Sovranisti per caso?

l'Ue è «la sopraffazione organizzata del capitale sul lavoro e dei poteri nazionali più forti su quelli più deboli che, combinandosi, stanno creando dinamiche di dominazione neocoloniale all'interno della stessa Unione europea» [Vladimiro Giacchè]

Abbiamo già denunciato da tempo l'operazione in corso che consiste nel coinvolgere la sinistra che si definisce radicale nel vasto disegno di recupero che gli sconfitti alle elezioni del 4 marzo e le forze di regime che li hanno sempre appoggiati stanno portando avanti. Lo scopo è quello di convogliare le forze di 'sinistra' contro l'attuale governo per dimostrare agli italiani che esso è isolato e va rovesciato. Non solo il PD e FI, ma anche i radikalen servono allo scopo.

La manifestazione a Roma del 20 ottobre è stata la dimostrazione evidente di questo tentativo. Nel momento in cui il rappresentante di Bruxelles, Moscovici, si recava da Mattarella a portare la diffida dell'UE sulla finanziaria italiana, gli arancioni sorosiani scendevano in piazza contro il governo. Dopo tante chiacchiere contro l'Europa, l'obiettivo veniva deviato su chi sta subendo la pesante offensiva della squadra di Juncker. E' solo miopia politica? Su questo e su chi tira le fila vale la pena aprire un dibattito serio.

La questione riguarda anche e soprattutto il giudizio sul governo. Mentra il PD e le forze dell'ancien regime invadono i media per dire che stiamo andando verso il fallimento dell'Italia, la 'sinistra' si fa carico di una campagna contro il 'fascio-grillismo' (testuale) che ne legittima le accuse e ne prepara la rinvincita. Contro questa deriva bisogna aprire una vasta battaglia che metta in chiaro due cose:


1. Lo scontro aperto da questo governo in Europa è parte della lotta per la riconquista della sovranità di ogni paese del continente contro quella macchina del capitale, delle guerre e degli embarghi che è l'Unione Europea ed è un passaggio importante anche per la ricostituzione di una corretta e democratica collaborazione tra i popoli europei. Bisogna perciò allargare il varco aperto e continuare a picchiare. I manovratori dello spread e delle agenzie di rating ancora una volta danno il segnale di aver capito la posta in gioco e si impegnano a terrorizzare l'Italia affinché ritorni nell'alveo UE senza se e senza ma.

2. Le misure sociali di questo governo, aldilà di come vengono tecnicamente formulate e dei limiti che hanno, rompono la logica liberista praticata dai governi precedenti e aprono a una cultura nuova, contro cui i paladini dell'austerità stanno combattendo ferocemente.


Sia chiaro, la nostra valutazione sulle prospettive e sui singoli provvedimenti come sulla natura delle forze di governo non coincide con quella dei partiti che ne fanno parte, ma unirsi al coro di una 'sinistra' che in questi decenni non ha saputo delineare uno straccio di prospettiva politica e che si riduce a fare eco alle forze liberiste ci sembra un errore tragico.

Di questo si stanno rendendo conto alcuni settori di compagni e compagne. Ma il segnale è debole e richiama lo slogan socialista 'nè aderire né sabotare'. Costoro credono di aver scoperto l'acqua calda rivendicando maggiore autonomia dall'UE, ma non ne traggono le dovute conseguenze e rischiano di trovarsi alla coda dei processi in corso.

La questione non si può risolvere con qualche bel discorso, ma bisogna fissare i punti essenziali e condivisi da cui partire per delineare un prospettiva politica su cui attivarsi rapidamente.

Il primo punto, come si è detto prima, sta nel considerare il governo attuale un fattore positivo di rottura del precedente equilibrio euroliberista che imponeva all'Italia una politica economica e sociale ultraliberista e la partecipazione alle avventure militari collegate. Partendo da questa valutazione, occorre definire un programma di azione che intersechi le scelte governative, senza velleitarismi parolai, ma con la forza dei movimenti organizzati e con la credibilità politica degli obiettivi. In ogni caso togliamoci dalla testa che si possa prescindere da ciò che sta politicamente accadendo pensando che si possa andare oltre con le fumisterie politichesi. Hic Rhodus ...

