Il Kosovo ascesso internazionale

Scheda sintetica sulla questione Kosovo

Originale francese: Comaguer (Comprendre et agir contre la guerre)
Ripreso da crj-mailinglist
traduzione italiana di Bettio Curzio, Soccorso Popolare di Padova
21 gennaio 2008


Da otto anni sotto amministrazione ONU, la cui missione UNMIK doveva procurare il ritorno ad una vita normale e al rispetto del diritto internazionale tuttora vigente, il Kosovo-Metohija è in procinto di diventare una zona di putrefazione delle relazioni internazionali. Il medico ONU si propone di abbandonare un malato in preda ad una setticemia, di cui lui ha permesso lo sviluppo, lasciandolo nelle mani di infermieri che di fatto sono garzoni di beccaio. Infatti, la squadra candidata al potere è una emanazione della vecchia UCK, movimento sedicente di “liberazione nazionale”, il cui progetto politico è un progetto reazionario razzista e xenofobo e che per tutto questo non merita alcuna simpatia. Complimenti! Ci si dovrebbe ricordare che il primo medico di questo stampo inviato dall’ONU in Kosovo è stato un certo Kouchner, che era divenuto specialista nell’invocare interventi militari, per poi inviare missioni “umanitarie” a curare i sopravvissuti. Come dato fondamentale resta il fatto che il Kosovo-Metohija è una Provincia della Serbia. Questo diritto è riconosciuto e garantito dall’ONU e attestato dalla Risoluzione 1244, che ha posto fine ai bombardamenti sulla Jugoslavia da parte della NATO. Il Kosovo-Metohija (con dicitura abbreviata Kosmet) copre il 15% del territorio della Serbia. La sua popolazione viene stimata intorno ai 2,1 milioni di abitanti, e i 200.000 Serbi che vi risiedevano sono fuggiti e si sono rifugiati in Serbia. Hanno poco da sperare o da desiderare il ritorno, le loro case sono state distrutte od occupate. D’altro canto, altre minoranze vengono oppresse allo stesso modo. In origine, il Kosovo-Metohija era popolato in maggioranza da Serbi; attualmente la maggioranza è costituita da albanofoni, che, in virtù di un dinamismo demografico ben superiore, sono divenuti progressivamente la maggioranza, (e non sono proprio stati eliminati dal governo di Milosevic, contrariamente a quanto ci hanno raccontato!). Al contrario, dopo che la Provincia è stata posta sotto la protezione dell’ONU, sono le altre minoranze ad essere state sia mal protette che maltrattate, e la Provincia è stata lasciata al suo destino, dato che si trattava di Serbi, di Bosniaci, di Turchi, di Rom.

Attualmente sono tre o forse quattro le autorità provvisorie che governano il Kosovo-Metohija:

- l'ONU, tramite la sua missione speciale UNMIK, diretta all’oggi da un tedesco, più preoccupato di fare posto agli interessi economici della Germania nel futuro Stato putridume che di fare regnare l’armonia nella società locale
- l'OSCE, incaricata della supervisione delle elezioni locali
- la NATO, che assicura il controllo militare della Provincia attraverso la KFOR, ma un controllo poco centralizzato, visto che le 5 zone di occupazione sono sotto il comando di nazionalità differenti (inglese, italiana, francese, statunitense), che mettono in campo comportamenti tutti diversi, e la quinta zona sotto comando tedesco accoglie per di più un battaglione russo ed uno turco
- il Governo Provvisorio, gestito dagli albanofoni più radicali, che si appoggia ad una polizia e ad una milizia reclutate su base etnica e razzista.

Questo organico sovrastrutturale privo di coordinazione, invece di assicurare una qualche regolarità e stabilità nel funzionamento delle istituzioni, non ha prodotto nulla di positivo per l’avvenire della Provincia e dei suoi abitanti. Una moltitudine di funzionari internazionali conduce la bella vita a Pristina e fiancheggia, senza imbarazzo alcuno, dirigenti albanofoni mafiosi, trafficanti di droga, specialisti riconosciuti nel trasferimento dell’eroina afgana verso i mercati europei, che ostentano con tracotanza le loro fortune di nuovi arricchiti e sono in attesa di diventare gli unici padroni.

Militari, in numero di 15.000, ben equipaggiati, ma senza chiare istruzioni, o meglio con ordini emanati direttamente dai loro governi a difesa dei propri interessi, privi di una netta visione dello scopo della loro presenza, attendono dunque di essere rilevati da questa operazione di mantenimento dell’ordine, senza esporsi a troppi rischi.

