Ci siamo riunti oggi in tanti, pacifisti e pacifiste, esponenti dei movimenti e delle associazioni contro la guerra, sindacalisti, parlamentari, uomini e donne di partito, per dire un cosa semplice e netta: no alla guerra senza se e senza ma.
Il nostro grido giunge mentre in Medio Oriente una nuova, vecchia, guerra riemerge violentemente con luso indiscriminato delle bombe sui civili, con il terrore di Stato, con la chiusura unilaterale del dialogo e della trattativa. Una guerra che si aggiunge alle tante contro cui ci battiamo da sempre, dallIraq allAfghanistan. La guerra, sempre più, si presenta come strumento privilegiato degli Stati più forti e dei potenti della terra, a partire dalle grandi multinazionali, per costruire un ordine internazionale fondato sul dominio e loppressione che a loro volta generano morte, miserie e sempre più marcate povertà. La guerra si erge, quindi, a sistema politico globale sia nella sua versione più spregiudicata, lunilateralismo statuni tense, sia nella versione temperata del multilateralismo a copertura Onu e a guida Nato.
E contro questa guerra che noi intendiamo batterci senza mediazioni perché sulla guerra non si può mediare né, tanto meno, ridurre il danno. Se la guerra è un sistema di dominio e di oppressione che non serve a ridurre o a depotenziare i fenomeni terroristici come la storia degli ultimi cinque anni dimostra il NO alla guerra è fondativo di unidentità politica collettiva che ha preso le mosse nelle manifestazioni contro la guerra del Kosovo e poi contro la guerra infinita e preventiva in Afghanistan e in Iraq. Cè un filo che lega queste mobilitazioni, un filo che non intendiamo spezzare.
Per questo vogliamo proporre a tutto il movimento un nuovo corso, un rilancio della nostra iniziativa per non rassegnarsi né smobilitare, per mantenere una coerenza di fondo anche nelle scelte politiche contingenti siano esse di natura istituzionale o meno. Un nuovo corso che sia basato su alcuni punti essenziali:
Questo appello deve vivere nelle iniziative che sapremo realizzare sia a livello parlamentare sia, soprattutto, a livello sociale. Il movimento per la pace rappresenta ancora oggi la maggioranza civile di questo paese. E nostro dovere dargli voce, offrirgli gli strumenti per esprimersi, anche a partire dalle iniziative delle prossime settimane, costruire un nuovo slancio unitario e radicale perché la guerra sia bandita dalla Storia.