Il secondo punto (che è anche un impegno non rinunciabile) è quello di condurre una battaglia contro e dentro la sinistra di oggi per sottrarla alla suggestione 'antifascista' dei piddini e dei loro cespugli e affrontare un passaggio che porti a comprendere le ragioni della vittoria elettorale del governo gialloverde e a definire una presenza politica a livello della nuova situazione, con la coscienza che siamo alla vigilia di un capovolgimento politico che vede dissolversi le forze tradizionali della destra, PD e FI. In questa nuova situazione dallo scontro in atto emergeranno nuove formazioni della destra liberista che, in caso di vittoria, non saranno certo riconoscenti ai radikalen alla PaP che li avranno aiutati nell'impresa, anche se una parte potrebbe anche venir inglobata trasformisticamente nel nuovo blocco di potere (come accaduto a suo tempo con Gennaro Migliore e Sinistra italiana).

Il terzo punto attiene strettamente alla declinazione concreta della riconquista dell'indipendenza del nostro paese. La parola sovranismo non esprime il concetto che invece dobbiamo affermare. L'Italia ha bisogno di uscire da una gabbia che non è fatta solamente delle direttive di Bruxelles, perchè sta anche dentro la pianificazione dell'azione imperialista a guida NATO, coi contraccolpi delle guerre (emigrazione) e coi legami geopolitici che la tagliano fuori da un circuito mondiale diverso da quello dell'imperialismo occidentale e da questo regolato. Per questo il tentativo, in alcuni casi riuscito, di contrapporre un diverso orientamento rispetto alle direttive UE, rimane sostanzialmente inglobato dentro i vincoli esistenti. Senza la modifica dei rapporti geopolitici, combattendo la politica degli embarghi e dei ricatti, senza collegare l'emigrazione con le guerre imperialiste e neocoloniali, il discorso sull'Europa rimane monco e soprattutto ambiguo e rischia di consolidare la posizione dell'imperialismo di sinistra così diffuso nelle file dei radikalen italiani, che non vedono il confine che esiste tra l'imperialismo e i paesi che vi si oppongono.

Il quarto punto, più complesso ma decisivo nella declinazione del sovranismo, riguarda il meccanismo economico che gestisce le relazioni internazionali e l'organizzazione della produzione in questa fase storica.

Il problema del recupero di sovranità nelle decisioni di politica economica di un governo è stato posto chiaramente in questi giorni dallo stesso governo giallo verde, pur con tutte le cautele; cautele che comunque non hanno impedito lo scatenarsi di tutte le istituzioni europee e finanziarie di cui l'imperialismo continentale ed extra-continentale dispone. Questo però non esaurisce la questione che ci è posta dalle scelte che dobbiamo fare. Per questo, giustamente, si parla di coniugare indipendenza e socialismo. Ma questa non è una questione sovrastrutturale, di indirizzo politico di un governo che critichi da sinistra l'UE. Per questo compito bastarebbe un movimento neosocialdemocratico che cercasse di modificare la politica di Bruxelles dal di dentro, ma ciò comporterebbe i limiti che conosciamo, mentre la logica del sistema non lascia scampo sulle questioni essenziali. Per coniugare indipendenza nazionale e socialismo bisogna andare a fondo sulle cose.

Questo ci impone perciò di riflettere su che cosa sia oggi un'ipotesi socialista per il nostro paese, partendo appunto dalle questioni economiche strutturali e dai dati oggettivi. Sappiamo che oggi l'economia mondiale è regolata da una mondializzazione che schiaccia la possibilità di un'espansione economica che non sia legata ai livelli di massima valorizzazione del capitale. Cambiare questi meccanismi significa affrontare la situazione in modo rivoluzionario, anche se le basi di partenza possono essere nelle circostanze date di fatto riformiste attraverso l'intervento dello Stato nell'economia. Non è un caso che proprio in regime giallo-verde l'Ilva è passata agli indiani, Versace agli americani e la gloriosa Magneti Marelli ai giapponesi.

Su questo, per approfondire, ci vorrebbe un nuovo congresso di Lione che individui le forze motrici della trasformazione, i tempi di crescita e le forme di organizzazione. Può sembrare un po' novecentesco dire queste cose, ma non ci sembra che finora si sia prodotto di meglio.

Aginform
27 ottobre 2018