I dirigenti ebraici sono preoccupati dalla tendenza a delegittimare Israele

Amiram Barkat

Ha'aretz, 10 luglio 2007
Link: www.haaretz.com/hasen/spages/880061.html
Traduzione di Mauro Manno.


La tendenza a delegittimare l'esistenza di Israele come stato ebraico sta crescendo, non solo in Europa ma anche negli Stati Uniti, secondo degli accademici ebrei-americani e dirigenti di comunità. Gli attacchi anti-israeliani – essi hanno affermato - stanno addirittura iniziando a incidere sui sostenitori di Israele, che sono stati accusati di tentare di bloccare il pubblico dibattito.

La tendenza alla delegittimazione sarà uno degli argomenti in discussione ad una conferenza sul futuro del popolo ebraico che si apre a Gerusalemme martedì mattina.

La conferenza, a cui parteciperanno ricercatori, dirigenti di organizzazioni ebraiche e importanti politici israeliani, è stata organizzata dal Jewish People Policy Planning Institute (JPPPI, Istituto per le prospettive politiche del popolo ebraico).

Avinoam Bar-Yosef, direttore generale del JPPPI, ha affermato che gli attacchi contro Israele negli Stati Uniti costituiscono una “minaccia a lungo termine” per la posizione di Israele, per quella delle organizzazioni ebraiche americane e per la lobby pro-israeliana. “La pubblica attenzione è attualmente rivolta all'Europa, a causa di certe iniziative come il boicottaggio accademico britannico”, egli ha affermato. “Negli Stati Uniti, il problema è ancora lontano. Ma noi in quanto istituto di pianificazione, crediamo che sia necessario formulare, già da ora, una linea politica su questo argomento”.

Il presidente dell'Università Brandeis, Jehuda Reinharz, ha confidato ad Haaretz che gli accademici americani sono in prima linea nel negare a Israele il diritto di esistere in quanto Stato ebraico.

Ai vecchi sostenitori di questa posizione, come Tony Judt e Noam Chomsky, si sono aggiunti l'anno scorso Stephen Walt e John Mearsheimer, entrambi professori presso rispettate istituzioni accademiche, i quali hanno accusato l'American Israel Public Affairs Committee (AIPAC) di determinare la politica estera statunitense.

Il loro articolo ha prodotto una tempesta e adesso diventerà un libro la cui pubblicazione è programmata per settembre. Il fatto che l'editore di una stimata casa editrice ha versato in anticipo una somma che si ritiene ammonti a centinaia di migliaia di dollari dimostra quanto scottante egli ritenga l'argomento, ha affermato Reinhartz.

Quindi ha aggiunto: “La sensazione mia e di molte altre persone che stanno seguendo la vicenda di Walt e Mearsheimer ed altre pubblicazioni è che ci troviamo all'inizio di un'epoca nuova riguardo all'atteggiamento che in America si ha verso Israele”. Abraham Foxman, direttore nazionale dell'Anti-Defamation League (ADL), è convinto che la pubblicazione del libro di Jimmy Carter Palestine: Peace Not Apartheid, uscito nel novembre scorso, abbia avuto un impatto molto più grande di altri libri. “Nel passato, le persone che affermavano che i sostenitori di Israele controllano i media e la politica appartenevano ai margini”, Foxman ha dichiarato. “Ma dopo che lo ha detto pure l'ex presidente Carter, questa idea è diventata legittima nel discorso dominante”.

“Oggi il dibattito verte addirittura su argomenti come stabilire fino a che punto si estende il dominio degli ebrei”. Foxman ha affermato che gli ebrei che cercano di contrastare gli attacchi anti-israeliani si sentono accusare di minare la libertà di espressione.

“Ho ricevuto delle lettere da professori universitari nelle quali sostenevano che quando io accuso qualcuno di antisemitismo, io sto cercando di bloccare il dibattito pubblico”, ha aggiunto. “Quando il presidente dell'Università di Harvard ha dichiarato che la delegittimazione di Israele porta acqua al mulino degli antisemiti, è stato accusato di mettere a tacere il dibattito” “Nessuno avrebbe mai osato accusarlo di una cosa simile se avesse parlato di razzismo o xenofobia”. Reinharz ha detto di essere preoccupato dalla mancanza di una risposta efficace alle pubblicazioni anti-israeliane. “Non vedo uno sforzo combinato delle organizzazioni ebraiche per combattere questa tendenza, e in verità, io stesso non so come potrebbe essere fatto”, ha concluso.

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