Costruire l’opposizione
al Governo Draghi

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  La seguente è una riflessione che alcuni compagni di matrice gramsciana, che si firmano in calce, vogliono condividere e approfondire con l’obbiettivo di stimolare un percorso più ampio, conseguente alle conclusioni della riflessione stessa, che veda protagoniste eventuali forze con una rilevanza nazionale.
  Il percorso a cui facciamo riferimento non è un percorso costituente di una nuova forza politica ma, nel rispetto dell’autonomia di ognuno dei soggetti partecipanti, una convergenza di lotta su alcuni punti programmatici, capace di porre all’attenzione generale l’esistenza di un’opposizione al governo Draghi e a ciò che rappresenta. Di questa convergenza sentivamo già un grande bisogno, ma oggi, in questa situazione gravissima e inedita, pensiamo che l’urgenza sia tale da imporci anche il tentativo che vi sottoponiamo.
  A quale situazione e a quali punti programmatici facciamo riferimento? È necessario, a questo punto, illustrare in modo sommario il nostro punto di vista, senza pretendere che questa premessa sia condivisa; sarà così più chiara la ragione che ci muove e l’indirizzo della nostra proposta.

Sul versante economico

  Già prima della pandemia, in Occidente eravamo immersi in una profonda crisi economica e sociale, inserita in un gigantesco mutamento dei rapporti di forza economici a livello mondiale. La crisi ha prodotto, in quest’area del mondo, un forte arretramento dei diritti e delle condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori e una notevole ristrutturazione dello stesso capitalismo. Essa ha via via provocato però anche divergenze e fratture all’interno delle borghesie occidentali sulle relazioni da mantenere con Russia e Cina, che sono in grado di dare una prospettiva più florida ai commerci mondiali, in ciò negando il predominio occidentale.
   Le classi subalterne italiane (ed europee) non sono purtroppo da tempo in condizione di esprimere una posizione indipendente. Dobbiamo scuoterci e costruire pazientemente le condizioni perché possano resistere e controbattere all’offensiva del capitale. Per far ciò, dopo vent’anni da quella che era chiamata “globalizzazione”, un orizzonte nazionale o europeo non è sufficiente. Quale che sia l’analisi di ciascuno di noi su Russia e Cina, pensiamo che si possa essere d’accordo su due obiettivi:
(1) evitare che le intere popolazioni siano portate ad unirsi alle borghesie occidentali per salvare la posizione di predominio di queste ultime;
(2) contrastare il ricorso alla guerra, in ogni forma, anche in quella “a pezzi” giustamente denunciata anche, autorevolmente, da Papa Bergoglio.

  La pandemia, oltre che acuire la crisi già esistente, ha aperto anche una crisi politica determinata sia dal diverso modo di gestire la crisi sanitaria, sia dal diverso modo di usarla per regolare vecchi e nuovi conti.
  Il prezzo pagato in termini di vite umane enormemente diverso tra economie liberiste ed economie dove lo Stato assume un ruolo centrale; il soccorso prestato da cinesi, russi e cubani, così diverso dalla solidarietà mostrata, in particolare, dagli USA; i vaccini gestiti a trattativa segreta con i colossi occidentali, ovviamente privati, del settore, negando l’uso di quelli disponibili sul mercato, ma prodotti fuori dal liberismo (il liberismo che diventa antiliberismo). Agli occhi dei popoli europei questi fatti sono risultati molto fastidiosi e hanno aperto una riflessione sulla natura disonesta della cultura basata sul profitto.
  Ad essi si aggiungono una grande stanchezza per il perdurare di regimi speciali e la paura del futuro prossimo.
  La nostra preoccupazione, accompagnata dall’incertezza sui tempi in cui si potrà spegnere la pandemia, è rispetto all’aggravamento che si sta determinando in campo economico. Da tempo i poveri, in senso assoluto e relativo, in Italia si contano a milioni; ora sono molti di più di alcuni anni fa. La disoccupazione è già a livelli altissimi ed è aumentata nell’ultimo anno.
  Quando tra poco cesseranno:
  - il blocco dei licenziamenti;
  - il blocco degli sfratti;
  - il blocco delle rate sui mutui, anche per le aziende;
  - i ristori ecc.
  la situazione sociale ed economica sarà esplosiva. Se aggiungiamo che le attività economiche, piccole e grandi, che non avranno una loro solidità, non saranno accorpate e nazionalizzate, ma saranno spinte al fallimento,
   la situazione, prima potenzialmente esplosiva, diventerà materialmente esplodente.
  Possiamo confidare tutto ciò sia analisi errata. Ma se invece si andasse, anche solo parzialmente, in questa direzione, la somma dello scenario internazionale e nazionale farebbe impallidire anche l’Inferno descritto dal Sommo.

