Campagne mediatiche:
Dopo la Cina tocca alla Russia

Giuseppe Iannello

12 agosto 2008
Fonte: Megachip


Dopo la Cina è volta della Russia. Le campagne mediatiche non lasciano spazi ad incertezze o dubbi. Il nemico deve essere identificato e il torto deve essere tutto dalla sua parte. Gli incidenti di Lhasa del marzo scorso non sono stati mai chiariti, ma poco importa, quello che importa è che il Tibet deve essere libero, pertanto il governo cinese è l'unico responsabile degli incidenti che sono stati e che saranno.

Gli assalti alla fiaccola olimpica durante il percorso sono quindi giustificati e comprovano da soli da parte di chi sta il torto: è la Cina che se li è voluti. Ed anche se la cerimonia d'apertura delle Olimpiadi è stata bella e senza incidenti di nessun genere, bisogna ricordare al telespettatore che se la sta godendo, seduto comodamente sul divano di casa, che ciò che vede è bello solo “artisticamente” e che non bisogna dimenticare che la Cina non rispetta questo e quell'altro: tutto ciò ad un intervallo strettissimo, mediamente di pochi minuti, perché essendo le immagini di tutt'altra natura, il commento/spot audio deve essere martellante per essere efficace.

Contemporaneamente all'epilogo della campagna preolimpica, aveva inizio quella contro il nemico ritrovato: la Russia. Anche RAI News 24 seguiva in diretta l'inaugurazione da Pechino e la intramezzava con le notizie proveniente dall'Ossetia, le news scorrevoli a fondo schermo lasciavano pochi spazi di interpretazione all'utente: i russi erano intervenuti in Georgia e colpivano obiettivi in territorio georgiano; più o meno quello che si leggeva negli altri network internazionali. I giornalisti però, per aumentare il clima convulso della diretta, leggevano i comunicati stampa che gli arrivano quasi in tempo reale, senza distinguere ancora tra quelli di fonte russa e quelli di fonte georgiana. Insomma nessun filtro apparente, anche se ripeto i titoli delle news italiane erano “europeamente” conformi – tanto per fare un esempio a quelle della BBC.

Col passare delle ore è andato scomparendo il nucleo essenziale degli eventi: l'attacco annunciato in diretta TV dell'esercito georgiano contro l'Ossetia del Sud. E l'attenzione si è spostata unicamente sulle azioni da parte russa. Nei telegiornali il filtro è stato perfezionato da servizi di appoggio a quelli provenienti dai corrispondenti, fino a giungere al capovolgimento esatto della notizia che ha trovato emblematica attuazione nell'intervista di Gianni Riotta al TG1 della sera del 9 agosto: infatti alla domanda sul perché secondo lui tutto questo fosse successo proprio nel primo giorno delle Olimpiadi, ha risposto che Putin ha voluto dare in tal modo un segnale mondo. E' stato sufficiente sostituire un cognome quello di Saakahsvili con quello di Putin e il gioco era stato compiuto: l'assalto militare in pompa magna della truppe georgiane era scomparso; o meglio l'assalto c'era stato ed era ovviamente russo. Ma la campagna ha trovato la sua apoteosi nel TG3 delle 19.00 del 10 agosto. Lo spazio dedicato al conflitto tra Russia e Georgia è enorme, più di un quarto d'ora. Questa volta non si tratta solo di servizi di informazione su quanto sta succedendo, si dà ampio spazio anche ai commenti, alle impressioni della gente - che guarda caso sono tutti georgiani: il picchetto attorno al palazzo di vetro ed una manifestazione svoltasi a Roma. A questa addirittura si dedica un ampio servizio con moltissime interviste ai partecipanti (che non si capisce quanti siano), che inneggiano contro i russi: il genere di servizio è quello utilizzato per le grandi manifestazioni di protesta predisposte ed annunciate da giorni: ma qui i tempi di “reazione”- fatto/manifestazione/attenzione dei grandi media - sono stati veramente stupefacenti. Perfino Huxley e Orwell ne rimarrebbero stupefatti. La realtà come al solito supera la fantasia.

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