Le principali poste in gioco

Dal punto di vista geopolitico.

Per i fautori dell’indipendenza della Provincia, quello che importa è acquisire lo smembramento della ex Jugoslavia e di indebolire ancor di più la Serbia, che al tempo di Milosevic non aveva manifestato alcun interesse di raggiungere i paradisi neo-liberisti e la loro anticamera militare, la NATO, e che nemmeno attualmente manifesta questo interesse, ben consapevole che l’Unione Europea vuole anzitutto amputarla del 15% del suo territorio, prima di aprirle eventualmente le porte. Il Montenegro, già separato con l’appoggio attivo dell’UE, è incamminato a divenire uno dei luoghi di prestigio dove i nuovi ricchi insediano i loro palazzi in riva al mare, su una costa bella e incontaminata.

Dal punto di vista militare

Gli Stati Uniti hanno installato nel loro settore di occupazione l’immensa base militare di Camp Bondsteel, che costituisce un vero e proprio enclave statunitense completamente autonomo su un territorio a sovranità della Serbia. Da questa base possono intervenire, costituendo questa un punto di osservazione per bombardare, per aviotrasportare truppe, per infiltrare forze speciali in tutta l’area Balcanica, senza rendere conto di tutto questo a chicchessia, e uno Stato fantoccio, di cui sarebbero i protettori, consentirebbe loro una totale libertà di movimento. Il Kosovo diventerebbe la più grande base Statunitense fuori degli USA, una specie di metastasi americana all’interno del corpo dell’Europa.

Dal punto di vista economico

La Provincia è molto ricca in carbone. Inoltre possiede tre importanti giacimenti di minerali non ferrosi e strutture industriali per il trattamento dei minerali nel settore di Kosovska Mitrovica. Proprietà dello Stato Jugoslavo, queste strutture industriali sono state privatizzate, ma sono situate in una zona ancora popolata da una maggioranza Serba e intermedia ad altre province Serbe. Una situazione di sfruttamento intensivo di questi giacimenti pone due tipi di problemi: - le autorità provvisorie vogliono cacciare i Serbi che abitano questa zona, in modo che siano solo gli albanofoni ad essere impiegati - il controllo economico e finanziario di questo autentico tesoro minerario diventa l’oggetto di una sorda concorrenza fra le potenze occupanti, in particolare fra le europee e le compagnie tedesche specializzate, che al momento sono le più presenti. La Provincia è situata su uno dei corridoi energetici europei destinato a permettere il passaggio di oleodotti o gasdotti per il trasporto di petrolio e di gas naturale estratti nel settore del Mar Caspio e destinati ai mercati europei, sia per via terrestre attraverso la Bosnia e la Croazia, sia per via marittima reimbarcando i prodotti in qualche porto albanese. Questi progetti sono ridotti a mal partito nella misura in cui la Russia, la Bulgaria e la Grecia si sono accordate per la realizzazione di un oleodotto più corto, e dunque molto meno costoso, che collega il porto bulgaro di Burgas al porto di Alexandropoulos, nel nord della Grecia. Questo progetto, i cui pilastri erano stati già fissati da un anno fra i tre capi di Stato interessati, sta entrando nella sua fase di montaggio esecutivo tecnico e finanziario.

I protagonisti della crisi internazionale in corso Il governo provvisorio si dichiara pronto per dichiarare l’indipendenza della Provincia. Il segretario generale dell’ONU è pronto ad avallare servilmente il fatto, dimenticando che dal punto di vista del diritto internazionale il Kosovo-Metohija è una Provincia di uno Stato Membro. Benché non siano membri dello stesso partito, il Presidente Serbo Tadic, il Primo Ministro Kostunica, come pure i dirigenti del partito nazionalista, numericamente il più rappresentativo in Parlamento, sono tutti risolutamente contrari all’indipendenza del Kosovo-Metohija. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea UE sono favorevoli all’indipendenza, ma sulla questione nell’ambito dell’Unione Europea non esiste unanimità. La Slovenia, attualmente alla presidenza dell’UE per sei mesi, visto che è stata la prima a staccarsi dalla Repubblica Jugoslava violandone la costituzione federale, sempre con la benedizione della Germania e del Vaticano, non può che appoggiare decisamente l’indipendenza. Ma altri membri dell’UE sono reticenti e lo hanno affermato pubblicamente: la Grecia, sempre preoccupata per il tanto agitarsi etnico-albanese alle sue frontiere; Cipro, che ha vissuto e continua a vivere l’esperienza di una secessione e di uno Stato, imposto con la forza da una potenza straniera, la Turchia, che dopo più di 30 anni dalla sua creazione, non ha alcun riconoscimento internazionale ; la Bulgaria e la Romania che intrattengono buone relazioni di vicinato con la Serbia. Altri hanno delle perplessità, che non palesano apertamente, ma che è ben noto essere al centro della loro politica, a cominciare dalla Spagna, che, con tutta la sua volontà di non riconoscere attraverso la violenza di Stato la questione basca, teme l’instaurasi di un precedente. La Gran Bretagna può temere che il riconoscimento di uno Stato, che è discriminante sul piano religioso, non rilanci la questione dell'Ulster.