  Le classi dominanti ed il loro ceto politico temono il conflitto sociale. Noi invece vogliamo lavorare affinché le donne e gli uomini sfruttati o marginalizzati si riconoscano, si uniscano e si facciano sentire unitariamente, senza guerre tra poveri. Non ci nascondiamo le insidie dovute al fatto che il conflitto sociale è a sua volta terreno di conflitto e l’esito non è scontato.
  Sappiamo tutti che senza un punto di riferimento visibile di un’opposizione popolare e di progresso, i subalterni che pagano i costi della crisi faranno più fatica a mettersi in moto e ben difficilmente potranno, nell’insieme, conquistare una maggior libertà o anche solo recuperare il terreno perduto.
  Sappiamo tutti che le disperazioni di masse consistenti possono essere trascinate, da chi ne ha la forza, in avventure devastanti.

Il contesto internazionale e il governo Draghi

  Con l’elezione del nuovo presidente USA, si sta registrando il tentativo di ricompattare il fronte liberista USA-EUROPA con l’obbiettivo di dettare le condizioni nelle relazioni tra economie in regime liberista e quelle di altro stampo. A tal fine, sul piano propagandistico si brandisce una supposta superiorità della civiltà occidentale e si agitano strumentalmente la parola d’ordine dei “diritti umani” e, magari, un ecologismo dei ricchi. In questo senso, i segnali della nuova presidenza USA sono già molteplici: dal duro summit con la Cina in Alaska, a “Putin è un assassino”, dalle recenti operazioni militari e all’attivismo NATO, esplicito nelle finalità, alle tensioni nel Mare Cinese Meridionale e via elencando.
  Lo scenario non riguarda affatto un pugno di paesi. Stiamo assistendo ad una fase di estrema gravità nelle relazioni tra le nazioni, contraddistinto sia da guerra fredda che “calda”. Si pensi alle permanenti e già drammatiche tensioni presenti in tutte le parti del mondo. Ne citiamo solo alcune: in America Latina (Cuba, Nicaragua, Venezuela, Bolivia, Brasile, Colombia), Africa (Libia, Sahel, Nigeria, bacino lago Ciad, R.D. Congo, Repubblica Centrafricana, Somalia, Kenia, Mozambico), “Medio Oriente” (Siria, Turchia, Iran, Iraq, Israele e Palestina), Europa (il focolaio non spento in Ucraina, le tensioni nel Nogorno-Karabakh e le pressioni della NATO sulla Serbia; i droni USA schierati dal 5 gennaio in Romania, i missili ipersonici USA in Europa, a 5 minuti da Mosca), Asia (tensioni nel Mare Cinese Meridionale, nonché su sul Tibet, Hong Kong, Xinjiang e Taiwan, Myanmar: tutte occasioni per la NATO asiatica, la “alleanza dei 5 occhi”).
  Se ciò è vero, c’è da temere molto un salto di qualità dell’aggressività USA e NATO. Una pericolosa minaccia per tutti noi.
  E’ in questo quadro che abbiamo registrato le manovre di Italia Viva nel destabilizzare il precario (ma non completamente allineato agli interessi USA) quadro politico determinatosi intorno al Conte 2. Matteo Renzi e le forze sociali ed economiche che lo sostengono sono riusciti a destabilizzare il governo, il PD, e il M5S in un colpo solo. E’ probabile, pensando al quadro internazionale sopra descritto, che tale manovra possa risentire del fatto che Conte con il M5S era stato protagonista di accordi commerciali di lungo respiro proprio con la Cina e di relazioni commercialmente proficue con la Russia, e che la maggioranza del PD, subentrato alla Lega, non abbia fatto nulla per annullare quegli accordi.
  Certo è che il nuovo governo, capeggiato da Draghi, ha immediatamente rimesso l’Italia nell’ovile degli USA; certo è che il PD si è completamente sfaldato e il M5S anche peggio.
  Il governo Draghi, con il suo profilo atlantista e filo-UE, le benedizioni ricevute e gli atti già compiuti, si pone come un punto di equilibrio e di riferimento per realizzare una riunificazione economica e culturale sotto l’insegna delle borghesie occidentali, in particolare del loro settore di maggior peso e unificazione transnazionale.
  L’allineamento di gran parte dei partiti e dei ceti politici a supporto di questo governo la dice lunga sulla loro organicità ai poteri dominanti. Da Fratelli d’Italia, ottimamente è svolto il ruolo di finta opposizione. La ricaduta della loro azione politica sull’occupazione, sul reddito delle famiglie, sulla scuola, sulla sanità, sulla condizione dei pensionati, sulla incredibile vasta area del precariato, è non solo ininfluente, ma addirittura aggravante perché deviante.

