I Nazisti dei nostri giorni

20 marzo, 2006

Khalid Amayreh


Tradotto dall'inglese in italiano da Mary Rizzo e revisionato da Manno Mauro, membri di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica (tlaxcala@tlaxcala.es). Questa traduzione è in Copyleft.

Non ho il minimo dubbio che la classe dirigente militar-politica d'Israele e tutti coloro che la sostengono politicamente, economicamente e militarmente, rappresentano i nazisti dei nostri giorni.

Mi rendo conto che la parola "Nazista" è una parola pesante che non dovrebbe essere usata arbitrariamente per descrivere azioni o persone malvage. Sono inoltre consapevole che etichettare gli ebrei e il comportamento degli ebrei con l'epiteto "nazista" è considerato un tabù ben protetto in molti paesi dell'Occidente.

Però, la verità su cosa sta facendo Israele ai palestinesi deve essere raccontata. Infatti, quando gli ebrei, o chiunque altro, pensano, agiscono e si comportano come nazisti, diventano nazisti.

Questo fa sorgere la domanda: è vero che Israele pensa, agisce e si comporta in un modo nazista nei confronti degli indifesi e non protetti palestinesi nelle strade e nelle colline della Cisgiordania e della Striscia di Gaza?

Ci potete giurare che lo fa.

Negli ultimi giorni e settimane, la natura nazista del comportamento israeliano è stata evidente. La settimana scorsa, l'esercito israeliano, comportandosi come la Gestapo nazista, ha costretto i poliziotti palestinesi a spogliarsi sotto la minaccia degli armi, e li ha fatti sfilare nudi davanti alle telecamere, proprio come facevano i nazisti più di 60 anni fa in Europa.

Quest'atto vergognoso, inteso solo a umiliare, denigrare e ferire, non perseguiva nessun obiettivo logico, se non quello di soddisfare tendenze sadiche, per utilizzare le parole dello scrittore veterano israeliano Uri Avnery.

Perché i dirigenti israeliani e i generali dell'esercito fanno queste cose ai palestinesi? Stiamo forse parlando di un bisogno inconscio o più probabilmente conscio di emulare i loro tormentatori del passato? Pensano forse i dirigenti e generali israeliani che umiliare le loro vittime sia la massima prova della loro virilità? Potrebbe essere che alcuni ebrei ammirano nel subconscio i nazisti?

Inoltre, come mai dirigenti e personaggi pubblici ebraici, prontissimi nel condannare la più insignificante critica del comportamento israeliano, sono rimasti in silenzio su quest'atto abominevole? Si provi a immaginare come questi ipocriti dirigenti ebraici avrebbero reagito se fossero stati degli ebrei e non dei palestinesi a essere costretti a sfilare nudi davanti agli occhi del mondo.

Il secondo esempio di comportamento nazista, seguito dagli assassini sionisti di bambini, è quanto è avvenuto nel villaggio di el-Yamon vicino a Jenin nel Nord della Cisgiordania il 17 marzo. Lì, l'esercito israeliano ha sguinzagliato uno squadrone di soldati travestiti da palestinesi, per assassinare dei palestinesi che l'esercito sospetta di essere coinvolti nella resistenza.

Dopo avere girato a vuoto per più di un'ora, siccome la persona o le persone che dovevano essere uccise non sono state trovate, i soldati, preoccupati di tornare alla base "a mani vuote", hanno deciso di uccidere una bambina di 8 anni di nome Akaber Zayed.

La bambina era seduta sulla sedia posteriore di un tassì quando un proiettile le ha perforato il tenero cranio, uccidendola all'istante. Avendo portato a termine la loro missione, i soldati sono rientrati alla base, probabilmente hanno anche ottenuto una citazione di valore dai loro superiori.

L'esercito israeliano, aggiungendo la beffa al danno (in questo caso, all'assassinio), inizialmente ha dichiarato che i soldati avevano agito in conformità con precisi ordini e non avevano violato alcuna legge. Ebbene, la Gestapo, le SS e la Wehrmacht agivano pure loro in conformità agli ordini e non violavano alcuna legge.

