Basta ipocrisie

Gianfranco La Grassa

3 gennaio 2009
Fonte: http://www.ripensaremarx.splinder.com/


La Livni ha affermato che il 71% del popolo israeliano è favorevole all’invasione da terra di Gaza per regolare definitivamente la questione, sostituendo un Governo eletto secondo le regole della democrazia del voto, quella in cui l’Occidente finge di credere, con quello corrotto e pienamente subordinato di Al Fatah (con il “Quisling” Abu Mazen). Circa un terzo di “non favorevoli” sembra una percentuale alta; e dovrebbe allora consentire di non parlare del popolo di Israele come di un popolo di “assassini”. Tuttavia, i sondaggi sono molto elementari e troppo imperfetti. Bisognerebbe conoscere più particolareggiatamente le opinioni di questo terzo (ma, in verità, anche quelle del 71% di favorevoli). Comunque, ieri un altro sondaggio ha dato risultati un po’ diversi: l’80% convinto della necessità dei bombardamenti aerei, ma solo il 42 decisamente favorevole all’attacco di terra; gli altri sono assai dubbiosi della sua utilità (non mi sembra vi siano comunque opposizioni per motivi di iniquità manifesta). [In questo momento, leggo in agenzia di stampa che sta per iniziare, con il classico tiro d’artiglieria preliminare, l’attacco di terra in questione. Un missile ha colpito poche ore fa una moschea uccidendo altre decine di civili].

D’altronde, sarò poco informato, ma non mi sembra che, in giro per il mondo, si siano levate voci di sdegno per il comportamento di Israele da parte di gruppi ebraici di reale consistenza e autorità. Anche le interviste di intellettuali ebrei lette sui nostri giornali mi sono sembrate particolarmente disgustose e false; nulla, ma proprio nulla, a che vedere con le posizioni dei Brecht o dei Thomas Mann, ecc. all’epoca del nazismo. Ho letto l’appello del campo di pace ebraico. Si può apprezzare malgrado le tante ambiguità, tuttavia comprensibili (fra l’altro, si ammette sinceramente che la tregua è stata rotta da Israele e non da Hamas come mentono tutti i media nostrani). Non voglio nemmeno pensare che non sia scritto con sincerità, ma lo ritengo del tutto inadeguato alla comprensione del problema, come sempre accade a chi semplicemente si appella al pacifismo e all’umanitarismo, chiudendo gli occhi di fronte alla realtà “più profonda”. Inoltre, mi sembrano veramente poche e isolate queste voci di pur flebile critica. Quindi, al momento, resto dell’opinione che il popolo di Abramo (malgrado le sicuramente nobili eccezioni) stia accumulando un “debito storico” di sangue non molto inferiore a quello degli spagnoli guidati dai vari Pizarro e Cortés o a quello delle “orde barbariche” arrivate dall’Europa nel nord America per “colonizzarla”, sterminando pressoché del tutto gli abitanti originari.

Secondo i dati ufficiali (del tutto menzogneri, ben lo si sa), sono morti a tutto ieri 435 palestinesi (di cui oltre 100 civili e con più di 3000 feriti, di cui chissà quanti gravi o anche moribondi) e 4 israeliani. Ciononostante, i nostri infami TG (di qualsiasi rete) – e non penso siano tanto migliori nel resto d’Europa – fanno servizi su servizi sui poveri israeliani ossessionati dai razzi palestinesi, armi fra le più primitive e meno dannose che si possano immaginare (e il disgustoso TG1 ha osato sostenere che i civili uccisi sarebbero solo il 10% del complesso dei morti). Bush ha chiesto che ci sia tregua, ma a partire dalla decisione unilaterale di Hamas – ovviamente considerata la parte che ha aggredito – di sospendere il lancio di tali razzi. Come non ricordare la criminalità disonorevole dell’esercito americano durante la prima guerra del Golfo nel 1991? Si chiese ripetutamente all’esercito iracheno – con l’appoggio dei servi sciocchi dell’Urss gorbacioviana, ormai in agonia (si dissolse dopo pochi mesi) – di uscire dai bunker e di ritirarsi verso Bagdad, quale chiaro segno di sospensione delle ostilità. Ottenuto lo scopo, dopo la riluttanza degli iracheni vinta appunto dal pesante intervento del governo russo in appoggio alla richiesta Usa, da veri gangster bombardarono l’esercito in ritirata, ormai allo scoperto e senza difesa, facendo un 100.000 morti; e usando armi speciali, i cui esiti si sono rivelati esiziali anche per i soldati americani che avanzarono sui mucchi di cadaveri iracheni fino alle porte della capitale. Un’infamia che tutti adesso hanno dimenticato, ma che resta invece come macchia indelebile.

