Thierry Meyssan
12 luglio 2007
Fonte: voltairenet
Traduzione italiana per www.comedonchisciotte.org di Draculia
Fare in modo che lopinione pubblica occidentale approvi il trattamento riservato ai Palestinesi dalle forze sioniste e le guerre depredatrici attorno al Golfo persico richiede, di fronte alla diversità delle situazioni ed allinevitabile complessità della realtà, delle tecniche di propaganda elaborate miranti a disumanizzare il nemico e ridurre la sua causa politica generale alloscurantismo religioso di una minoranza. Una casa di produzione finanziata dal regime israeliano si pone come un vero laboratorio in questo campo. Thierry Meyssan analizza le tecniche messe in opera nella sua ultima produzione, Obsession: Radical Islams War Against the West, un "documentario risolutamente dedicato alla promozione dello "scontro delle civiltà"".
Da un anno, una misteriosa casa produttrice tenta di diffondere a livello mondiale un "documentario" dedicato all"islam radicale". Oggi, questo film ha dato luogo a numerose proiezioni private, compreso al Congresso degli Stati Uniti, ma non ha trovato unaudience di massa che durante la sua programmazione sul canale neoconservatore Fox News, a fine ottobre ed inizio novembre 2006. Esso è stato visto da una decina di milioni di persone. Alcune versioni sottotitolate in diverse lingue sono state preparate, specie in francese. E poco probabile che questo "documentario" sia programmato da un canale francese, almeno fino a quando le leggi repubblicane saranno rispettate, ma troverà forse un pubblico attraverso DVD o scaricamento da Internet.
Intitolato Obsession: Radical Islams War Against the West (Ossessione: la guerra dellIslam estremista contro lOccidente) tenta in 78 minuti di dimostrare che il mondo musulmano contemporaneo è ancora più malato della Germania nazista, che è penetrato da unossessione odiosa che conduce inevitabilmente ad una "guerra delle civiltà", una sorta di guerra civile globale di cui il terrorismo è il segno precursore.
Si tratta in effetti di una hasbarah (vale a dire, in ebraico, di unopera di propaganda). Essa ricorre classicamente allemotività, alla dissimulazione, allamalgama ed alla ripetizione, fino a suscitare una forte angoscia nello spettatore, anche il più preparato.
Il messaggio di questo film può riassumersi così: "il complotto jihadista mondiale è il fondamento stesso dellIslam che è una civiltà nazista". Questo slogan concentra i principali argomenti a favore dello "scontro delle civiltà" e li sviluppa ad oltranza. Offre dunque una buona occasione di riflettere sulla loro pertinenza e di premunirsene.
- In primo luogo, il film pone lesistenza di un movimento segreto: Esso afferma che diverse azioni sono la manifestazione di questo movimento, il quale è definito da azioni diverse che esso ( il film, n.d.t.) gli attribuisce. Il ragionamento è perfettamente circolare: Esso è costituito della giustapposizione di immagini simili tra loro e di commenti di esperti. Di primo acchito, lo spettatore viene sradicato dal campo del razionale ed immerso in un orrore repulsivo.
- In un secondo momento, il film propone che questo movimento segreto non sia un gruppuscolo, bensì il fondamento stesso di una civiltà composta da un miliardo di uomini: Esso afferma che i membri di questo movimento sono i prodotti esemplari di uneducazione di massa, e che formano lelite di una civiltà. Per fare ciò, esso decontestualizza le immagini facendo astrazione dalle situazioni politiche particolari e dal significato culturale di certi gesti ed espressioni.
- Infine, in un terzo tempo, il film afferma che questa civiltà è nazista. Esso ritorna sullalleanza tra il gran mufti di Gerusalemme, che appare il rappresentante di tutti i musulmani, ed il Reich nazista, ma decontestualizzandola completamente in modo da mostrare che essa non ha più lobiettivo di liberare la Palestina britannica, ma di sterminare gli ebrei dEuropa.