Cosa ci pare che serva ora

  Riteniamo urgente mettere in campo, in Italia, tutte le forze possibili che pensano di schierarsi dalla parte dei più deboli, ovvero dalla parte di almeno l’80% della vita umana e del 100% della vita naturale del pianeta; forze che per risolvere i problemi della popolazione non si fermano se ciò significa mettere in discussione meccanismi di mercato. Non pensiamo ad un’opposizione connotata per un’ideologia, un contenitore, un piano coerente, ma ad un insieme plurale che si ritrova nello spingere insieme per risolvere alcuni problemi gravi e urgenti.

  In Italia, come? Facciamo appello a tutte le forze politiche e sociali che hanno scritto nei propri documenti orientamenti quantomeno antiliberisti, a partire da: L’Alternativa C’è, Sinistra Italiana, PCI, PC, PRC, Potere al Popolo, i sindacati confederali, i sindacati di base, i NO TAV e tutte quelle associazioni, e non sono poche, che negli ultimi decenni hanno agito in nome dell’antifascismo, della difesa dei più deboli e dei beni comuni.

  Pensiamo a intellettuali come: Emiliano Brancaccio, Luciano Canfora, Vladimiro Giacché, Angelo D’Orsi, Fulvio Scaglione, Andrea Zhok, Agata Iacono, Cristina Carpinelli, Manlio Dinucci, Lidia Undiemi, Paolo Desogus, Pino Arlacchi, Carlo Formenti, Francesco Erspamer ed a intellettuali collettivi, come l’AntiDiplomatico, Marx21, La Città del Sole, Cum Panis, Gramsci Oggi, Centro Culturale Concetto Marchesi, Marxismo Oggi, La Rete dei Comunisti.

  Riteniamo assolutamente necessario e urgente trovare le ragioni per unirsi e fare massa critica sufficiente per iniziare un cammino che fermi prima e poi inverta il percorso verso il baratro.

  E’ vero: se la frammentazione di tutte le forze di opposizione esiste, esistono certamente le differenze tra esse che non hanno permesso di evitare la frammentazione.

  In questa fase, non è possibile percorrere la strada dell’unità politico-ideologica delle coraggiose forze a cui stiamo facendo appello. Occorrerà tanta ricerca, tanto studio e lotta per verificare eventuali maggiori affinità ideologiche. Riteniamo più che legittimo che su questo aspetto ogni organizzazione percorra la propria ricerca e impieghi il tempo necessario.