L’esercito israeliano è degno emulo di quello americano. Per fortuna, dietro i palestinesi, ci sono gli arabi (e poi i musulmani in genere) che sono tanti. Oggi è perfino incredibile come questi popoli si facciano tenere in scacco, grazie anche alla presenza di governi succubi del capitalismo americano, al crollo dell’Urss e agli altri fenomeni che hanno consentito la netta supremazia degli Usa e del suo migliore e più fedele sicario. Tale supremazia è però in erosione, lenta ma sicura. Obama starà “pregando” per una veloce e sbrigativa operazione di terra a Gaza prima dell’inizio ufficiale della sua presidenza; ma gli schizzi di “fango e sangue” lo imbratteranno non poco anche dopo tale inizio, e la faccenda durerà ancora a lungo. Non se la caverà addossando le colpe ai predecessori. Purtroppo, solo nel lungo periodo, quando il conflitto tra potenze entrerà in un periodo di assai maggior acutezza ed espansione, ci saranno reali possibilità di un riscatto effettivo dei popoli mediorientali oggi oppressi nel modo più brutale. Occorreranno non solo profondi cambiamenti delle rispettive sfere di influenza delle varie potenze, ma anche il rovesciamento dei regimi arabi collaborazionisti con l’“imperialismo” Usa-Israele.

Prima o poi, con 90 probabilità su 100, si realizzeranno – ribadisco: in un periodo di tempo non breve – prospettive simili; e allora Israele, se continuerà ad esistere, sarà ridotto entro territori ben più ristretti, disarmato o quasi, controllato con estrema severità. Patetici appaiono oggi tutti quelli che fanno sfoggio di “perbenismo”, di “ragionar moderato”, raccontandoci la storiella della possibile convivenza di due Stati autonomi e pacifici. Le prospettive di amicizia con un simile paese di tipo militar-aggressivo (e non vi è altra esistenza pensabile per un paese del genere, che non manterrebbe per molto tempo il suo alto tenore di vita se non si ponesse quale sicario degli Usa in quell’area) sono oggettivamente inesistenti. “O loro o noi”; in questo, i cosiddetti estremisti (fondamentalisti) islamici sono molto più realistici e lungoveggenti dei dominanti occidentali, sfatti e impotenti, alla ricerca di una solo immaginaria futura epoca serena e senza conflitti, continuando a restare sotto il giogo americano. Non sarà possibile. Le illusioni cadranno; e con esse le speranze di “pace e sviluppo”, se non affronteranno e scioglieranno il nodo di questa subordinazione. Le potenze in crescita “ad est” lo stanno affrontando; o i paesi europei si porranno fin d’ora questo primario problema o altrimenti il loro declino sarà ben più clamoroso e disastroso di quello statunitense. Essi usciranno proprio dalla “Storia”. Non ci si fissi solo sulla presente crisi (economica, finora soprattutto finanziaria); quella politica e sociale sarà ben più squassante, se non si apriranno gli occhi in tempo.

Quindi, nessuna concessione più all’ipocrisia dei “due Stati”. Israele ha ormai, a questo punto, un’esistenza solo in funzione dell’ancora perseguito tentativo statunitense di supremazia imperiale. Non è chi non veda che l’Impero americano (anzi soltanto la sua prospettiva, legata ad un angolo di visuale rivelatosi errato) è durato una decina d’anni o poco più (vogliamo dire, grosso modo, dal 1991 al 2003, anno dell’aggressione all’Irak?). Purtroppo però, malgrado le speranze, la cosiddetta resistenza irachena, che sembrava ben avviata, si è involuta terribilmente. Sono d’altra parte cresciute altre potenze e, soprattutto, è fallito completamente l’obiettivo americano di egemonizzare e subordinare la Russia, progetto che appariva ben avviato con Eltsin. Il disegno imperiale americano è perciò da considerarsi nella sostanza fallito. Non si diano però per morti gli Usa, che sono assolutamente ancora ben in sella e in grado di causare altri gravi danni alla società mondiale. Tuttavia, sono in declino; e anche Israele vive soprattutto dell’indubbia debolezza del mondo arabo, diviso tra chi si vende e chi si gonfia il petto, emettendo urla e strepiti di troppo smaccata solidarietà e di fratellanza, nel mentre spia e teme i suoi “fratelli”.

Comunque, pian piano, la “realtà” s’imporrà e l’ipocrisia attuale mostrerà sempre meglio il suo viso decrepito: quello degli opportunisti e dei Ponzio Pilato. Per quanto tempo ci vorrà (e ce ne vorrà, senza dubbio), si deve continuare a smascherare tale ipocrisia, affermando chiaramente ciò che è oggi Israele, quale nefanda funzione svolga. E non ha più una funzione diversa da questa. Una volta che la perdesse, questa forma di Stato, questa struttura sociale della popolazione, si sgretoleranno; e allora si potrà forse vivere in pace con loro. Non però con “due Stati”; smettiamola di raccontare menzogne sesquipedali. Israele, così com’è, dev’essere sconfitto; solo a quel punto, ci saranno altre opportunità. Si tratterà però di opportunità diverse (e migliori) anche per altri popoli oggi imbrigliati dall’ancora eccessiva potenza degli Usa. Un’epoca storica, ben diversa da quella vissuta finora dopo la seconda guerra mondiale, sta per iniziare (anzi, è già iniziata da poco); alla fine di quest’epoca, non breve, il mondo sarà diverso e (forse) si potranno fare ragionamenti e calcoli d’altro genere. Per adesso, non abbassiamo la guardia! Dovranno accadere molti eventi, verificarsi processi diversi e più complicati di quelli che siamo abituati a pensare con categorie teoriche (ormai quasi solo ideologiche; e di ideologie in sfacelo) dei “tempi di mio nonno”.

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