chiesa, bensì su quelle della reciproca convenienza, sugli spazi che si possono utilizzare nelle contraddizioni del campo avverso o tra la potenza dominante e le altre. Questo vale sia dal lato dei governi progressisti che da quello della Chiesa. Ognuno tira per i propri interessi e per le sue scelte strategiche. Sarà la storia a dire chi è stato più bravo.

Non stupisce quindi che in occasione della morte di Giovanni Paolo II il governo cubano ha decretato tre giorni di lutto nazionale, mentre l'arcivescovo de La Habana in diretta televisiva ne ha ricordato e commemorarato la figura oppure che la Chiesa patriottica cinese, come riportato da China radio international, nell'orazione funebre ha detto che "Il papa Giovanni Paolo II ha lottato contro la guerra e la violenza ed ha salvaguardato la pace mondiale".

Altro argomento di discussione è quello sostenuto dai mass media che Giovanni Paolo II è stato l'artefice della caduta del comunismo in Polonia ed in tutta l'Europa, URSS, compresa. Questi giudizi mi sembrano esageratamente errati, soprattutto quando li fanno propri molti compagni, e non solo i media borghesi che fanno il loro lavoro di propaganda. Basti pensare che in questi giorni non si parla d'altro, proprio mentre in Italia si vota. Che Karol Wojtyla abbia avuto una grande influenza nelle vicende polacche non v'è dubbio, ma i moti in Polonia iniziarono nel 1970 e non per fatti religiosi e portarono alla caduta di Gomulka ed all'ascesa di Gerek, il quale indebitò il paese fino al collo per un piano di industrializzazione forzata con prestiti americani e tedeschi che poi non fu in grado di pagare e si rivalse sulle condizioni di vita degli operai. Comincia a questo punto l'azione di Solidarnosc ed il seguito lo conosciamo.

Ma negli altri paesi, come la RDT, la Cecoslovacchia, la Romania, la Bulgaria o l'Unione Sovietica, Solidarnosc non c'entra granché, se non come un lontano riflesso di ogni fenomeno storico, e l'azione del papa, pur evidente, da sola non avrebbe avuto alcun risultato determinante; altrimenti l'URSS sarebbe crollata negli anni '20 e l'est europeo non avrebbe mai imboccato il potere popolare. L'azione controrivoluzionaria di massa è avvenuta per fatti interni, per la perdita del legame tra partito e masse e soprattutto perché il PCUS si era trasformato nel suo contrario, con un segretario generale (eletto dal CC e non imposto dal Vaticano!), il quale dopo un breve periodo (1985-88) di confusione ideologica e di incertezza politica scelse la strada dell'anticomunismo, della subordinazione alla politica estera americana e non quella della correzione degli errori passati che si erano accumulati e ostruivano il cammino verso una società socialista ancora da realizzare (altro che passaggio alla fase comunista come dicevano prima Kruscev e poi Breznev!).

Dire che il singolo uomo fa la storia nel bene o nel male significa negare il marxismo. Anche se bisogna riconoscere che molti marxisti nel passato hanno spesso sottovalutato il ruolo importante del leader nell'accelerare o ritardare i processi storici, non certamente nell'inventarseli.

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