A. Il complotto jihadista mondiale
Dai primi minuti, lo spettatore si trova di fronte ad immagini di attentati accaduti un po dappertutto nel mondo nel corso degli ultimi dieci anni. Il presidente Bush dichiara con gravità che si tratta proprio di atti di guerra. Gli attentati sono localizzati su un planisfero, in modo da dimostrare che ciò che è successo l11 settembre 2001 a New York non è un atto isolato, ma una delle battaglie condotte dall"Islam estremista".
Disgustato dalla vista di queste immagini sanguinarie, lo spettatore non rimette in causa laffermazione per cui tutti questi crimini hanno ununica causa; ciò che classicamente i sociologi chiamano "teoria del complotto". Ho evidentemente qualche esitazione ad impiegare qui questo concetto, tanto è stato abusato da sei anni per stigmatizzare tutti coloro - ed io per primo - che si sono interrogati sulla versione governativa degli attentati dell11 settembre. In ogni caso, si tratta qui di "teoria del complotto" nel senso più stretto. Gli autori confondono, per esempio, lattentato del metro Saint- Michel (generalmente attribuito ad una fazione del governo algerino) del 1996 e gli attentati in Thailandia del 2006 (rivendicati dai separatisti di Pattani): essi indicano ununica causa: "LIslam estremista". Per aumentare la pressione, i sottotitoli indicano ad ogni attentato il giorno della settimana: martedì a New York, giovedì a Madrid, giovedì ancora a Londra, venerdì a Beslan, anche se si sono verificati nellarco di un decennio.
Una graziosa politologa di un canale neoconservatore, Caroline Glick, spiega che non si devono considerare come distinte la lotta dei Palestinesi e quella degli Iracheni: tutti partecipano alla Jihad globale. I sottotitoli omettono dindicare che il capitano Caroline Glick ha servito il dipartimento delle operazioni psicologiche di Tsahal ed ha consigliato il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Questa informazione avrebbe allarmato lo spettatore che avrebbe potuto facilmente comprendere il motivo del suo intervento: se i Palestinesi, ed altri, partecipano alla Jihad globale, non lottano per il rispetto dei loro diritti e non cè niente da negoziare con loro.
Un "giornalista palestinese", Khaled Abu Toameh, assicura che tutto questo fa parte di una "campagna della Jihad per rovesciare lOccidente e scalzare le fondamenta stesse della cristianità e dellebraismo". I riferimenti religiosi, sullo sfondo di cadaveri a brandelli e di vittime in lacrime, sono assai potenti per paralizzare ogni riflessione. Si vorrebbe pertanto sapere che cosè questOccidente giudaico- cristiano che comprende, ci si dice, il Marocco, la Turchia, la Russia, la Thailandia, ecc.ecc. Si vorrebbe capire cosa possono significare espressioni come "rovesciare lOccidente" o "minare le basi della cristianità". I sottotitoli omettono dindicare che Khaled Abu Toameh è un giornalista del quotidiano neoconservatore The Jerusalem Post.
Il professor Robert Wistricht, presidente del Sasson Center, sottolinea che una parte dellIslam "ricusa un pilastro centrale della civiltà umana: il carattere sacro della vita". Appare allora Hassan Nasrallah, segretario generale di Hezbollah, mentre glorifica tutti quelli che sono morti in nome della loro fede. Il montaggio snatura la dichiarazione dello sceicco Nasrallah : la maggior parte delle religioni - come daltronde delle numerose ideologie secolari - fanno apologia del martirio (ovvero del proprio sacrificio), ciò non significa che esse disprezzino la vita, ma che le attribuiscono un senso. I sottotitoli omettono dindicare che il Sasson Center è un centro di studi sullantisemitismo e che il professor Wistricht è un consigliere del ministro degli affari esteri israeliano.