La Russia, da un anno, non cessa di richiedere che si persista nei negoziati fra il governo Serbo e il governo provvisorio della Provincia, al fine di evitare un colpo di forza istituzionale e le sue conseguenze, che scatenerebbero la pulizia etnica della Provincia. Rigettando gli ultimatum artificiali, che si fondano soprattutto sugli interessi di coloro che li manifestano, la Russia domanda di prendere ancora tempo per trovare una soluzione di compromesso. Vedendo che non è assolutamente ascoltata, la Russia ha di recente precisato che, nel caso di una proclamazione unilaterale di indipendenza e del riconoscimento di questa da parte di alcuni paesi, si sarebbe opposta e ha ribadito di avere il potere giuridico ad impedire l’ammissione di questo Stato all’ONU. Quindi, il Kosovo-Metohija diventerebbe una sorta di nuovo Taiwan, Stato di fatto ma non di diritto. L'esperienza storica dimostra che situazioni bastarde di questa natura possono anche perdurare, ma sono foriere di tensioni internazionali permanenti.

La Cina è sulle medesime posizioni della Russia.

Come un vaso di Pandora, così definito dalla diplomazia russa, la questione del Kosovo può avere degli effetti di riflesso ai margini dell’ex Unione Sovietica. Sono quattro le Province secessioniste che reclamano la loro indipendenza e che potrebbero utilizzare il precedente del Kosovo: la Transnistria, piccola regione della Moldavia, ai confini con l’Ucraina, popolata principalmente da Russi, l'Abkhazia e l'Ossezia del Sud che vogliono staccarsi dalla Georgia, e l’Alto-Karabakh, territorio popolato da Armeni, incluso nell’Azerbaidjans. Le situazioni concrete non sono tutte identiche e la NATO non ha ancora bombardato alcuna di queste repubbliche, ma di fatto sorveglia da vicino la situazione. Infine, nulla vieta di pensare che la Repubblica Serba di Bosnia, discreta sul merito, non richieda il ricongiungimento con la Serbia. La Russia ha fatto presente questi diversi casi, che conosce bene, ma che in nessun momento ha indotto alla secessione.

Per concludere, una delle conseguenze non immediate potrebbe essere una crisi importante in ambito ONU. Gli Stati Uniti, la Francia e la Gran Bretagna, vedendosi bloccate con fermezza dagli altri due membri del Consiglio di Sicurezza, andrebbero a creare una sorta di direttorio: gli USA con l’UE e la NATO imporrebbero sulla parte Occidentale dell’Eurasia la loro sola legge internazionale. Questo progetto non è proprio una elucubrazione, è un progetto che ha preso forma in un documento che verrà presentato al prossimo summit di capi di Stato della NATO, che si terrà agli inizi di aprile a Bucarest. È stato firmato da militari, ritenuti perciò “indipendenti”:

Klaus Neumann, ex Comandante del Comitato militare della NATO (Germania)
Peter Inge, ex Capo di Stato Maggiore della Difesa (Regno Unito)
John Shalikashvili, ex Capo di Stato Maggiore interarmi (Stati Uniti)
Jacques Lanxade, ex Capo di Stato Maggiore della Difesa (Francia)
Henk van den Breemen, ex Capo di Stato Maggiore della Difesa (Paesi Bassi)

Ne vedremo delle belle, e voi stessi potrete giudicare!

Per tutto questo, Pristina 2008 potrebbe essere una riedizione di Sarajevo 1914!

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