Fulvio Grimaldi

Fonte: fulviogrimaldi.blogspot.com
13 luglio 2011


Verso la vittoria

E' il momento di fare salti di gioia lanciando ponti di speranza verso la vittoria della Libia, della rivoluzione libica e di questa autentica primavera araba lunga 42 anni. Ci saranno ripensamenti, contrasti tra i bombaroli stragisti coalizzati, mediazioni, compromessi, rinunce, innovazioni, forse cambiamenti dolorosi, ma il dato monumentale, storico, politico, etico, è che i mostri necrofori e necrofagi non hanno trionfato. La loro umiliazione, il loro fallimento, se le notizie qui sotto verranno confermate e avranno traduzione operativa, è un incoraggiamento a tutte le resistenze del mondo, dall'America Latina al mondo arabo, dall'Africa all'Asia, da Piazza Syntagma alla Val di Susa. Grazie Libia!

Al netto dei cedimenti francesi, dovuti probabilmente a esaurimento dei mezzi, resta però la determinazione imperialista di appropriarsi della Libia, eliminare dalla scena Cina e Russia, omologare sotto il colonialismo tutto il Medioriente e proseguire con la riconquista dell'Africa. E qui la parola decisiva passa agli Usa che potrebbero, o seguire la Francia per i costi insostenibili alla loro economia in bancarotta, o demenzialmente affidarsi ancora all'illusione che Pentagono e industria bellica possano continuare a fare da motore e ciambella di salvataggio. Farebbe pensare alla seconda opzione quanto detto dal neo-licantropo a capo del Pentagono, Leon Panetta, già stragista Cia (droni dappertutto e assassinii mirati): "Gli alleati, dopo i 90 giorni a cui è stata estesa l'aggressione, saranno a corto di risorse belliche e toccherà agli Usa impadronirsi finalmente della ribalta da protagonista"

manifestazione all'ambasciata USA a Damasco
Damasco: manifestazione all'ambasciata Usa

Di contro c'è, però, il nuovo fronte Siria, sul quale gli Usa stanno esercitando un crescente impegno. La Gorgone Hillary (già, “l'angelo” del ”manifesto” ai tempi della corsa presidenziale), con la protervia piratesca tutta sua, ha sentenziato che il presidente siriano Assad è “delegittimato”. Merita lo sghignazzo collettivo del milione e mezzo di siriani che insistono a radunarsi per sostenere la resistenza ai mercenari Nato-Israele spediti da Arabia Saudita, Giordania, Turchia, Fratellanza Musulmana. Merita anche che lo sdegno siriano si eserciti sulle rappresentanze diplomatiche dei colonialisti d'assalto. Violazioni del diritto ben più sostanziali sono state le visite degli ambasciatori di Usa e Francia agli integralisti islamici di Hama, punta di lancia, come in Libia, della revanche colonialista, per concordare la strategia di regime change e di eliminazione dell'altro baluardo antimperialista e antisionista della regione.

manifestazione a Lima, Perù
manifestazione a Lima, Perù

Forse la mossa francese indica che gli aggressori, constatato che un eventuale sbarco di truppe d'invasione comporterebbe, alla vista della determinazione di tutto un popolo, problemi diplomatici (la risoluzione 1973 non lo prevede, tutti sono contrari), costi eccessivi ed esiti problematici, ripiegano sulla soluzione B: spaccare in due la Libia e accontentarsi della Cirenaica, con Tripoli però ridotta a più miti consigli rispetto ai rapporti con le multinazionali, ai suoi propositi di unificazione e indipendenza africana e di una valuta panafricana legata all'oro. Oppure, infine, è tutta una sciarada per gettare fumo negli occhi a un'opinione pubblica nazionale e internazionale stufa di subire macelleria sociale per finanziare avventure colonialiste dall'esito sempre più incerto. In quel caso ai propositi di dialogo e mediazione (“con Gheddafi nella stanza accanto”, come hanno detto i francesi coprendosi di ridicolo), mirati a tranquillizzare il volgo, potrebbe seguire qualche 11 settembre, o qualche Lockerbie da attribuire a Gheddafi, o un'altro colpo di genio come quello del viagra ai soldati per stuprare bambini, rinfocolando così il consenso di massa all' ”intervento umanitario”. Stiamo, dunque, cauti. Ma intanto ci possiamo ben permettere di registrare un arretramento oggettivo dei cannibali e dei loro scagnozzi sul terreno.

Grande è il disordine sotto la cupola Nato

Ecco le novità. Sono confermate in Francia, Libia e Russia le notizie secondo cui il regime di Parigi, primo avvoltoio a lanciarsi sulla Libia per punirla dell'emarginazione delle sue società petrolifere e delle infrastrutture,
- riconosciuta l'impossibilità della vittoria su Gheddafi e la stragrande maggioranza di un popolo che sta incondizionatamente con lui e contro traditori e aggressori, - vista l'inaffidabilità, l'inettitudine, l'incapacità di avanzare, il carattere brigantesco e integralista dei mercenari di Bengasi, - subita l'onta delle rivelazioni sulle atrocità commesse da questi suoi ascari prezzolati e vendipatria e la smentita di quelle attribuite ai lealisti da parte di Ong e media che, pure, erano stati i primi a inventarsele per giustificare e agevolare l'aggressione, ha intimato ai lanzichenecchi islamisti-Cia di Bengasi di entrare in trattative con il governo di Tripoli ed ha essa stessa incontrato emissari di Gheddafi. Lo hanno dichiarato i ministri degli Esteri e dell'Offesa, Juppé e Longuet, ventilando una sospensione dei bombardamenti. E, ieri, un popolo in festa ha celebrato a Tripoli, di strada in strada, il primo giorno senza bombe e missili.