Il narratore simpegna a precisare che il film non è diretto contro i musulmani nel loro insieme, ma questa riserva non ha senso alla luce della terminologia impiegata: se esiste un islam estremista è per opposizione ad un islam moderato; e se lislam estremista si manifesta attraverso un grado di violenza molto alto, il terrorismo, lislam moderato porta in sé un grado minore di violenza: lodio. Così, mentre si susseguono sullo sfondo le immagini di pellegrinaggio verso la Mecca, il narratore si chiede immediatamente che percentuale di musulmani sia già precipitata dallodio nel baratro del terrorismo. La risposta è dal 10 al 15%, il che equivarrebbe, ci si dice, alla popolazione degli Stati Uniti (al diavolo laritmetica: per 1,2 miliardi di musulmani, fa dai 120 ai 180 milioni di persone, mentre ci sono 300 milioni di abitanti negli USA): in un certo senso, siamo rassicurati: lenorme potenza USA non teme qualche gruppuscolo, ma deve affrontare un avversario al suo livello.
B .è il fondamento stesso dellIslam
Poi, il documentario presenta la "cultura della Jihad". I musulmani sarebbero persuasi a torto che gli Stati Uniti vogliono dominare il mondo ed imporre il loro modo di vita. Credendosi minacciati, risponderebbero cercando a loro volta di dominare il mondo ed imporre il loro modo di vita, lislam alloccorrenza. Questo ragionamento opera un efficace gioco di specchi, in cui lo spettatore pensa in modo etnocentrico ed interpreta ogni citazione che gli è presentata senza tener conto del contesto culturale. In realtà, la Jiihad è lequivalente di ciò che i cristiani chiamano "il dovere di Stato": E unascesi; allo stesso tempo qualcosa che il credente deve compiere dovunque si trovi (secondo il suo stato) e che, quando lo compie, lo trasforma. La Jiihad, è fare la carità ai poveri come difendere la propria patria, purché lo si faccia avvicinandosi a Dio.
Questa manipolazione dà limpressione ad uno spettatore che vive in una società di consumo, che la cultura del sacrificio che permette di trascendere da sé stessi, sia una cultura del nichilismo, della distruzione e dellautodistruzione.
Un vecchio "terrorista dellOLP" Walid Shoebat, spiega che la buona traduzione di "mia Jiihad" in tedesco è Mein Kampf ( allusione al libro programma di Adolf Hitler). Questo riferimento allantisemitismo nazista è immediatamente seguito dallestratto di un sermone dove uno sceicco esaltato sprona, spada alla mano, a tagliare la testa agli ebrei, sotto gli hurrà dei fedeli fanatici.
Lo spettatore è preso da un brivido. Si tratta, in effetti, di un montaggio. In realtà, è poco probabile che Walid Shoebat abbia mai partecipato agli attentati dellOLP: sarebbe passibile di pena di morte negli Stati Uniti, dove vive liberamente. Non è musulmano, ma cristiano sionista. Lo sceicco esaltato è un ulema che si esprime nella moschea di Bagdad un mese prima dellinvasione anglo-statunitense. Non sprona ad "uccidere gli ebrei", ma a resistere con larma alla mano agli invasori sionisti.
Il documentario si concentra sulla "cultura dellodio" con immagini di folle che scandiscono: "Morte agli USA!".
Dopo gli attentati dell11 settembre, gli Stati Uniti hanno avuto torto a chiedersi perché gli arabi li odiassero, poiché questodio non viene dalla loro attitudine, ma è inculcato negli arabi durante tutta la loro educazione. Senza che niente di davvero preciso possa sostenere questaffermazione, vari intervenuti assicurano che questa cultura dellodio è mantenuta dai dittatori arabi per sviare la collera dei loro popoli. A prova della tesi sostenuta, segue il video di Hassan Nasrallah, che denuncia la responsabilità degli Stati Uniti nelle sofferenze che toccano il Medio-Oriente. Le immagini si susseguono assai rapidamente perché lo spettatore non abbia il tempo di chiedersi di quale paese il leader dellopposizione libanese può essere il dittatore.
Lodio musulmano si esprime attraverso scene di festa a Gerusalemme e a Karachi dopo gli attentati dell11 settembre. Ciononostante, il video girato a Gerusalemme l11 settembre non concerne che una ventina di teste calde e non ha nessuna rappresentatività. Mentre la manifestazione di Karachi non celebra la distruzione del World Trade Center, ma denuncia lattacco in Afghanistan.