L'assassinio a sangue freddo di Akaber Zayed è un altro chiaro esempio, se pure ce ne fosse bisogno, di fatti come l'uccisione tre ani fa di Iman al-Hams a Rafah nell'estremità Sud della striscia di Gaza. Allora, un soldato dell'esercito israeliano aveva sparato a quella bambina di 9 anni mentre stava dirigendosi a scuola, ferendola gravemente nella parte superiore del corpo. Poi, invece di cercare di salvarle la vita, quella bestia - per usare le parole di un giornale israeliano - aveva svuotato l'intero caricatore di proiettili nel suo corpicino per assicurarsi che fosse morta e che non avrebbe più rappresentato un pericolo per le forze israeliane di "difesa" nella zona. Nel gergo dell'esercito israeliano, questo si chiama "verifica dell'uccisione". (L'autore di questo pezzo è stato testimone di un altro simile atto barbarico alcuni anni fa a Hebron).

Non stiamo parlando di due o dieci o neanche di un centinaio di casi di assassinio deliberato di bambini palestinesi. Stiamo parlando di un numero che si aggira intorno ai 1.400 minori e bambini assassinati consapevolmente e deliberatamente dall'esercito israeliano d'occupazione e dai terroristi paramilitari ebraici, meglio conosciuti come coloni, cioè da quelli che sono i nazisti dei nostri giorni, in meno di sei anni.

Lo stato israeliano, insieme con i suoi pappagalleschi portavoce nelle capitali dell'America del Nord e d'Europa, dichiara, mentendo naturalmente, che i soldati israeliani non mirano specificatamente ai bambini palestinesi e che i 1.400 ragazzini palestinesi sono stati uccisi per sbaglio.

Bene, errori possono succedere una volta, due, anche dieci volte. Ma, quando dei bambini vengono uccisi quasi giornalmente, ciò significa che ci troviamo di fronte a una politica di uccisioni istituzionalizzata, di stato.

E ora, stiamo entrando nell'era della nuova politica nazista adottata dal governo di Israele e finalizzata ad affamare il popolo palestinese attraverso la chiusura ermetica dei centri dove vive la popolazione palestinese nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania.

Il 19 marzo, la giornalista di Al-Jazeera.net, Laila el-Haddad, parlando da Gaza, ha documentato che la farina era già esaurita e che di conseguenza, i panifici stavano chiudendo. Questo, non è successo per caso. Due mesi fa, Dov Weisglass, consigliere dell'attualmente in coma Primo Ministro israeliano Ariel Sharon, dichiarò alla radio pubblica israeliana che "l'idea è quella di mettere i palestinesi a dieta, non però fino a farli morire di fame." Altri ufficiali israeliani hanno fatto simili dichiarazioni virulente che, disgraziatamente, non hanno suscitato nessuna reazione nelle capitali dell'Occidente.

Affamare una intera popolazione non può definirsi altrimenti che genocidio di massa, puro e semplice. E Israele lo sta facendo gradualmente così da prevedere e proteggersi dalle reazioni occidentali. Israele sta agendo in questo modo ormai da due mesi questa volta, e deve sentirsi particolarmente contento dell'assenza di una qualsiasi risentita reazione delle capitali d'Europa e Nord America.

La prossima volta, il blocco dei viveri durerà ancora più tempo, e le prospettive di una autentica carestia cresceranno di conseguenza. Non si tratta di esagerazione o isteria. E' semplicemente l'impressione onesta che si riceve, che chiunque riceverebbe, dopo aver esaminato obiettivamente i fatti.

Noi palestinesi non facciamo appello agli Stati Uniti per chiedergli di tenere a bada il nazismo israeliano. L'America è ancora più crudele con noi di quanto lo sia Israele stesso. L'America, la cui politica è controllata da gruppi ebraici della destra come l'AIPAC, è il nostro tormentatore per eccellenza.

E cosa si potrebbe dire dell'Europa? Forse che i popoli europei e i loro governi devono fare ammenda per un'olocausto permettendo a Israele di commetterne un altro, anche se più silenzioso?

E' questa la domanda urgente che il vecchio continente dovrebbe affrontare ora.

Ritorna alla prima pagina