Queste ammissioni sono venute dopo che il generale francese Vincent Desportes aveva affermato che, al di là di tutte le loro vanterie di essere avanzati e aver preso centri abitati, i ribelli non sono minimamente in grado di mantenere la promessa di arrivare a Tripoli e che è ora che si prenda in considerazione un compromesso con le autorità libiche. Sommessamente i responsabili francesi hanno eliminato la clausola, ribadita dai ribelli e dai loro padrini Usa, dell'eliminazione fisica o politica di Muammar Gheddafi e del suo allontanamento dal paese, chiedendo solo che si spogli del potere. Ma, come sanno i conoscitori onesti della Libia, Gheddafi da molti anni non è più un'articolazione del potere avendo rinunciato a tutte le cariche istituzionali. E' la Guida, il padre della patria, il simbolo dell'unità nazionale, l'immagine e lo spirito della nazione, ma non ha alcun incarico di potere o istituzionale, che è invece affidato ai comitati rivoluzionari popolari e, in ultima istanza, al Congresso Nazionale del Popolo della Jamahiriya socialista, che ne delega l'esecuzione al governo.


Tripoli, 1,7 milioni

Tutto questo viene dopo che, a quattro mesi dall'inizio dell'attacco Nato e a cinque dal golpe e dal pogrom dei criminali di Bengasi e di Misurata, la coalizione delle più potenti armate del mondo è stata costretta allo stallo dalla resistenza delle forze armate e del popolo di Libia. Viene dopo la manifestazione del 1. Luglio a Tripoli dove un terzo della popolazione libica ha manifestato per Gheddafi, la resistenza, la sovranità, la sconfitta degli aggressori. Viene dopo che per cinque mesi decine di migliaia di cittadini libici, giovani, donne, anziani hanno fatto giorno e notte gli scudi umani attorno agli edifici di Gheddafi e del governo dimostrando l'incrollabile determinazione dei libici di non cedere ai predatori interni ed esterni. Viene anche dal crescendo di proteste di buona parte del mondo nel quale la banda di aggressori mantiene interessi non trascurabili e che non devono essere messi a repentaglio: Unione Africana con Sudafrica e buona parte degli Stati africani, tutta l'America Latina, i grandi paesi emergenti detti BRICS, con in testa la Russia e la Cina che, avendo in tasca il debito Usa, tiene nel cappio la cricca di Washington.

Viene dopo che gli Stati Uniti, oberati dal più grande debito della storia, 14mila miliardi, pari all'intero PIL, sono con un piede nella fossa della bancarotta, non riescono a racimolare 4mila miliardi per arrivare al giorno dopo perché il Dna della classe che ha spurgato Obama gli impedisce di prelevarli dall'1% e dalle 500 famiglie che detengono il 50% della ricchezza nazionale. Un'opinione pubblica Usa, ridotta al 10% di disoccupazione e al genocidio sociale di quella maggioranza che eufemisticamente è chiamata “classe media”, espressasi al 64% contro la guerra alla Libia (non per scrupolo umanitario o legalitario, ma per orrore delle proprie tasche vuote), e che fra pochi mesi dovrà votare per il presidente, ha messo al confronto il proprio degrado e la propria disperazione, lavoro, pensione, sanità, istruzione, casa perdute, con i 4 trilioni di dollari (4mila miliardi) spesi per distruggere Iraq e Afghanistan, i 400 miliardi spesi nella guerra interna “al terrorismo” (cioè nella creazione di uno Stato di polizia), i quasi mille miliardi di spesa militare “stretta” annuale (superiore a quella di tutti gli altri messi insieme), i nuovi costi della guerra alla Libia (550 milioni di dollari solo nei primi 10 giorni) e delle guerre a bassa intensità (mercenari, droni e missili), contro Yemen e Somalia e i quasi settemila concittadini soldati “ufficialmente” caduti (includendo le morti occultate e i contractor che non si contano, la cifra va decuplicata). E dal confronto è uscito un pensierino niente affatto affettuoso e che si esprimerà alle prossime elezioni presidenziali, con nella memoria anche le centinaia di miliardi sfilati ai contribuenti e regalati ai predatori bancari perché si potessero rimettere all'opera. Analoga riflessione in Francia sta portando quei licantropi gigolò a ritirare gli artigli. Spuntati.


Venerdì 8 luglio al Cairo

Guardate qui cosa sanno combinare quelli che dalla canicola estiva non si fanno incenerire la loro primavera. I soliti calcoli alla Brunetta dei capobastone imperiali avevano pensato di rimettersi in pancia l'Egitto esploso contro Mubaraq, mettendo al posto di costui alcuni suoi scherani. Poi i profumi di una democrazia vagheggiata da milionate di egiziani, giovani e donne in testa, che comprendeva giustizia sociale, affanculo la globalizzazione, resistenza a Israele, oltreché liquidazione del fantoccio zannuto, sono stati inquinati dal tanfo di una democrazia all'occidentale, con al posto di quello unico, un gruppazzo di burattini con le stellette e la disponibilità a menare, e alla consolle multinazionali e Pentagono. Hanno sopravalutato il ruolo mistificatore e normalizzatore dell'agenzia Cia locale, Fratellanza Musulmana, e hanno, come sempre, sottovalutato la coscienza e la determinazione di chi dal retro s'era tolto una mazza chiodata e non per farsela sostituire da un manico di scopa. Che bello sarebbe se una parte dei combattenti di Piazza Tahrir andasse a fare un po' di pulizia anche a Bengasi. Da Piazza Tahrir del Cairo a Piazza Verde di Tripoli c'è un filo. Ed è rosso.

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