Seguono le immagini degli statunitensi uccisi nelle imboscate in Iraq (2004) ed in Somalia (1991), i cui corpi sono trascinati dalla popolazione. Ancora una volta le immagini sono diffuse fuori contesto come se non ci fosse alcuna ingerenza degli USA in questi Stati e si trattasse di crimini gratuiti.
Il documentario denuncia "linfiltrazione dellIslam estremista" in "Occidente". Il discorso si fa qui più sottile: lIslam sarebbe portatore di valori diversi da quelli dell"Occidente", i musulmani moderati sarebbero capaci dintegrarsi adottando progressivamente i valori occidentali, mentre i musulmani radicali sarebbero inassimilabili e tenterebbero di rovesciare le istituzioni occidentali. Questa presentazione delle cose, avendo molta cura di non accusare tutti i musulmani, simpegna però a renderli tutti sospetti. Intanto afferma che hanno un doppio linguaggio, a seconda se parlino ad un pubblico occidentale, o che parlino tra loro. Per sostenere questaffermazione, si succedono alcune immagini di Yasser Arafat, mostrandolo successivamente parlare di pace alla Casa Bianca e predicare la Jihad in Palestina. Poco importa che Arafat fosse laico, i suoi propositi fuori contesto servono da dimostrazione.
Alcuni video di Abu Hamza al-Masri attestano la presenza di fanatici in Occidente. Il celebre predicatore di Finsbury Park e i suoi accoliti celebrano gli attentati dell11 settembre e spronano ad uccidere i non musulmani. I video sono commentati da Glenn Jenvey, lagente dei servizi segreti che era stato infiltrato nel suo gruppo e che ne organizzò lo studio. Non è precisato che Abu Hamza sconta una pena di prigione per incitazione allodio sociale e che il suo gruppo si limitava a qualche scapestrato. Al contrario, il montaggio lascia credere che sia in attività e disponga di numerose truppe, come se rappresentasse un pericolo reale e vicino.
Sono, dunque, ovunque. A riprova di ciò, Brigitte Gabriel, una giornalista in crociata contro il politicamente corretto che restringe la libertà despressione, assicura che Hamas ha dispiegato una vasta organizzazione terrorista negli Stati Uniti. La situazione è ancora più grave in Europa, dove la minoranza musulmana è in piena crescita. Questa si è sollevata in Francia, nel novembre 2005, per rigettare i valori occidentali. (Terribile! Per conservare un po di credibilità, bisogna tagliare questo passaggio prima di diffondere questo film in Francia). Non è precisato come la Signora Gabriel sia scappata dal suo Libano natale, quando le truppe israeliane con cui collaborava si ritirarono.
C che è una civiltà nazista
Alcune immagini darchivio mostrano il cancelliere Hitler spronare alla distruzione della razza ebraica in Europa. Lo storico Sir Martin Gilbert denuncia la politica di tolleranza nei confronti del Reich nazista e gli accordi di Monaco che, volendo preservare la pace, resero la guerra più lunga e più atroce. Alla stessa maniera, ci si dice, il fatto di minimizzare il pericolo islamico, quando la volontà dei Jihadisti di distruggere gli ebrei è evidente, è una follia che condurrà ad un confronto generale. Il vecchio Alfons Heck, un cittadino statunitense di origine tedesca, testimonia della sua infanzia tra le gioventù hitleriane e paragona il reclutamento di cui fu vittima con quello dei giovani musulmani. La storia si ripete.
Per accreditare questo parallelo, il montaggio amalgama i discorsi nazisti ed i discorsi anti-israeliani arabi e persiani. Ugualmente alterna immagini di giovani combattenti arabi e di giovani hitleriani facenti, gli uni e gli altri, il saluto romano. Lo spettatore che ignora la cultura mediterranea assimila automaticamente ogni predica solenne a un rituale nazista.
