La nuova guerra lanciata da Saakashvily,
l'uomo degli USA e della NATO nel Caucaso

Prime reazioni

Pietro Del Re su "Repubblica"

Una cronaca dell'inviato di Repubblica a Mosca Pietro Del Re offre qualche informazione sull'attacco in perfetto stile hitleriano scatenato dalla Georgia
Ben diverso - e del tutto in linea con le centrali occidentali della guerra, da Washington a Bruxelles - il titolo di prima pagina del giornale ("Guerra tra Russia e Georgia: i tank di Putin avanzano, Bush: ritiratevi"), da cui un osservatore distratto capisce che i perfidi russi hanno attaccato la Georgia.

Fonte: Repubblica, 9 agosto 2008, pag.2


Le fiamme escono con prepotenza dai buchi sul tetto, lambiscono le finestre, sfondano le porte. Centrato dalle bombe dell'aviazione georgiana, l'ospedale di Tskhinvali brucia, così come ardono numerosi edifici del capoluogo dell'Ossezia meridionale. Sono queste le immagini più drammatiche della violenta offensiva lanciata da Tbilisi contro la provincia separatista nella notte tra giovedì e venerdì. L'attacco è stato sferrato a sorpresa, o meglio, a tradimento, poco dopo che il presidente georgiano Mikhail Saakashvili aveva accoratamente implorato un cessate il fuoco tra le parti che, una volta raggiunto, è stato il primo a infrangere.

Dopo i bombardamenti aerei, i villaggi osseti sono stati martellati dalle batterie pesanti dei micidiali mortai Grad. In poche ore, la "capitale Tskhinvali è stata quasi interamente distrutta. Il porto di Poti, sul Mar Nero, e la base militare di Senaki sono stati colpiti dall'aviazione russa. Nessuno è ancora in grado di stilare un bilancio di questo primo giorno di guerra guerreggiata, ma in serata il presidente del-l'Ossezia del Sud, Edouard Kokoity, ha parlato di «oltre 1400 morti».

Non solo: secondo il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, in Ossezia del Sud «i georgiani hanno cominciato la pulizia etnica». Per il presidente Saakashvili, invece, «l'ordine costituzionale è stato finalmente restaurato nella provincia ribelle». «Le forze georgiane controllano l'intero territorio della Ossezia del Sud con l'eccezione di Java (un villaggio a nord della capitale della regione separatista, ndr). Abbiamo il pieno controllo di Tskhinvali», ha aggiunto in serata. E, secondo quanto riferito dal segretario del Consiglio per la sicurezza nazionale della Geòrgia, il presidente «proclamerà la legge marziale».

La violenza e la rapidità delle operazione militari deve aver stupito perfino i burocrati più paranoici del ministero della Difesa di Mosca. Dopo la notizia che tra le bombe sono morti anche 12 peacekeeper russi delle forze d'interposizione in Ossezia e che altri 150 sono rimasti feriti, il premier Vladimir Putin ha finalmente rotto il silenzio minacciando pesanti rappresaglie contro Tbilisi. Nel frattempo, i georgiani annunciano di aver abbattuto cinque caccia russi. La risposta del presidente Dmitry Medvedev non si fa attendere: «Non consentiremo che la morte di nostri cittadini rimanga senza conseguenze, i colpevoli saranno puniti nel modo che meritano». Poco dopo, in sostegno ai caschi blu di Mosca, una colonna di 150 carri armati russi varca la frontiera verso l'ormai distrutto capoluogo dell'Ossezia meridionale. Tskhinvali è subito riconquistata. Un'ora dopo, e sono le tre del pomeriggio, dei jet russi bombardano la base aerea di Vaziani, a una ventina di chilometri dalla capitale della Georgia.

Bombardata anche la base aerea di Marneouli e Gori, la città natale di Joseph Stalin. «In conseguenza dei bombardamenti, circa 30 persone, per la maggior parte militari, sono morte», dirà più tardi Saakashvili. E intanto, secondo l'Alto Commissariato dell'Onu per i profughi, un fiume di rifugiati si è messo in fuga dall'Ossezia del Sud verso la Russia e verso la repubblica gemella russa dell'Ossezia del nord dove solo ieri sono giunti circa 140 camion carichi di profughi.

Dietro la ripresa di questo annoso conflitto caucasico si nasconde un conflitto diplomatico-strategico che oppone Russia e Stati Uniti. Dal 2004, dopo la "rivoluzione delle rose" che rovesciò il presidente Eduard Shevardnadze e soprattutto dopo l'elezione di Mikhail Saakashvili, la Georgia ha cominciato ad avvicinarsi alla Nato lanciando un massiccio piano riarmo. Mosca ha cercato con ogni mezzo di bloccare questa "deriva filo-occidentale". Ha introdotto un regime di visti tra i due paesi, interrotto i voli, chiuso i rubinetti del petrolio e del gas, posto un embargo sull'importazione di vini georgiani e sulla celeberrima acqua minerale Borzhomi. Tutte misure che hanno avuto un effetto contrario a quello sperato, riaccendendo con maggior vigore il nazionalismo georgiano che, a sua volta, ha riattizzato le tensioni con gli osseti. Non è un caso se ieri, la Georgia in serata abbia chiesto agli Stati Uniti aiuti anche per far tornare metà del suo contingente dall'Iraq e impiegarlo sul fronte russo. Sempre ieri, intervistato dalla Cnn, Saakashvili aveva detto: «Non è più solo una questione georgiana: si tratta dell'America e dei suoi valori. Noi siamo una nazione amante della libertà che ora si trova sotto attacco».

Un comunicato di Giulietto Chiesa

Fonte: Megachip

L'attacco della Georgia contro l'Ossetia del Sud è un atto di assoluta gravità, in spregio alle norme del diritto internazionale e dell'umanità stessa. Sangue innocente di civili viene sparso in nome del diritto del più forte. Il presidente georgiano Saakashvili non ha fatto mistero delle sue intenzioni. "Ristabilire l'ordine costituzionale". Perchè ora? La scelta della guerra, contro quella del negoziato, non ammette scusanti e non ha giustificazioni. Grave il rischio di coinvolgere la Russia nel conflitto. Come parlamentare europeo considero intollerabile che il presidente georgiano si rivolga alla propria nazione inalberando alle sue spalle il vessillo dell'Europa. Non ha alcun diritto di farlo. La Georgia non è Europa. Tanto meno lo è una guerra come questa, che infanga chi la fa.

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