I discepoli di Goebbels all'opera contro la Siria

Domenico Losurdo

Fonte: domenicolosurdo.blogspot.com
21 novembre 2011


Qual è la natura del conflitto che da alcuni mesi investe Siria? Con questo mio articolo vorrei invitare tutti coloro che hanno a cuore la causa della pace e della democrazia nei rapporti internazionali a porsi alcune domande elementari, alle quali da parte mia cercherò di rispondere dando la voce a organi di stampa e a giornalisti, che non sono sospettabili di complicità con i dirigenti di Damasco.

1. Occorre in primo luogo chiedersi qual era la condizione del paese medio - orientale prima dell’avvento al potere, nel 1970, degli Assad (padre e figlio) e dell’attuale regime. Ebbene, prima di quella data, «la repubblica siriana era uno Stato debole e instabile, un’arena per le rivalità regionali e internazionali»; gli avvenimenti degli ultimi mesi significano il ritorno alla «situazione precedente il 1970». A esprimersi in questi termini è Itamar Rabinovich, già ambasciatore di Israele a Washington, sull’«International Herald Tribune» del 19-20 novembre. Possiamo trarre una prima conclusione: la rivolta appoggiata in primo luogo dagli Usa e dall’Unione europea rischia di ricacciare la Siria in una condizione semi-coloniale. 2. Le condanne e le sanzioni dell’Occidente e la sua aspirazione al cambiamento di regime in Siria sono ispirate dall’indignazione per la «brutale repressione» di pacifiche manifestazioni di cui si sarebbe reso responsabile il potere? In realtà, già nel 2005, «George W. Bush desiderava rovesciare Bashar al-Assad». A riferirlo è sempre l’ex-ambasciatore israeliano a Washington, il quale aggiunge che la politica del regime change in Siria è ora quella perseguita anche dal governo Tel Aviv: occorre farla finita con un gruppo dirigente che da Damasco appoggia «Hezbollah in Libano e Hamas a Gaza» e che stringe legami con Teheran. Sì, « profondamente preoccupato per la minaccia iraniana, Israele è dell’opinione che sottrarre il mattone siriano dal muro iraniano potrebbe sfociare in una nuova fase della politica regionale. Chiaramente sia Hezbollah che Hamas si muovono ora con più cautela». Dunque, il bersaglio della rivolta e delle manovre a essa connesse non è costituito solo dalla Siria, ma anche dalla Palestina, dal Libano e dall’Iran: si tratta di assestare un colpo decisivo alla causa del popolo palestinese e di consolidare il dominio neo-coloniale di Israele e dell’Occidente in un’area di decisiva importanza geopolitica e geoeconomica.

3. Come conseguire questo obiettivo? Lo spiega con chiarezza Guido Olimpio sul «Corriere della sera» del 29 ottobre: ad Antakya, in una regione della Turchia confinante con la Siria, è già all’opera «l’Esercito libero siriano, un’organizzazione che conduce la lotta armata contro il regime di Assad». E’ un esercito che usufruisce delle armi e dell’assistenza militare della Turchia. Per di più - aggiunge sempre Guido Olimpio (sul «Corriere della sera» del 13 novembre) – Ankara «ha minacciato la creazione di una fascia cuscinetto di trenta chilometri in terra siriana». Dunque, il governo di Damasco non solo deve fronteggiare una rivolta armata, ma una rivolta armata appoggiata da un paese che dispone di un dispositivo militare di prima grandezza, che è membro della Nato e che minaccia di invadere la Siria. Qualunque siano stati gli errori e le colpe dei suoi dirigenti, questo piccolo paese sta ora di fatto subendo un’aggressione militare. Da anni in forte crescita economica, la Turchia da qualche tempo mostrava segni di insofferenza per il dominio esercitato in Medio Oriente esercitato da Israele e Usa. Obama risponde a questa insofferenza spingendo i dirigenti di Ankara in direzione di sub-imperialismo neo-ottomano, controllato ovviamente da Washington.

4. Come risulta dalle analisi e testimonianze da me riportate, la Siria è costretta a lottare in condizioni assai difficili per mantenere la sua indipendenza, deve già ora fronteggiare un formidabile blocco economico, politico e militare. Per di più, ai dirigenti di Damasco la Nato minaccia, direttamente o indirettamente, di infliggere il linciaggio e l’assassinio che hanno suggellato la morte di Gheddafi. L’infamia dell’aggressione dovrebbe essere chiara per tutti coloro che sono disposti a compiere un sia pur modesto sforzo intellettuale. Sennonché, avvalendosi della sua terribile potenza di fuoco multimediale e delle nuove tecniche di manipolazione rese possibili dagli sviluppi di Internet, l’Occidente presenta la crisi siriana in corso come l’esercizio di una violenza brutale e gratuita contro manifestanti pacifici e non-violenti. Non c’è dubbio che Goebbels, il malefico e brillante ministro del Terzo Reich, ha fatto scuola; occorre anzi riconoscere che i suoi discepoli a Washington e a Bruxelles hanno ora superato il loro mai dimenticato maestro.

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