John Loftus, il procuratore che diresse la caccia ai criminali nazisti negli Stati Uniti, spiega in modo approfondito che la cultura musulmana considera gli ebrei come non umani ed insegna che Allah ordina di ucciderli.
Itamar Marcus, direttore di un centro di studi dei media palestinesi, sottolinea che la propaganda musulmana ripropone i luoghi comuni medioevali che accusavano gli ebrei di nutrirsi del sangue dei bambini cristiani. Così, la serie Diaspora mette in scena questo mito del sacrificio rituale lasciando credere che appartenga allideologia ebraica. Ciononostante la cosa più grave non sarebbe questa scena, ma il momento in cui è stato programmato sugli schermi: il ramadan, periodo dove si guarda la televisione in famiglia. Questa scena è odiosa. Purtroppo non vuole dire molto, poiché non avremmo nessuna difficoltà a trovarne di simili in numerose "serie americane" che imputano crimini immaginari ai musulmani.
Il documentario continua ricostruendo il pregiudizio per cui gli ebrei manipolerebbero gli Stati Uniti comparandolo alla teoria del complotto ebraico mondiale, sviluppato dai nazisti. Lo choc delle immagini è così forte che lo spettatore non si rende conto che, fin dallinizio il film mira proprio a denunciare un immaginario complotto islamico mondiale.
Ritornando al parallelo storico, vari interventi richiamano che il gran mufti di Gerusalemme (che era alla sua epoca il leader del nazionalismo palestinese) fece alleanza con Adolf Hitler nel 1941 per sterminare gli ebrei e che creò una divisione SS musulmana.
Anche qui le immagini sono convincenti, poiché eludono la complessità del periodo storico e partono da un presupposto erroneo, secondo il quale "la questione ebraica" sarebbe stata la posta in gioco nella seconda Guerra mondiale. Ciò che il documentario rimprovera ai Palestinesi potrebbe applicarsi a quasi tutti i popoli colonizzati dallImpero britannico che tentarono di allearsi con il Reich per ottenere la loro libertà. Così, nel caso degli indiani, il Mahatma Gandhi non poté recarsi in Germania, ma scrisse ad Adolf Hitler per chiedergli il suo aiuto, mentre Chandra Bose costituì una divisione SS indiana. Ciò non ha nulla a che vedere con lantisemitismo nazista, ma le sequenze precedenti che accreditavano lidea di un antisemitismo musulmano hanno spazzato questa obiezione.
Seguono immagini di profanazione di una sinagoga da parte dei nazisti, di profanazioni di chiese in Bosnia, in Nigeria ed in Iraq e della profanazione di un tempio induista in Indonesia, tutte attribuite ai musulmani. E pure di una croce bruciata in pubblico a Londra. Che vogliono dunque? E John Loftus risponde: "E molto semplice: Vogliono uccidere gli ebrei, rovesciare la democrazia e distruggere la civiltà occidentale."
Il documentario termina con un messaggio di speranza accompagnato da una musica riconfortante dopo tante immagini logoranti. Come Roosvelt condusse la guerra contro i nazisti, così gli Stati Uniti oggi devono ostacolare il fascislamismo, appoggiandosi sui musulmani moderati. Di fronte al male, la cosa peggiore sarebbe non fare nulla. Fine.
I produttori
Obsession : Radical Islams War Against the West è stato prodotto da una yeshiva (scuola talmudica), la Aish HaTorah, largamente finanziata dalle autorità israeliane. Questa organizzazione dispone di unassociazione di relazioni pubbliche, la Hasbara Fellowship, che si è recentemente distinta organizzando campagne di protesta contro il vecchio presidente statunitense Jimmy Carter colpevole di aver qualificato il trattamento dei Palestinesi di Apartheid. Essa dispone anche di unassociazione di monitoraggio e di produzione audiovisiva, Honest Reporting, che rivendica 140.000 aderenti in Israele. Linsieme è diretto dal rabbino Ephraim Shore, e dal suo aggiunto Yarden Frankl, un lobbista dellAIPAC.