  Ciò che vi sottoponiamo è invece una immediata unità d’azione che deve scaturire dalla coscienza di ogni democratico sincero, deve scaturire dall’intelligenza, prima individuale poi collettiva, formatasi nel vivere fianco a fianco e quotidianamente con il vasto mondo dell’umiliazione del lavoro subordinato e salari da fame, o dall’ancora più disperata area del precariato (ancora non riusciamo a crederci ma esistono davvero le agenzie che affittano gli esseri umani). Per non dire del mondo giovanile o della condizione delle donne, se possibile la più frustrante in assoluto. L’unità d’azione deve scaturire dall’impossibilità di accettare di incrociare occhi che non possono più esprimere un sorriso vero. Se ci guardiamo intorno davvero, non sarà impossibile trovare questo tipo di unità.

  I problemi attorno a cui proponiamo l’unità di azione sono quelli relativi a lavoro e occupazione, sanità, scuola, condizione femminile in tutte le articolazioni del suo universo sociale, pensioni, patrimoniale e finanza pubblica, ambiente e transizione energetica, informazione, innovazione digitale e, non ultima, la pace. L’Italia non deve farsi coinvolgere in avventure di politiche aggressive e militari, ma essere protagonista di una politica di pace, distensione e proficui rapporti commerciali.

  Saranno comunque i protagonisti del percorso a individuarli, siano essi pochi o molti, stabilire priorità e arrivare a proposte condivise.

  Resta ovvio che, su questi stessi temi, ci saranno certamente differenze di proposte che scaturiscono dalle differenti analisi e soluzioni che ogni forza elabora e individua al proprio interno; senza dubbio, ogni forza organizzata continuerà la propria ricerca su tutti gli aspetti della vita politica e la divulgherà sotto il proprio simbolo. Ma occorre cercare il minimo comune denominatore che ci permetta intanto di arrestare la degenerazione liberista in atto. Noi pensiamo che ciò sia possibile e che ogni tentativo vada fatto, proprio perché la vita quotidiana di chi è costantemente umiliato lo richiede ora più che mai.

  Così, ad esempio:

- Io sono per l’abolizione dei finanziamenti alla scuola privata nel rispetto della Costituzione, ma se troviamo l’unità sull’accentuazione delle materie umanistiche e l’attenuazione della materie tecnico-pratiche con l’abolizione dell’alternanza scuola lavoro (al liceo dobbiamo formare una coscienza in grado di leggere il mondo in cui si trova, non un operaio specializzato), benissimo, la battaglia si può fare e io ci sono da protagonista, poi continuerò a perorare l’abolizione del finanziamento pubblico con la mia organizzazione.

- Io sono per uscire dalla Unione Europea perché non riformabile, ma se una forza partecipe di questo fronte antiliberista pensa il contrario, il problema non sussiste, perché il tema non è in agenda. Ognuno elabora e sostiene la sua tesi e alla storia l’ardua sentenza.

- Io penso che la Cina sia una importante ricerca di alternativa al liberismo, ma se una forza partecipe di questo fronte antiliberista pensa il contrario, non esiste il problema, il tema non è nella agenda delle nostre lotte. Ognuno elabora e sostiene la sua tesi e alla storia l’ardua sentenza.

   In conclusione, siamo fiduciosi che sia possibile costruire un percorso che concretizzi una opposizione sociale e politica adesso in Italia, a difesa degli strati popolari e della cooperazione tra nazioni.

   Con l’intento di stimolare una riflessione su questa ipotesi, pensiamo di organizzare una conferenza web invitando i rappresentanti delle maggiori forze politiche e sociali già organizzate in ambito nazionale e alcune intellettualità.

  Su alcuni dei temi che riteniamo possano essere oggetto di questa proposta di unità, alleghiamo alcune modeste tracce programmatiche per l’auspicabile discussione.

Leggi [qui] le tracce di programma

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